La prof.ssa Giusy Rosato, responsabile Scuole e Università dell’Associazione Dioghenes APS, dialoga con il prof. Marco Omizzolo, sociologo, ricercatore Eurispes, docente di Sociopolitologia delle migrazioni presso la Sapienza Università di Roma, nominato Cavaliere al merito della Repubblica italiana dal Presidente Sergio Mattarella per meriti di ricerca e impegno, da oltre venti anni, nella lotta al caporalato e alle agromafie, in prima istanza nelle campagne dell’Agro Pontino, ma non solo.
Ha condotto, infatti, studi sul campo e ricerche mirate per indagare il fenomeno dello sfruttamento lavorativo da parte di caporali, padroni e padrini, attraverso un processo di osservazione partecipata, su tutto il territorio nazionale e anche fuori dai confini dell’Italia.
La videointervista verte sulla presentazione del suo ultimo libro “Il mio nome è Balbir”, edito da People lo scorso dicembre.
Lettere, parole, frasi, periodi, pagine che descrivono via via un viaggio tra le pieghe e le piaghe di un diario le cui date rappresentano puntelli necessari per la costruzione: costruzione di sudata libertà, anelata giustizia, legittima dignità. La voce di Balbir accompagna il lettore in un coacervo di emozioni: speranza in cambiamenti possibili, da una parte, delusione e disillusione con una visione disincantata del reale, dall’altra. Molto funzionale ed efficace la scelta narratologica del narratore interno.
Una scelta che amplifica il pathos emotivo del racconto, quindi, il coinvolgimento del lettore in una storia che trasuda di faticose lente conquiste, nella convinzione della forza del “noi”, del vigore dell’agire “insieme”, dell’importanza della fiducia. Agire insieme vuol dire lottare insieme, ribellarsi insieme, per poter sentire insieme il fresco profumo di libertà e amicizia. Le stesse braccia e mani callose che hanno contribuito per lunghissimi sei anni ad incrementare la ricchezza del padrone hanno poi spezzato le catene della sua logorante umiliante deplorevole schiavitù, hanno spalancato la porta di quella roulotte-prigione, che è stata proscenio di inenarrabili privazioni, di ineffabili angherie e soprusi, conquistando finalmente la libertà di un Uomo.
Balbir, come uno dei partigiani della Resistenza, è diventato la sua primavera, restituendo un po’ di tepore ai rigori dell’inverno.
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