Vorrei parlare del libro “CODICE ROSSO” di Milena Gabanelli e Simona Ravizza anche se affrontare un argomento come quello della sanità in una realtà che tende a destrutturare le democrazie per favorire le oligarchie, che tende a concentrare ricchezze in poche mani e non a distribuirle, che mira al riarmo ed alla guerra, che perde alcuni valori di riferimento come nel genocidio di Gaza e nella massa di morti in mare per contrastare l’immigrazione, mi sembra riduttivo e inutile.
Tuttavia, forse, ha una sua utilità ragionare su uno sfascio programmato come quello della sanità italiana.
CODICE ROSSO è un libro che va letto per la ricchezza di dati raccolti che dà un quadro asettico della situazione attuale in sanità.
Ci sono dati relativi alle liste di attesa e come questi vengano mascherati nel momento di essere trasferiti al centro, della carenza di posti letto, della impossibilità di far decollare le case della salute, alternativa territoriale all’ospedale per molte patologie, per indisponibilità dei medici di base che sono convenzionati e non dipendenti. Ci sono dati relativi ai privati convenzionati che prendono una gran fetta del fondo sanitario ma indirizzano le loro prestazioni verso attività più remunerative e non verso quelle di cui avrebbe bisogno il territorio, di come l’invecchiamento della popolazione, il cui trattamento è sempre di più ceduto a privati, convenzionati e non, stia diventando un grosso affare economico.
Si mette inoltre in evidenza la carenza di medici, specie in alcune specialità come nei pronto soccorsi, legata a blocco del turnover e a scuole di specializzazione che hanno creato blocchi nella formazione specialistica dopo la laurea. Si evidenzia come queste carenze vengono tamponate con medici stranieri e con gettonati che spesso sono privi delle competenze specifiche per affrontare determinati problemi.
Si evidenzia, inoltre come le scuole di specializzazioni, molto spesso, non sono in grado di formare bene gli specialisti per carenze intrinseche del numero di pazienti di cui si occupano o per mancanza di tutor.
Insomma è una buona valutazione asettica dello stato attuale della sanità italiana.
Manca l’analisi delle ragioni che hanno portato a questo. Sembrerebbe che il tutto sia avvenuto per caso.
È come se la trasformazione delle Usl in Asl, aziende che mirano al pareggio di bilancio ed al profitto, il blocco del turnover ed il numero chiuso per medici ed infermieri, la riduzione dei posti letto ospedalieri dal 6 x mille al 3 x mille, senza alternative territoriali, il definanziamento del fondo sanitario da oltre il 7% all’attuale 6,2%, non fossero scelte determinate dalla politica. A fronte di questi processi di destrutturazione del pubblico, aumentano i privati convenzionati. Sono questi privati che attingono allo stesso fondo sanitario che serve a far funzionare ospedali ed altri servizi pubblici. Se aumenti il flusso dei soldi verso i privati convenzionato riduci lo stesso flusso verso il pubblico destrutturando sempre di più ospedali e servizi territoriali. Come rilevato nel libro, i privati convenzionati devono fare profitto e si indirizzano su prestazioni più remunerative e non su quelle di cui necessità la popolazione. Il Covid insegna.
Ecco il limite di questo libro; nella sua apparente asetticità, non mette in evidenza che tutto quello che avviene è per volontà politica trasversale di cedere il bene comune salute al mercato e privatizzarlo.
Il rapporto pubblico-privato non viene minimamente preso in considerazione da alcuna forza politica.
La politica è lo zerbino al servizio dei gruppi finanziari.
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