Gli Stati Uniti d’America hanno ordinato agli europei di acquistare più armi per sostenere l’Ucraina, arrivando perfino a minacciare Spagna, Italia e altri Paesi con l’aumento dei dazi commerciali se non verranno incrementate le importazioni di armamenti.
È l’ennesima prova di una dipendenza geopolitica che si traduce in sottomissione economica e militare. Dopo aver trascinato l’Europa nella guerra per procura contro la Russia, Washington scarica il peso finanziario e politico del conflitto sui propri alleati, trasformandoli in semplici ingranaggi di un meccanismo bellico globale.
Un copione già scritto: sanzioni, crisi e obbedienza
La storia recente è nota: gli USA hanno imposto ai Paesi europei di interrompere i rapporti commerciali con la Russia, in particolare per quanto riguarda il gas e le materie prime energetiche, costringendo l’Europa a un suicidio economico programmato.
I pacchetti di sanzioni che avrebbero dovuto “punire” Mosca hanno finito per colpire le nostre imprese, le famiglie e i servizi pubblici.
E ora, dopo aver ridotto le forniture energetiche, ci viene imposto di sostenere il riarmo sacrificando sanità, scuola, stipendi e pensioni.
La retorica del “pericolo russo” diventa lo strumento perfetto per legittimare questa deriva. Le presunte “violazioni” dei droni russi nei cieli europei — mai accertate con certezza — vengono brandite come prove di un’aggressione imminente, mentre il diritto internazionale resta cieco e muto di fronte al genocidio israeliano a Gaza.
Due pesi, due misure. Due morali, una sola ipocrisia.
La logica, quella vera, ci suggerisce tutt’altro.
Un Paese vasto come la Russia, ricco di materie prime, con una popolazione relativamente ridotta, non ha alcuna ragione concreta per invadere l’Europa.
Eppure questa narrazione tossica viene ripetuta come un mantra mediatico, utile solo a giustificare il riarmo e a tenere in vita l’industria bellica statunitense.
Un’industria che oggi viene alimentata anche dalle crisi che il neoliberismo ha prodotto: disuguaglianze, precarietà, distruzione dello stato sociale.
La guerra, ancora una volta, serve come cura economica per l’impero.
Un’Europa senza voce
L’Europa si è consegnata completamente a questa logica.
La sua classe dirigente, selezionata attraverso filtri economici e mediatici, non è più in grado di elaborare una visione autonoma.
Bruxelles e le capitali europee obbediscono senza discutere agli ordini del centro imperiale.
Ogni voce critica viene isolate o ridicolizzata, ogni alternativa soffocata.
Così l’Europa, anziché costruire ponti di pace, si trasforma in avamposto militare.
Si parla di riarmo, non di ricostruzione.
Si parla di difesa comune, ma in realtà si costruisce un sistema di obbedienza che svuota di senso la sovranità nazionale e l’identità democratica del continente.
La guerra che ci trascina tutti
In questo scenario, la guerra non è più un’ipotesi lontana. È una minaccia concreta, che si avvicina passo dopo passo, travestita da sicurezza e venduta come difesa della libertà.
Ma la verità è che l’Europa rischia di diventare ancora una volta il campo di battaglia dell’Impero, sacrificando il proprio futuro sull’altare di interessi che non le appartengono.
E quando la miccia sarà accesa, nessun confine potrà contenere il fuoco.
Questa non sarà una guerra “solo europea”, ma una catastrofe globale.
Il vecchio continente che un tempo sognava unità e pace, oggi si prepara — in silenzio — a diventare teatro di distruzione.
E mentre i potenti brindano nei palazzi, i popoli, come sempre, pagheranno il prezzo più alto.
Un’analisi critica e profetica sul ruolo dell’Europa nel conflitto tra USA, Russia e Ucraina. Gli Stati Uniti impongono il riarmo e il sacrificio dello stato sociale, mentre la classe dirigente europea obbedisce. Tra sanzioni inefficaci, propaganda mediatica e industria bellica in espansione, il rischio è uno solo: una nuova guerra nel cuore del continente.





