Tra poche settimane archivieremo anche il 2024, un anno che è stato contrassegnato anche dalle difficoltà sempre maggiori nella fu sanità pubblica e nella tutela della salute dei cittadini più fragili. Mesi segnati dalla carenza di migliaia di farmaci, così come riporta l’Aifa, indispensabili e vitali per patologie anche gravissime.
Abbiamo raccontato cosa accade, in realtà a partire dal 2016, con il Creon (vitale per i pazienti pancreatici). Così come abbiamo riportato le segnalazioni di tanti cittadini, compresa una cittadina affetta da sclerosi, nel territorio della provincia di Chieti. La cui Asl si ritrova, come tutta la sanità abruzzese, con il macigno di un nuovo maxi debito a 8 anni dalla fine del commissariamento post Sanitopoli. Come sia possibile questo maxi debito è domanda, che rimane non evasa nel dibattito pubblico locale, che abbiamo posto mesi fa. Non sono arrivate risposte da chi dovrebbe, non è dato sapere chi avrebbe la responsabilità di tutto ciò.
Riscontriamo invece, ed è la quotidianità di migliaia di pazienti e delle loro famiglie, che sono stati messi in campo dall’assessorato regionale e dalle direzioni delle quattro Asl piani di rientro. Tra le spese da “razionalizzare” il direttore generale della Asl Chieti-Lanciano-Vasto ha evidenziato quella farmaceutica. Che avrebbe sforato quanto preventivato. Come è possibile e perché le necessità di farmaci siano maggiori di quanto atteso è domanda che non si sono minimamente posti. Ma ci hanno sottolineare che è “troppa”. Come possa essere “troppa” la spesa per tutelare la salute, bene vitale tutelato dalla Costituzione e che dovrebbe essere tra i primi interessi di chi amministra il “bene comune”, è l’ennesima domanda inevasa. Esattamente come quella su come è possibile razionalizzare lo stanziamento finanziario senza diminuire le forniture. Almeno così ha pubblicamente sostenuto, varie volte, il direttore generale Schael.
Mentre accade tutto questo continuiamo a registrare, come avviene da Gennaio scorso a partire dal Creon, le segnalazioni e le proteste di pazienti e delle loro famiglie. L’ultima ci è giunta in questo fine settimana dal vastese da una paziente diabetica, in cura da 28 anni. Che protesta perché, ormai da tempo, subisce disagi per una fornitura dei sensori e di altri presidi per diabetici limitata rispetto al passato. Varie volte è stata costretta, ha dichiarato, a tornare più volte. E, rispetto al passato, ogni volta vengono forniti in un numero minore. Diminuzione dovuta, è la risposta ricevuta, perché sono molto minori nel distretto a cui si rivolge le forniture che giungono.
Una situazione questa che crea disagi alla signora, costretta ad appoggiarsi alla famiglia o a rinunciare ad ore di lavoro. I pazienti diabetici hanno necessità vitale di monitoraggio costante e continuo, non è possibile rinviare o saltare una fornitura senza mettere a rischio grave la salute e la vita. Un mancato monitoraggio dell’insulina può impedire di registrare picchi o diminuzioni così gravi che i danni possono essere permanenti e gravi o portare anche alla fine dei propri giorni. La paziente che ci ha scritto ha una rete familiare che la supporta, con innumerevoli disagi lavorativi e non solo. E una persona anziana che non ha familiari in casa? Una persona sola? Come potrebbe fronteggiare una situazione di cui sicuramente non è lei ad avere responsabilità. Nei giorni scorsi, in occasione dell’ultima fornitura, in sala d’attesa c’era anche il marito di una paziente diabetica e oncologica. Una situazione grave la cui gestione quotidiana già è difficilissima con una rete familiare. Se la signora non avesse nessun familiare cosa accadrebbe?