Pietro Lorefice, senatore della Repubblica italiana dal 2018 con il Movimento 5 Stelle. Originario di Gela ed eletto nello stesso collegio. Lo abbiamo contattato per vedere, da siciliano oltre che da senatore, cosa pensa di questa riforma sull’autonomia differenziata.
Ecco l’intervista.
La riforma sull’autonomia differenziata è stata approvata pure alla Camera nella notte del 19 giugno, dopo un lungo iter fatto pure di scontri pressoché politici. È favorevole o contrario? Perchè?
Come tutto il M5S, sono totalmente contrario a un progetto vergognoso. Un progetto che da una parte poggia su uno spregiudicato e inaccettabile baratto tra la pulsione autonomista della Lega e il premierato tanto caro a Fdi; dall’altra contiene una disgustosa ipocrisia, ovvero la preventiva individuazione dei Lep (Livelli essenziali delle prestazioni), per i quali però non è previsto mezzo centesimo in più. Il risultato finale? Un Paese ancora più spaccato, dove il godimento dei diritti dipenderà sempre di più da dove si nasce o risiede. E pensare che il partito della premier Meloni si chiama Fratelli d’Italia. Forse sarebbe meglio chiamarlo Fratelli di mezza Italia.
Che valutazione generale dà al Ddl Calderoli?
Un progetto dannoso per l’unità e la coesione del Paese, che ha l’unico obiettivo di lasciare più gettito fiscale nelle Regioni che già oggi sono molto più avanti di altre. Inutile prendersi in giro: il piano Calderoli vuole molto prosaicamente dare più risorse economiche a chi già ne ha di più, con il paravento delle maggiori funzioni ma con il vero obiettivo di gestione del consenso.
C’è chi dice che per primi, questa legge, l’ha voluta il centro sinistra con il Titolo V della Costituzione nel 2001. È giusta questa analisi?
Purtroppo quello è stato il vulnus iniziale, molto grave. Non per niente il M5S, già nella scorsa legislatura, ha depositato in Parlamento disegni di legge proprio per ricambiare il Titolo V e riaccentrare alcuni settori, come la sanità.
Il Titolo V riformato nel 2001 afferma il principio di sussidiarietà verticale, non solo tra Stato e Regioni, ma tra Regioni, Città Metropolitane, Province e Comuni. Tale sussidiarietà, in linea di principio, oltre a venire incontro alle specificità dei territori, dovrebbe avvicinare i servizi ai cittadini, dando loro un maggior controllo su come vengono spesi i soldi delle tasse da essi pagate. Ritiene che tale principio sia valido, ben espresso dall’attuale Titolo V e, infine, ben rispettato dal ddl di attuazione? Se no, perché?
Mi scusi, ma come è possibile rispettare un principio di sussidiarietà, o di basilare solidarietà, senza risorse? Gli atti del Governo Meloni negano alla radice ogni forma di sussidiarietà o solidarietà. Le faccio solo due esempi. Dopo il passaggio al Senato, il ddl Calderoli ha recepito un emendamento di Fdi che prima dice che ogni attribuzione di maggiori funzioni e maggiori risorse alle Regioni è subordinato alla garanzia dei Lep; poi dice che questa garanzia può avvenire solo nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica. Una bella espressione, non c’è che dire, che però dimostra inoppugnabilmente che un Governo dell’austerità, che peraltro ha supinamente subìto un Patto di stabilità europeo che comporterà ancora più rigore e manovre lacrime e sangue, non potrà e non vorrà trovare nemmeno mezzo centesimo per garantire i Lep. In secondo luogo pensiamo al taglio da 3,5 miliardi che questo stesso Esecutivo ha operato al Fondo di perequazione infrastrutturale, nato proprio per obiettivi di sussidiarietà e solidarietà tra territori.
Titolo V nel 2001 voluto dal centro sinistra e criticato dal centro destra e Ddl Calderoli oggi voluto dal centrodestra e criticato dal centro sinistra. Non si corre il rischio che il tutto si concluda solo come una mera opposizione politica mettendo da parte i veri bisogni dei cittadini?
Purtroppo nel 2001 il M5S non era nato e non era in Parlamento mentre l’allora Centrosinistra commetteva questo gravissimo errore. Dobbiamo però guardare all’oggi. Il Pd, mi pare di poter dire, ha capito la radice scellerata di quella riforma e oggi si è accodato al M5S nella fiera battaglia a un progetto pericoloso. E a chi dice che l’autonomia differenziata era anche nel programma del Governo Conte I, sostenuto da M5S e Lega, rispondo che è stata la nostra fiera opposizione a non far veder la luce a un progetto che, allora come ora, non intendeva garantire davvero i Livelli essenziali delle prestazioni su tutto il territorio nazionale.
Diversi sindaci hanno fatto appelli o pressioni alle Regioni (vedi caso Calabria) per impugnare la legge sull’autonomia differenziata dinanzi alla Corte Costituzionale. Che cosa ne pensa?
Ritengo che ogni iniziativa istituzionale, dal ricorso delle singole Regioni al referendum abrogativo, debba essere preso in considerazione per opporsi al progetto Calderoli, nei limiti della sua percorribilità.
Andiamo ai Lep perché è qui che la maggior parte del panorama politico si spacca: c’è chi afferma che sarà più dannoso per le regioni del sud e c’è chi dice che sarà un aiuto concreto e che finalmente farà mettere tutte le Regioni d’Italia sullo stesso livello. Quale dei due casi è giusto secondo lei e perchè?
Autorevoli stime, che vanno dalla Svimez al ministero degli affari regionali all’epoca del Governo Conte II, delineano un costo molto alto dei Lep, che può arrivare a 80-100 miliardi. Ma fosse anche un decimo, detto provocatoriamente, lo schema finale assunto dal ddl Calderoli impedisce al momento la possibilità di recuperare queste risorse, essendo legato agli equilibri di finanza pubblica. Traduco ancora meglio: con l’austerità preventiva già applicata dalla Meloni a partire dalla Legge di bilancio del 2023, e con l’austerità successivi e punitiva portata in dote dal nuovo Patto di stabilità, mi spiega dove saranno trovati i soldi per garantire anche una minima parte dei Lep?
C’è chi afferma, però, che con l’autonomia differenziata di risorse ce ne saranno sempre di meno…
Le ripeto, il bieco obiettivo del ddl leghista è quello di lasciare i cosiddetti ‘residui fiscali’ alle Regioni che chiedono l’autonomia e che oggi di fatto sono solo quelle già più avanti dal punto di vista economico e dei servizi erogati. Mi pare evidente che per le altre ci saranno meno risorse, come peraltro già evidenziato da alcuni rilievi critici mossi da Ufficio parlamentare di bilancio, Bankitalia e Corte dei conti
Ma secondo lei bastano questi Lep a garantire diritti di cittadinanza uguali per tutti?
I Lep sono il passaggio decisivo, per questo difficilissimo e molto sfidante, dal quale non si può provare a fuggire. Non solo è necessario scriverli bene, non solo è necessario scriverli in modo puntuale ed equilibrato, ma poi è fondamentale finanziarli. Anche qui mi permetta di fare un esempio. Sulla scuola possiamo decidere che il Lep giusto debba prevedere orario continuato e servizio di mensa su tutto il territorio nazionale. Ma scriverlo e basta, senza mettere a fuoco che questo ha un costo ingente, significa alimentare proprio quell’ipocrisia di cui è intriso il progetto leghista
Andando al tema sanità, tema così tanto delicato nel nostro paese, che impatto avrà questa legge proprio sulla sanità?
Un impatto ce lo avrà, anche se bisogna tener presente che oggi la sanità è il settore già più decentrato in assoluto, con tanto di definizione dei Lea, ovvero il Livelli essenziali di assistenza che in pratica corrispondono ai Lep. Come però spesso denunciato da diversi osservatori, per esempio la Fondazione Gimbe, i Lea in questi anni sono stati costruiti male e finanziati peggio. Anche qui il problema è di risorse, che certo devono essere spese in modo oculato e virtuoso, ma devono esserci. Il Governo Conte II, dopo aver portato nel 2020 il rapporto tra spesa sanitaria in rapporto al Pil al 7,4%, anche nel 2021 lo ha lasciato sopra il 7%, agganciando la media europea. Ebbene, già a fine 2023 il Governo Meloni ha scritto nel Def che questo rapporto è crollato al 6,3% nel 2023, che come ha ricordato una famosa prima pagina del Sole 24 Ore è il livello più basso dal 2007. Al Governo Meloni, culturalmente vicino al neoliberismo di thatcheriana e reaganiana memoria, interessa molto poco della sanità pubblica.
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