Una terra senza colpa dove i bambini nei giardini giocavano nel sole e nella piazza si parlava d’amore. Il cielo divenne grigio e arrivarono lacrime di piombo. E le parole furono sepolte nel ventre di madri perdute mentre le radici morivano.
Un paese che non c’era più, una città spettrale in cui chi raccoglieva campioni da analizzare vagava tra le case vuote ed esposte alla diossina, tra animali morti. Il silenzio era rotto solo dalle comunicazioni radio. Era il 10 luglio di tanti anni fa a Seveso, un giorno come tanti altri che divenne unico e cambiò la storia che raccontiamo parafrasando i versi di Venditti e Guccini.
Una nube della diossina più pericolosa conosciuta, fuoriuscita dalla Icmesa, investì una vastissima area a Seveso quarantasette anni fa.
Sei anni più tardi i governi europei, dopo il disastro di quel giorno, vararono la prima direttiva che impone l’identificazione e una speciale regolamentazione e controllo degli «impianti a rischio di incidente rilevante». Direttive, alla prima ne seguirono altre due, che prevedono il coinvolgimento di tutti gli enti locali (Comuni, Regioni, Province), dei Vigili del fuoco e delle Prefetture.
La classificazione degli «impianti a rischio di incidente rilevante» fu introdotta in Italia con decreto del presidente della Repubblica n.175 del 17 maggio 1988, che recepiva nell’ordinamento italiano la direttiva 82/501/CEE, la prima «Direttiva Seveso».
Prevede che la popolazione sia consultata e informata, a conoscenza dei rischi e ci siano appositi piani a disposizione in caso appunto di «incidente rilevante», «il prefetto, d’intesa con le regioni e gli enti locali interessati, previa consultazione della popolazione e nell’ambito della disponibilità finanziarie previste dalla legislazione vigente, predispone il piano di emergenza esterno allo stabilimento e ne coordina l’attuazione».
L’articolo 2 del decreto n.139/2009 prevede che «il prefetto, ai fini di cui all’articolo 20, comma 1, del decreto legislativo n. 334 del 1999, nel corso della predisposizione del piano di emergenza esterno e comunque prima della sua adozione procede, d’intesa con il comune, alla consultazione della popolazione per mezzo di assemblee pubbliche, sondaggi, questionario, altre modalità idonee, compreso l’utilizzo di mezzi informatici e telematici».
L’elenco degli stabilimenti a rischio in ogni regione è pubblico, disponibile sul sito del Ministero dell’Ambiente: qualsiasi cittadino può accedere alla pagina dedicata, cliccare sulla propria regione e consultare l’elenco.
In Abruzzo si è tornato a parlare delle Direttive Seveso e delle sue applicazioni, a partire dai Piani di Emergenza Esterna, dopo l’esplosione che ha provocato la morte di 3 lavoratori nello stabilimento della Esplodenti Sabino a Casalbordino. In questi mesi abbiamo riportato le risposte ricevute dalla Prefettura di Chieti alle nostre istanze. L’ultima legge in materia è il D.Lgs. 105/2015, ai Piani di Emergenza Esterna è dedicato l’articolo 21 che riportiamo integralmente.
Per gli stabilimenti di soglia superiore e di soglia inferiore, al fine di limitare gli effetti dannosi derivanti da incidenti rilevanti, il Prefetto, d'intesa con le regioni e con gli enti locali interessati, sentito il CTR e previa consultazione della popolazione e in base alle linee guida previste dal comma 7, predispone il piano di emergenza esterna allo stabilimento e ne coordina l'attuazione.
2. Per gli stabilimenti di soglia superiore il piano è predisposto sulla scorta delle informazioni fornite dal gestore ai sensi degli articoli 19, comma 3, e 20, comma 4, e delle conclusioni dell'istruttoria di cui all'articolo 17, ove disponibili; per gli stabilimenti di soglia inferiore il piano è predisposto sulla scorta delle informazioni fornite dal gestore ai sensi degli articoli 13 e 19, comma 3, ove disponibili.
3. Il piano è comunicato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, all'ISPRA, al Ministero dell'interno, al Dipartimento della protezione civile, nonché al CTR e alla regione o al soggetto da essa designato e ai sindaci, alla regione e all'ente territoriale di area vasta, di cui all'articolo 1, commi 2 e 3, della legge 7 aprile 2014, n. 56, competenti per territorio. Nella comunicazione al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare devono essere segnalati anche gli stabilimenti di cui all'articolo 5, comma 2, lettera b).
4. Il piano di cui al comma 1 è elaborato, tenendo conto almeno delle indicazioni di cui all'allegato 4, punto 2, allo scopo di:
a) controllare e circoscrivere gli incidenti in modo da minimizzarne gli effetti e limitarne i danni per la salute umana, per l'ambiente e per i beni;
b) mettere in atto le misure necessarie per proteggere la salute umana e l'ambiente dalle conseguenze di incidenti rilevanti, in particolare mediante la cooperazione rafforzata negli interventi di soccorso con l'organizzazione di protezione civile;
c) informare adeguatamente la popolazione, i servizi di emergenza e le autorità locali competenti;
d) provvedere sulla base delle disposizioni vigenti al ripristino e al disinquinamento dell'ambiente dopo un incidente rilevante.
5. Il Prefetto redige il piano di emergenza esterna entro due anni dal ricevimento delle informazioni necessarie da parte del gestore, ai sensi dell'articolo 20, comma 4.
6. Il piano di cui al comma 1 è riesaminato, sperimentato e, se necessario, aggiornato, previa consultazione della popolazione, dal Prefetto ad intervalli appropriati e, comunque, non superiori a tre anni. La revisione tiene conto dei cambiamenti avvenuti negli stabilimenti e nei servizi di emergenza, dei progressi tecnici e delle nuove conoscenze in merito alle misure da adottare in caso di incidenti rilevanti; il Prefetto informa della revisione del piano i soggetti ai quali il piano è comunicato ai sensi del comma 3.
7. Il Dipartimento della protezione civile stabilisce, d'intesa con la Conferenza Unificata, le linee guida per la predisposizione del piano di emergenza esterna, e per la relativa informazione alla popolazione. Fino all'emanazione delle predette linee guida si applicano le disposizioni in materia di pianificazione dell'emergenza esterna degli stabilimenti industriali a rischio di incidente rilevante e di informazione alla popolazione sul rischio industriale adottate ai sensi dell'articolo 20, comma 4, del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334.
8. Sulla base delle proposte formulate dal Coordinamento ai sensi dell'articolo 11, comma 1, d'intesa con la Conferenza Unificata, si provvede all'aggiornamento delle linee guida di cui al comma 7.
9. Per le aree ad elevata concentrazione di stabilimenti soggetti ad effetto domino di cui all'articolo 19 il Prefetto, d'intesa con la regione e gli enti locali interessati, sentito il CTR, redige il piano di emergenza esterna, in conformità al comma 1, tenendo conto dei potenziali effetti domino nell'area interessata; fino all'emanazione del nuovo piano di emergenza esterna si applica quello già emanato in precedenza.
10. La consultazione della popolazione sui piani di emergenza esterna, di cui ai commi 1 e 6, è effettuata con le modalità definite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dell'interno, della salute e dello sviluppo economico, d'intesa con la Conferenza Unificata, da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400.
11. In base alle informazioni contenute nel rapporto di sicurezza nonché trasmesse dal gestore ai sensi dell'articolo 20, comma 4, e dell'articolo 13, il Prefetto, d'intesa con la regione e gli enti locali interessati, sentito il CTR, qualora non siano ragionevolmente prevedibili effetti all'esterno dello stabilimento provocati dagli incidenti rilevanti connessi alla presenza di sostanze pericolose può decidere di non predisporre il piano. Tale decisione deve essere tempestivamente comunicata alle altre autorità competenti di cui all'articolo 13, comma 1, unitamente alle relative motivazioni.
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2023-12-15 18:26:19
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