Presenti l’autrice Anna Vinci, la figlia Luana Ilardo e il direttore di ANTIMAFIADuemila Giorgio Bongiovanni.
“È importante far conoscere a più persone possibili la storia di papà, che per me non è una vicenda singola, ma raccoglie tutto il contesto della trattativa, che purtroppo è un filo d’unione per tutto quello che è successo in Italia a partire dell’epoca delle stragi fino anche ai giorni nostri.
In tanti possono pensare che parlare di fatti di 28 anni fa significhi semplicemente fare memoria, invece è solo avendo reale comprensione di quello che è successo e di quello che è il passato nel nostro paese che si può avere una vera dimensione del presente che stiamo vivendo del futuro”
– è questa la testimonianza di Luana Ilardo.
“La talpa dell’assassino di Luigi Ilardo è stato l’allora procuratore della Repubblica Gianni Tinebra, perché Antonio Giuffrè, collaboratore che faceva parte della cupola, ci ha riferito che l’informazione per assassinare Luigi Ilardo è arrivata dalla procura di Caltanissetta.
Ma in quella procura nessuno era a conoscenza che Luigi Ilardo si stava pentendo, tranne il procuratore capo che aveva competenza e diritto di conoscerlo.
Quindi il boss Piddu Madonia aveva chiesto attraverso la massoneria di informare il procuratore capo, il confratello Gianni Tinebra. E poi avvenne l’assassinio di Luigi Ilardo. Però ho realizzato in questi anni che la questione Ilardo non poteva fermarsi solo alle sue indicibili dichiarazioni generiche.
Il punto è a chi li avrebbe fornite queste dichiarazioni: sempre ai magistrati Nino Di Matteo, Luca Tescaroli e Roberto Scarpinato. A Palermo, credo nel 2014, con un fiorino che dovevano far saltare in aria tutto il tribunale e lì morivano 50-60 persone.
Questo perché Matteo Messina Denaro aveva garantito la protezione dello Stato perché Nino Di Matteo si era spinto troppo oltre. Quindi la chiave non è solo l’omicidio e Ilardo. Ma quali magistrati sono in grado di mettere sotto processo un intero Stato italiano? Ce ne sono pochissimi. E a un personaggio di tale spessore come Ilardo era capitato il magistrato giusto, cioè il Falcone di quel momento”
– sono queste, in breve, le parole di Giorgio Bongiovanni.
Luana Ilardo ha continuato:
“Validi collaboratori di giustizia come, Nino Giuffrè o Ciro Vara, hanno sempre verbalizzato che Madonia aveva agganci importantissimi nella procura di Caltanissetta.
Piddu Madonia, che è cugino di mio padre, in più di un’occasione diceva ai suoi uomini di stare tranquilli quando avevano favori riguardo alla detenzione e alla situazione processuale perché per quanto riguarda la procura di Caltanissetta era ben messo.
Questi sono reperti storici di quella che era la figura di Tinebra e del potere dei Madonia all’interno di quella procura. Luigi Ilardo si è incontrato con i più alti vertici della magistratura antimafia dell’epoca e non ci sarà solo un verbale di tutto quello che mio padre raccontò per quattro ore suonate. Fino a quando lo stesso Tinebra interromperà bruscamente i lavori per rimandare mio padre a Catania.
Da quella riunione nasce l’accelerazione immediata dell’omicidio. Infatti era già stato deciso che Ilardo sarebbe risalito a Roma il 13 maggio e noi figli saremmo entrati insieme a lui nel programma di protezione. L’accelerazione, di conseguenza, nasce dal fatto che Ilardo doveva essere ucciso prima di entrare nel programma di protezione, essere trasferito in località protetta e cambiare generalità. Inoltre tutte le dichiarazioni di mio padre sono risultate perfettamente attendibili.”
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