Alessio Di Florio – Verità e giustizia per Emanuela Orlandi, sit in a Roma il 13 gennaio
Il 13 gennaio è il giorno del compleanno di Emanuela Orlandi, data in cui il fratello Pietro e tutta la famiglia ogni anno tornano ad esprimere la battaglia lunga ormai più di quarant’anni per chiedere verità e giustizia sul suo rapimento. Anche quest’anno ci sarà una nuova manifestazione a Roma. Appuntamento il 13 gennaio in piazza Cavour alle ore 15.30. “Verità e giustizia per Emanuela Orlandi” si legge nel manifesto di convocazione in cui è riportata la frase di Dostoevskij «Chiunque voglia sinceramente la verità è sempre spaventosamente forte».
Nei giorni scorsi Pietro Orlandi ha rilanciato un’inchiesta di Andrea Purgatori in cui è stata riportata l’inchiesta di Mino Pecorelli sulla “Gran Loggia vaticana”. Purgatori intervistò Rosita Pecorelli, sorella del giornalista ucciso. «Mino mandò a Papa Luciani l’elenco dei prelati infedeli … Quella notte il Papa morì» ha dichiarato Rosita Pecorelli nell’intervista. «Questa interessantissima inchiesta di Andrea Purgatori ( che consiglio di vedere)spiega molto bene il mondo sporco di quegli anni tra Stato, Chiesa e criminalità, il coraggio di Andrea di raccontare le cose senza peli sulla lingua – ha scritto sui social Pietro Orlandi – un mondo che ancora oggi occulta la verità sul rapimento di Emanuela».
Nell’inchiesta sulla “Gran Loggia vaticana” Pecorelli rivelava che 121 tra alti prelati e cardinali erano membri di una loggia massonica. «Tra loro ce ne erano quattro che riportano ad Emanuela Orlandi: l’allora segretario di Stato Agostino Casaroli, il cardinale Ugo Poletti che fornì la dispensa per la sepoltura del capo della fazione testaccina della Banda Magliana Enrico De Pedis nella Basilica di Sant’Apollinare, sede della scuola di musica di Emanuela – sottolinea Alessandra De Vita su Il Fatto Quotidiano online – nell’elenco consegnato a Papa Luciani, poche ore prima della sua morte, c’erano anche Pietro Vergari, ex rettore della stessa Basilica di Sant’Apollinare e indagato nella seconda inchiesta sul caso Orlandi (poi archiviata) per concorso in sequestro e Paul Marcinkus, ex capo dello Ior, la banca Vaticana».
Federica Tourn – I risarcimenti alle vittime di abuso: un problema aperto
La Chiesa francese sta cominciando a fare letteralmente i conti di quanto costano i preti pedofili. I numeri aggiornati a ottobre 2023 indicano che hanno interpellato la la Commission Reconnaissaince e Réparation, il programma di ascolto e indennizzo delle vittime di abuso clericale una commissione istituita dai vescovi francesi in seguito alla pubblicazione del rapporto Ciase, 801 persone, di cui 313 hanno ricevuto un risarcimento, per una cifra totale che supera gli undici milioni; 1186 persone si sono invece rivolte all’Inirr dell’Inirr, l’Instance nationale de reconaissance et de réparation, , l’omologa commissione istituita per i religiosi (dati del marzo 2023), di cui 190 sono state risarcite con una cifra media di 37mila euro (il massimo è 60 mila euro): le due commissioni hanno finora sborsato più di diciotto milioni di euro per soli 503 casi. I soldi arrivano da un fondo di solidarietà, il fondo Selam, istituito dalla conferenza dei vescovi nel luglio 2021. Alla sua costituzione, questo fondo aveva all’attivo venti milioni, cinque dei quali erano destinati a risarcire le vittime di abuso, ma è stato subito evidente che sarebbero bastati appena per un acconto. Un’inchiesta di France 2, però, ha fatto i conti in tasca alla chiesa nazionale e ha verificato che la cifra messa a disposizione dei sopravvissuti non è che l’1% del suo patrimonio, stimato intorno agli otto miliardi: la sola diocesi di Lione ha 84,3 milioni di beni immobili e quella di Parigi arriva a 238,8 milioni di euro, con ben 737 immobili.
Oltreoceano, il problema è ben chiaro da anni. Un’ondata di cause legali ha travolto la Chiesa cattolica negli Stati Uniti dopo che, nel 2019, è stata permessa una finestra di deroga di tre anni alla prescrizione per gli abusi sui minori. Per far fronte alle richieste di risarcimento, molte diocesi hanno fatto ricorso al Capitolo 11, una norma del diritto fallimentare che permette di stipulare una sorta di concordato preventivo, in cui viene garantita la liquidazione dei debiti con un risarcimento forfettario; l’azienda o l’istituzione rimangono però in funzione, «con i loro meccanismi di guadagno e i loro segreti legali nascosti», come precisa David Clohessy, ex direttore di Snap, la più grande rete di sostegno ai sopravvissuti agli abusi dei sacerdoti degli Stati Uniti. Questo non significa che la Chiesa non abbia i mezzi per pagare: «nessuna diocesi è senza soldi – precisa Clohessy – i funzionari della Chiesa affermano di essere in rosso, ma in realtà ciò che temono davvero è il contenzioso con le vittime, e in particolare il dover affrontare domande difficili, sotto giuramento, su quanto sapevano e quanto poco hanno fatto per fermare i crimini sessuali commessi dai preti sui minori».
Fonte: Domani
Francesco Zanardi – Più di 40 anni a combattere fantasmi, ricordi, traumi e dolore
Più di 40 anni a combattere fantasmi, ricordi, traumi e dolore. A quell’età eravamo vittime e non solo di pedofili compulsivi e stupratori seriali, eravamo anche vittime dell’abuso del loro potere e della coscienza.
Nove mesi dopo lo scandalo degli abusi clericali scoppiato in Bolivia, Flores e un gruppo di persone colpite hanno fondato la Comunità Boliviana dei Sopravvissuti, la prima associazione nazionale delle vittime della pedofilia nel paese latinoamericano. Il suo obiettivo è che ci sia un rifugio per queste persone, in modo che possano venire con fiducia per raccontare la loro storia e sentirsi accolti. “Cerchiamo giustizia, la nostra lotta è per la sicurezza dei nostri ragazzi e ragazze”, dice Flores, che è stato nominato presidente dell’associazione.
Al momento sono 25 i membri attivi che compongono l’organizzazione, ma già si contano che più di mezzo migliaio di persone hanno subito abusi in Bolivia negli ultimi decenni, circa 200 all’interno della Compagnia di Gesù. Lo scandalo degli abusi in Bolivia è scoppiato a maggio, dopo la pubblicazione di un’inchiesta di EL PAÍS sul diario segreto del sacerdote spagnolo Alfonso Pedrajas in cui questi confessava di aver abusato di 85 minori tra gli anni ’60 e l’inizio degli anni 2000. Il gesuita, che morto nel 2009, ha detto di averlo detto più volte ai suoi superiori e che loro gli hanno insabbiato la cosa.
“Non sapevamo essere tanti, di essere troppi. Dopo che è stato rivelato il diario del prete pedofilo, ci siamo ritrovati e abbiamo scoperto l’inferno a cui eravamo collettivamente condannati”, dice Flores. Il rapporto ha provocato un terremoto mediatico venendo alla luce numerosi casi fino ad ora inediti.
La Procura boliviana ha avviato un’importante indagine, ancora aperta, e la Conferenza episcopale boliviana ha creato una commissione per raccogliere denunce.
El Pais
Pierelisa Rizzo – Abusi nella chiesa evangelica
Sono attesi per il prossimo 25 gennaio i risultati i uno studio, in Germania secondo i quali anche nella Chiesa evangelica riformata in Svizzera ci sono stati molti abusi. A dirlo è la presidente dell’istituzione, Rita Famos, secondo cui vi è la necessità di agire e di riesaminare i casi di violenza sessuale.
La Chiesa evangelica riformata si è voltata dall’altra parte per troppo tempo”, ha detto la Famos nel corso di una trasmissione su una radio svizzerotedesca.
“Anche noi abbiamo i nostri casi e certamente sono parecchi”, ha ammesso la presidente, pur dicendosi dell’opinione che la portata sia inferiore a quella emersa nella Chiesa cattolica. La Chiesa Evangelica sta cercando un modo di fare i conti con il proprio passato e garantire di essere un “luogo sicuro” per le persone che cercano sostegno e consulenza, ha continuato Famos. Per far ciò, ad esempio, sono stati istituiti centri di segnalazione per i casi di abuso mentre si fa sempre più strada la possibilità di realizzare uno studio nazionale separato sulla situazione in Svizzera.
Fonte https://www.laregione.ch
Federico Tulli – Dieci anni dopo
«La Commissione è fortemente preoccupata perché la Santa Sede non ha riconosciuto la portata dei crimini commessi, né ha preso le misure necessarie per affrontare i casi di abuso sessuale e per proteggere i bambini, e perché ha adottato politiche e normative che hanno favorito la prosecuzione degli abusi e l’impunità dei responsabili». È uno dei passaggi più significativi del rapporto redatto dalla Commissione Onu sui diritti dell’infanzia deputata al controllo del rispetto della relativa Convenzione da Parte del Vaticano. Ratificata nel 1990 dalla Santa Sede, la Convenzione prevede come clausola ineludibile l’obbligo di proteggere la crescita dei bambini da qualsiasi situazione a rischio. Secondo la Commissione Onu l’essenza della Convenzione è stata ripetutamente e palesemente violata dal Vaticano, elencando i motivi in un rapporto che fu reso noto il 5 febbraio 2014 al termine di una capillare inchiesta avviata a luglio del 2013.
Sono dunque passati dieci anni da quel durissimo atto di accusa. L’indagine si basò su migliaia di denunce raccolte nel corso di anni da Survivors Voice Europe, Snap, Rete l’Abuso e altre onlus che si occupano della tutela dei diritti delle vittime di preti pedofili. Le organizzazioni hanno chiesto di conoscere i motivi per cui la Santa sede per decenni ha ignorato le denunce contro pedofili ben noti. Tra questi spicca il fondatore dei Legionari di Cristo, Marcial Maciel Degollado, ‘protetto’ di Giovanni Paolo II che proprio nel 2014 è stato santificato quasi a tempo di record da papa Francesco e dal papa emerito Benedetto XVI. Perché per decenni furono ignorate le denunce nei suoi confronti? Perché migliaia di sacerdoti pedofili sono stati trasferiti da un luogo all’altro invece di essere consegnati alle forze dell’ordine? E come mai a fronte della ‘tolleranza zero’ annunciata sia da Benedetto XVI sia da Francesco I, ci sono stati «tentativi di nascondere e occultare nuovi casi?» è stato chiesto ai nunzi vaticani, monsignori Tomasi e Scicluna. «Come mai non vige l’obbligo di denuncia dei crimini all’autorità giudiziaria del paese? Agire contro i responsabili fa parte della giustizia». Una delle risposte fu che «la regola è sempre stata quella di rispettare le leggi nazionali vigenti nei paesi dove la Chiesa opera». In Italia come sappiamo questo obbligo non c’è e i vescovi italiani non hanno sentito nemmeno la necessità morale di darselo. Tomasi e Scicluna hanno quindi riferito che la Santa Sede ha accolto favorevolmente tutti i suggerimenti che potessero aiutare a proteggere i bambini. Peccato che solo un mese prima la Santa sede aveva rifiutato di fornire alla Commissione Onu diverse informazioni fondamentali, tra cui l’esito dei procedimenti penali vaticani contro preti pedofili di competenza esclusiva della Congregazione per la dottrina della fede. Sono passati dieci anni e di queste informazioni non c’è ancora nessuna traccia. Si sa però che centinaia sono stati i pedofili ridotti allo stato laicale. Questo significa che sono in circolazione senza che nessuno conosca la loro identità. Nessuno, tranne la Chiesa.
2024-01-08 19:48:22
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