Francesco Zanardi – A Savona, la prima panchina in Italia contro gli abusi su minori e persone vulnerabili
Indubbiamente un grande pregio per la Città di Savona che ha visto nascere 13 anni fa nel piccolo capoluogo ligure quella che oggi è la più grande ed attiva organizzazione italiana a livello internazionale in tutela delle vittime di violenza sessuale da parte delle Confessioni religiose.
Associazione che nei decenni ha contribuito a dare vita ad altre importanti realtà, promotrici dell’iniziativa come ECA Global Justice Project.
Il Coordinamento Italy Church Too fondato nel 2022, promotore dell’iniziativa che raccoglie varie realtà sul territorio italiano.
Un tema importante quello veicolato dalla Panchina viola, come quello della violenza sulle donne, contro il bullismo e via dicendo. Temi che purtroppo la stessa cronaca documenta siano nei fatti poco sentiti, tanto da produrre ancora oggi troppe vittime anziché tanta prevenzione.
Spesso dimentichiamo che gli occhi e gli orecchi della Giustizia sono anche quelli della coscienza civile dei cittadini.
Un dato purtroppo indiscutibile e significativo, come il fatto che quella di Savona sia la prima iniziativa in Italia sul tema.
Questo probabilmente perché i bambini non si lamentano fino a quando non diventano adulti e comprendono, quanto le persone vulnerabili e, quindi forse nessuno aveva mai pensato a dare voce anche quei bambini e quelle persone vulnerabili.
Siamo quindi lieti di annunciare l’inaugurazione della prima panchina italiana sabato 24 alle ore 16 in piazza Giulio II dove insieme al Presidente della Rete Francesco Zanardi, il Consigliere Comunale Aureliano Pastorelli e le varie Istituzioni che risponderanno all’invito, daremo vita al primo impianto di questa bella iniziativa che parte dalla Liguria e che vede già le adesioni dei Comuni di Spotorno e Quiliano.
Federica Tourn – Una vittima di Rupnik parla in conferenza stampa degli abusi subiti da don Marko Rupnik
«Mi sono trovata nel silenzio per troppi anni e oggi chiedo verità, trasparenza e giustizia per le religiose che hanno subito violenza», ha detto Gloria Branciani, durante la conferenza stampa convocata il 21 febbraio a Roma da Anne Barrett Doyle, condirettrice di BishopAccountability.org, per denunciare le coperture del caso di don Marko Rupnik, l’ex gesuita e artista accusato di abusi da almeno una ventina di religiose.
Le parole di Gloria Branciani sono risuonate particolarmente gravi a cinque anni dal summit in Vaticano, voluto da papa Francesco proprio per dire basta agli abusi clericali e agli insabbiamenti da parte dei vescovi. Quell’incontro solenne sulla protezione dei minori, che si era tenuto dal 21 al 24 febbraio 2019 ed era stato definito uno storico spartiacque sulla difesa dei bambini e delle persone vulnerabili nella Chiesa, secondo BishopAccountability.org, l’associazione americana che dal 2003 si batte contro gli abusi nella Chiesa cattolica, si è dimostrato nei fatti un clamoroso fallimento.
«Abbiamo deciso di parlare per opporci al muro di gomma che le autorità ecclesiastiche hanno alzato in tutti questi anni», ha spiegato Mirjam Kovač, che negli anni ’90 era la segretaria della superiora della Comunità Loyola Ivanka Hosta e che due anni fa ha scritto una lettera aperta alle autorità ecclesiastiche per sostenere la richiesta di giustizia di Gloria Branciani. «Non posso accettare che dagli ambienti vicino a Rupnik veniamo definite donnicciole infatuate di lui: il nostro non è desiderio di rivalsa ma necessità di un riconoscimento pubblico per il male che abbiamo sofferto», ha aggiunto Branciani, rievocando gli abusi subiti. «Rupnik è entrato nella mia psiche, ha fatto pressione sulla mia personalità e sulle mie emozioni nel tentativo di cambiare nel profondo la mia identità, incluso il mio progetto vocazionale. Ogni mio dubbio veniva considerato come una parte fragile che doveva essere integrata, una deviazione dal carisma. Se non accondiscendevo alle sue richieste sessuali, diceva che era a causa di un mio impoverimento spirituale; mi manipolava continuamente per farmi diventare obbediente, mansueta, infantile: a sua disposizione».
«Il caso di Rupnik ricorda quello dell’ex cardinale Theodore McCarrick – ha affermato Barrett Doyle – le autorità ecclesiastiche erano a conoscenza dei suoi crimini almeno dagli anni ’90 ma non sono intervenute, anzi, lo hanno protetto ignorando la sofferenza delle vittime». «Non stiamo parlando di un atteggiamento complessivamente brillante con qualche incoerenza qua e là, ma di un modello continuo di sostegno a molestatori noti e con accuse credibili». «Non è che il papa sia bloccato dai membri della curia nell’applicare le norme sulla protezione delle vittime, o che a volte sia debole di cuore – ha aggiunto Barrett Doyle – Credo che sia contrario alla riforma. Ecco perché i cambiamenti da lui attuati dopo il vertice si sono rivelati del tutto inadeguati e non hanno avuto alcun impatto percepibile».
Fonte: Domani
Pierelisa Rizzo – Prete denunciato per violenza sessuale e spaccio
Il prete di Desenzano in provincia di Brescia accusato di spaccio e violenza sessuale ha venduto la casa in cui avrebbe organizzato diversi festini a luci rosse.
A segnalare il sacerdote è stato un trentunenne che vive a Desenzano ha raccontato di essere stato minacciato e di aver ricevuto il pagamento di alcune prestazioni sessuali. La situazione è poi degenerata la scorsa estate quando a inizio agosto una donna trans si si è spogliata e ha minacciato di suicidarsi dopo essersi lanciata da una finestra è scappata per le strade di Desenzano stando al racconto di alcune persone che erano presenti in casa
L’uomo di 65 anni avrebbe provato una specie di esorcismo avrebbe anche detto Esci da questo corpo A casa del sacerdote è stata trovata cocaina i residenti hanno deciso di allontanare il sessantacinquenne perché infastiditi dalle continue feste e serate.
Durante la perquisizione degli del commissariato di Desenzano è stata trovata cocaina per questo motivo nei suoi confronti è scattata anche una denuncia per detenzione ai fini di spaccio mentre per questa accusa ha parlato di debolezze per quella di violenza sessuale minaccia nega qualsiasi coinvolgimento.
Nel frattempo in questi mesi la diocesi di Verona ha nominato il suo sostituto come Cappellano della fondazione San Angela Merici Onlus.
Fonte Fanpage
Federico Tulli – Nessun prete è “padre” di nessuno
La pedofilia è l’annullamento della realtà umana del bambino. Avendo parlato negli anni con centinaia di vittime e raccolto le loro testimonianze mi sento di dire che questa definizione della pedofilia elaborata dallo psichiatra e psicoterapeuta Massimo Fagioli sia quella più precisa in assoluto.
L’effetto immediato della violenza sullo sviluppo psico fisico della vittima è devastante. È come se fosse un omicidio psichico che aggredisce e distrugge la vitalità e impedisce di realizzare la propria identità sessuale. Cioè una dimensione interiore specifica dell’essere umano.
È bene evidenziare che la vittima non è mai scelta a caso dal pedofilo. È un bambino solo, isolato, “ignorato” dai genitori oppure senza genitori. Prima della violenza fisica c’è quella psichica che consiste nel sostituirsi alle figure adulte di riferimento della vittima, nel carpire la sua fiducia.
Il pedofilo è una persona che pianifica lucidamente la violenza, agendo in un contesto che gli consenta di farla franca e dopo aver scelto con cura il suo bersaglio. Ecco cosa mi ha raccontato una volta l’avvocato Luciano Santoianni del Foro di Napoli, legale con lunga esperienza in questo campo: «Il pedofilo circuisce la vittima giocando sull’ambiguità e inducendolo alla confusione.
Quando c’è un rapporto di fiducia o affettivo, l’abuso è compiuto in maniera subdola, rasentando la linea di demarcazione che ci può essere con un rapporto amicale. La sua è una condotta violenta ma è raramente esercitata con violenza». Un altro aspetto che emerge dalle testimonianze e che ricorre in molti casi di pedofilia è commentato dallo psichiatra Andrea Masini: «C’è una grande ambiguità che però è tutta all’interno del pensiero religioso e che consiste nel farsi chiamare “padre” da parte degli “educatori”.
Per un bambino che non ha più figure femminili di riferimento, questo appare come un tentativo di ricostruire almeno il rapporto col genitore, che però non è reale perché nessun prete è padre di nessuno. È questa ambiguità “calcolata” che apre la strada alla violenza pedofila». Masini tocca poi un altro tasto delicato. I numeri sulla diffusione della pedofilia nel clero suggeriscono infatti l’ipotesi che molti pedofili si scelgano apposta determinate professioni.
«Non c’è dubbio che l’organizzazione della Chiesa risponda a certi requisiti. Il pedofilo, da calcolatore qual è, sa che il suo comportamento sarà coperto dal silenzio delle gerarchie ecclesiastiche. Perché all’esterno deve rimanere integra la figura del sacerdote misogino, che non ha rapporti sessuali e non ne deve avere. Un altro caso, ma di tutt’altro tipo, poteva essere rappresentato dall’esercito. Dove finiva un certo tipo di paranoici, perché “sapevano” che l’istituzione avrebbe coperto la loro patologia».
2024-02-29 18:11:49
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