Un altro anno si sta per chiudere, tra poche ore chiuderemo un libro della vita e si inizierà a sfogliarne uno nuovo. In molti, moltissimi, ma non tutti. O meglio non tutte. Perché anche quest’anno ci sono donne che hanno visto il sorgere dell’anno ma non potranno vederne il tramonto. Violentate, abusate, stuprate, assassinate.
Vittime della violenza maschile, uccise da chi le ha considerate proprietà esclusiva, oggetti da dominare. Migliaia sono le donne vittime, le sopravvissute, chi subisce (soprattutto dietro le mura domestiche) i calvari e gli inferni peggiori. Sopravvivendo a menzogne, violenze e difficoltà, inganni anche con l’aiuto di altri, paura, delegittimazione, accuse che rovesciano la realtà, silenzi, omertà, persecuzioni.
Giulia Cecchettin era una ragazza piena di vita, sogni e un avvenire davanti. La sua storia, il suo femminicidio e quanto ha subito è la quotidianità di centinaia se non migliaia di donne in questo Paese in cui ogni anno i numeri delle donne uccise sono un abisso sempre più drammatico. Ad un anno dall’assassinio di Giulia Cecchettin, due giorni dopo la condanna in primo grado all’ergastolo di Filippo Turetta, Salvo Di Noto (ragazzo quasi coetaneo di Giulia Cecchettin) ci ha inviato questa riflessione che ripubblichiamo integralmente.
Anni di lotta per ricevere un frammento di amore tossico, malato, perverso, da parte di un ragazzo, Filippo. Un dolore eterno, rosso sangue per lei, rosso passione per lui, fino a sfociare in una morte a tu per tu, guardandola negli occhi per l’ultima volta, perdendosi in quegli occhi, di nuovo.
È passato un anno dai funerali di Giulia. Aveva 22 anni, un’età che per molti potrebbe sembrare poca cosa, ma per lei, per la sua famiglia, i suoi amici, i colleghi universitari e tutti coloro che con quell’età ci convivono, rappresentava un mondo intero, racchiuso in un sorriso e in tanti sogni che un giorno, sarebbero diventati realtà.
Anche Filippo Turetta, a fatti compiuti, aveva 22 anni, oggi ne ha 23. Di lui si può parlare al presente, di Giulia un pò meno.
Come per Giulia, agli occhi di chi lo conosceva superficialmente, sembrava un ragazzo alla ricerca della vita, della bellezza, dell’amore perduto. Una ricerca trasformata in ossessione e poi, nel vuoto assoluto.
Non basteranno interviste, film, libri e parole di gente che si inventa all’ultimo minuto un lavoro, per raccontare chi era davvero Giulia. Adesso la conoscono tutti: una ragazza spensierata e ferita, vittima di un amore malato che l’ha consumata prima psicologicamente, poi fisicamente.
Giulia, quante cose avrebbe da dire se solo potesse guardare in faccia il ragazzo, un ex fidanzato, che l’ha perseguitata e assassinata.
Lei, era davvero la sua ex fidanzata? Sua? Una parola così possessiva da diventare letale?
Per Filippo, Giulia era sua e basta. E guai se si fosse allontanata.
Io non so cosa prova Filippo oggi, dentro una stanza grigia per chi non sa sognare, colorata per chi sa sperare di rinascere. Oggi, a distanza di due giorni dalla condanna all’ergastolo per un crimine che ha devastato non solo la famiglia Cecchettin, ma tutti noi, o almeno chi ha un pò di cuore.
Come ha detto don Marco Pozza, cappellano del carcere “due palazzi” di Padova: “Sarà sempre così, anche stavolta: la giustizia ti dirà quanto devi scontare, lo Stato ti dirà dove dovrai scontare la tua pena ma sarai tu a poter fare la differenza: scegliendo come scontare la tua pena.”
Resta da vedere se Filippo avrà il coraggio di affrontare il peso delle sue azioni e cambiare.
Da coetaneo di Giulia e Filippo penso spesso a quanto sarebbe potuta essere diversa la loro storia se qualcuno, se qualche uomo, avesse imparato a riconoscere il confine tra amore e possesso.
Giulia sarebbe potuta essere una nostra amica, una sorella; esagero, una fidanzata.
La sua storia deve ricordare, soprattutto a chi con la violenza ci dorme a letto, che la vita è piena di bellezze che vanno coltivate; che se l’amore diventa catena, il cuore si fa prigione, e neanche Filippo avrà le parole giuste per raccontare cosa accadrà, là dentro la prigione.