Una maxi truffa ai danni dello Stato e dei giovani cittadini è stata smascherata dalla Polizia Postale: dieci persone sono state denunciate per frode informatica, truffa aggravata e riciclaggio nell’ambito di un’indagine sul Bonus Cultura, il contributo statale da 500 euro destinato ai neomaggiorenni per l’acquisto di beni e servizi culturali.
Tutto ha avuto inizio nell’estate del 2023, quando circa settanta diciottenni hanno segnalato di non avere più accesso al proprio bonus. I fondi risultavano già utilizzati, ma non da loro. Le denunce, arrivate da tutta la Toscana, hanno fatto scattare un’accurata attività investigativa da parte del Centro Operativo per la Sicurezza Cibernetica della Polizia Postale Toscana, che ha ricostruito un sistema fraudolento tanto ingegnoso quanto allarmante.
Gli indagati avevano creato SPID “paralleli”, ossia identità digitali false, ma formalmente valide, grazie a canali gestiti direttamente da loro. Questi SPID fittizi venivano poi usati per entrare sulla piattaforma “18app”, generare voucher del Bonus Cultura e spendere i crediti in esercizi commerciali di comodo, riconducibili agli stessi truffatori.
A completare il raggiro, venivano emesse false fatture elettroniche, grazie alle quali gli indagati chiedevano i rimborsi al Ministero della Cultura, come se i beni fossero stati realmente venduti o i servizi realmente erogati.
Grazie alle indagini, la Polizia Postale ha scoperto la presenza di oltre 2.500 SPID irregolari, utilizzati per attivare circa 2.000 bonus cultura. Il danno potenziale stimato per l’erario ammonta a circa 400.000 euro. Tuttavia, grazie a un intervento tempestivo, la gran parte dei rimborsi non ancora erogati è stata bloccata, evitando un danno economico maggiore.
Nel corso delle perquisizioni effettuate in diverse regioni italiane – con il supporto operativo dei centri per la sicurezza cibernetica di Piemonte, Umbria, Campania e Puglia – sono stati sequestrati dispositivi informatici, firme digitali, credenziali SPID, POS, carte e conti correnti riconducibili agli indagati. Tra il materiale recuperato anche codici di accesso e password intestati a soggetti ignari, a conferma della gravità e della pervasività del sistema illecito.
Il caso mette nuovamente in luce i rischi legati alla gestione dell’identità digitale in Italia. La creazione e l’utilizzo di SPID falsi rappresentano una minaccia per la sicurezza informatica, soprattutto in relazione all’erogazione di fondi pubblici. L’inchiesta ha evidenziato falle nei sistemi di controllo, sottolineando l’urgenza di maggiori verifiche e tutele per i cittadini, in particolare per i più giovani.
L’attività investigativa prosegue sotto il coordinamento dell’Autorità Giudiziaria, mentre si valuta l’eventuale coinvolgimento di ulteriori soggetti e strutture nella rete criminale.
La vicenda rappresenta un altro duro colpo alla credibilità di uno strumento pensato per avvicinare i giovani alla cultura, trasformato da pochi criminali in un mezzo di profitto illecito.