La violenza di genere è una epidemia globale che colpisce in maniera importante donne e ragazze, individui di genere non conforme e persone con diverse identità di genere e orientamenti sessuali.
Nella maggior parte degli stati esistono leggi per contrastare la violenza di genere ma secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ad esempio, circa un terzo delle donne (dai 15 anni in su) di tutto il mondo è stato oggetto di violenza di genere almeno una volta nella vita.
Numeri che con altissima probabilità sono sottostimati perché esistono numerosi motivi per cui le persone sopravvissute non arrivano a denunciare la violenza subita.
Il genere si riferisce a un insieme di idee e norme stereotipate su ruoli sociali, comportamenti, attività e attributi che una determinata società collega al sesso di una persona. Queste norme e idee sono costrutti sociali e si apprendono coi processi di socializzazione, in famiglia, nelle amicizie e a scuola, e sono spesso riprodotte dai media. Nel corso del tempo, vengono considerate “naturali” o “normali”, influenzando quindi il modo di vedere e relazionarsi alla propria persona e alle altre, il modo di comportarsi e le aspettative verso chi ci circonda. Queste norme e idee costituiscono la base degli stereotipi di genere e del sessismo che portano a considerare un genere superiore a un altro.
La violenza di genere comprende una vasta gamma di violenze, tra cui violenza fisica, sessuale, economica e psicologica, minacce, abusi e coercizione che sono radicati e riproducono disuguaglianza di genere, asimmetria di potere e pericolose norme di genere.
La violenza di genere ha un impatto sproporzionato su donne e ragazze, ma può colpire anche altre persone in base al loro orientamento sessuale reale e/o percepito, alla loro identità e/o espressione di genere.
Gli stereotipi legati alla violenza e alle differenze di genere spesso non ci permettono di vivere rapporti interpersonali positivi dove ciascuna persona ha il diritto di decidere del proprio corpo e dove i limiti e i confini sono definiti da un consenso chiaro e dichiarato.
Serve una maggiore attenzione al significato del mutuo consenso affinché non sia più un argomento sul quale dibattere, ma una norma accettata e condivisa. La violenza sessuale è un fenomeno diffuso e sistemico in tutto il mondo. Le vittime spesso non conoscono i propri diritti e si trovano di fronte a molteplici ostacoli nell’accesso alla giustizia e ai risarcimenti, compresi stereotipi di genere dannosi, idee sbagliate su violenza sessuale, accuse di colpevolezza, dubbi sulla propria credibilità, sostegno inadeguato e legislazione inefficace.
In Italia, in particolare, persiste il pregiudizio che addebita alla donna la responsabilità della violenza sessuale subita.
Un pregiudizio che trova conferma nel codice penale italiano, dove all’articolo 609-bis, si prevede che il “reato di stupro” sia necessariamente collegato agli elementi della violenza, o della minaccia o dell’inganno, o dell’abuso di autorità.
Tuttavia, come stabilito dalla Convenzione di Istanbul, ratificata dall’Italia nel 2013, lo stupro è un “rapporto sessuale senza consenso“. L’articolo 36, paragrafo 2, della Convenzione specifica che il consenso “deve essere dato volontariamente, quale libera manifestazione della volontà della persona, e deve essere valutato tenendo conto della situazione e del contesto“.
Per questi motivi chiediamo al Ministro della Giustizia la revisione dell’articolo 609-bis del codice penale, in linea con gli impegni presi nel 2013, affinché qualsiasi atto sessuale non consensuale sia punibile.
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