Durante i minuti conclusivi della finale di Coppa Italia, in Massimiliano Allegri è uscita fuori quella percezione di distacco dalla realtà che ha ben rappresentato il suo secondo mandato alla guida della Juventus. Arrivati al 90’ la tensione è massima, l’Atalanta cerca di agguantare il pareggio impostando l’ultimo attacco, la Juve è molto ben organizzata e non mostra segni di cedimento, anche se come suo solito fare sta arroccata dietro negli ultimi metri a proteggere il vantaggio. Poco prima del triplice fischio finale, l’arbitro Maresca non fischia un fallo a favore dei bianconeri e in quel preciso istante scatta l'ira di Allegri:
si scaglia contro tutto e tutti togliendosi la giacca, poi va faccia a faccia dal quarto uomo e successivamente Maresca lo espelle. Da questo momento in poi il mister bianconero perde il controllo e lascia andare via la cravatta, chiamando ad alta voce il designatore Rocchi sugli spalti.
L’impressione che ha destato è stata quella di un uomo affranto per come sono andate le cose negli ultimi tre anni, scaricando in pochi minuti una rabbia repressa per troppo tempo.
Un’ultima esposizione di chi sta cercando di rimanere al timone di una nave che sta sprofondando.
Si è semplicemente arrivati ad un epilogo già scritto e che va a coronare ciò che è incominciato cinque anni fa quando era il primo a sostenere che
“Ci sono allenatori che vincono e altri che non vincono mai”,
vedendo poi trionfare gli altri stagione dopo stagione. Gli altri episodi accaduti nel post partita come il presunto screzio col giornalista e l’allontanamento dai festeggiamenti del direttore Giuntoli, sono gli strascichi di un dolore profondo e viscerale che alberga dentro Allegri.
- La mancanza di una società stabile e seria a dare supporto e nel fornirgli delle risorse adeguate sul mercato (gli acquisti di gennaio inutilizzati come Djalo e Alcaraz ne sono la prova),
- la sua leadership sempre più evanescente,
- la stagione 2022/2023 piena di problematiche (dimissioni del CDA e conseguente penalizzazione in classifica).
Tutto ciò ha portato ad avere una guerra dentro il mondo Juve, una tensione che non si era avuta neanche quando Conte lasciò la squadra a ritiro appena cominciato, un Allegri che si è assunto le responsabilità isolando e compattando la squadra, talmente impegnato a fare questo che ha fatto rendere conto a tutti di quanto tenesse alla causa soltanto con lo “show” fatto in finale, aggiungiamo pure la mancanza di una comunicazione schietta, sincera e trasparente, facendo traballare le certezze di una società così gloriosa.
La quindicesima Coppa Italia conquistata è passata in secondo piano, resa anonima da queste faglie mostrate in mondovisione. Una serata che poteva sancire l’uscita di scena di uno dei migliori protagonisti della storia juventina nel modo più giusto possibile, dopo aver preparato una partita sul piano tattico e poi fisico, a dir poco perfetta. Allegri ha rovinato una serata, che con il suo dodicesimo trofeo alla guida della Juve, poteva essere perfetta sotto ogni punto di vista. Poteva chiudere con qualche battuta delle sue davanti a giornalisti e telecamere, portando con sé le sue peculiarità di mister e personaggio allo stesso tempo. Invece di questo trionfo non se ne parla proprio, una piazza San Carlo vuota e piovosa a Torino come mai accaduto nel recente passato.
A far notizia è l’amarezza di un ciclo finito rovinosamente e la certezza di una Juventus che di tale sta conservando solo il nome e i colori.
Adesso bisognerà rimboccarsi le maniche e ripartire con un nuovo inizio.
immagine copertina pixabay
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2024-05-17 16:00:00
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