Domenica 21 aprile la notizia che spiazza molti: è morto Vincenzo Agostino.
Vincenzo Agostino era diventato ormai un simbolo della lotta alle mafie, di coloro che non si arrendono e che continuano a chiedere Verità e Giustizia sulla morte di suo figlio Nino, sua nuora Ida e quel bambino che portava in grembo.
Da quel 5 agosto 1989 ha promesso di non tagliarsi più barba e capelli fino a che non avrebbe scoperto la verità sulla morte di suo figlio. Purtroppo in questa vita non l’ha mai tagliata.
E così quella barba e quei capelli, che allungavano e diventavano bianchi di giorno in giorno, sono diventati simbolo di lotta, di perseveranza, di ricerca di verità e giustizia e non vendetta.
“Nonostante il buio della notte, allorché nel suo spirito poteva scendere una schiacciante angoscia, è diventato una fonte di incrollabile speranza per noi tutti, per questa nostra terra martoriata e per l’intero Paese; e particolarmente per i suoi cari e per noi che oggi lo salutiamo con il cuore spezzato ma con immensa ammirazione e con uno speciale debito di riconoscenza”,
ha affermato l’arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice, durante l’omelia.
E così, in un martedì senza sole, si congeda ai suoi cari e a questa terra Vincenzo Agostino, in una Cattedrale gremita di persone che sono accorsi per dargli un ultimo saluti tra pianti e applausi.
Quella bara, portata a spalla da diverse persone, sembra quasi impossibile lasciarla incamminare verso il cimitero.
Nelle prime file parenti e nipoti dove si trova pure Nino Morana, nipote di Vincenzo, che porta lo stesso nome dello zio e che, guarda caso, è nato proprio il 5 agosto di 12 anni dopo la scomparsa dello zio, come a creare un legame indissolubile.
Quello stesso nipote che Vincenzo insieme alla moglie Augusta, scomparsa anche lei 5 anni fa, si sono portati in lungo e largo per l’Italia per raccontare la propria storia.
“Vincenzo Agostino è stato, con la sua amatissima moglie Augusta, una vedetta. Allorché nel suo spirito poteva scendere una schiacciante angoscia, è diventato una fonte di incrollabile speranza per tutti noi. La sua lunga barba bianca ha rappresentato per noi la resistenza attiva alla mafia e al male strutturato. La provata ma fulgida vita di Vincenzo e Augusta, innamorati per sempre, ci sollecita a non indietreggiare davanti alle tenebre, a non abituarci al male, a non patteggiare mai con i corrotti. Questa testimonianza sia uno sprone.
È finita la fatica di Vincenzo. Ora ci è chiesto di assumerla e di portarla avanti. Siamo qui per questo, per continuare a vegliare nella notte. È il modo migliore per dimostrare a tutti voi cari congiunti, e in particolare a voi carissime Flora e Nunzia e a voi nipoti, a te carissimo Nino”,
questa è parte dell’omelia dell’arcivescovo di Palermo tra le lacrime dei partecipanti.
Alla fine prende la parola il nipote Nino, ricordando che il nonno non lo ha mai visto senza quella lunga barba bianca:
“Eri la mia roccia, il mio sostegno.
Oggi è un giorno di rabbia e sconfitta perché ti abbiamo seppellito con la barba lunga. Una sconfitta soprattutto per lo Stato”.
Inoltre ha preso parola pure don Maurizio Francoforte, successore di Padre Pino Puglisi a Brancaccio, chiesa alla quale era particolarmente legato Vincenzo:
“Grazie Vice’ ci hai insegnato a non farci schiacciare dal potere”.
Alla fine della messa l’arcivescovo abbraccia i familiari di Vincenzo e l’ultimo saluto viene dato davanti la cattedrale, accompagnato da un lungo e silenzioso applauso.
Adesso Vincenzo ha raggiunto sua moglie, suo figlio, sua nuora e il piccolo mai nato ma, forse, proprio adesso si sarà tagliato la barba perché ha saputo la verità su quella barbara uccisione.
Cercheremo di scoprirlo pure noi, Vincenzo.
foto di Antonino Schilirò