Quando in Abruzzo si parla di rifiuti, discariche e veleni il pensiero corre subito a Bussi (che è, però, di ben altro piano), scoperta nel 2007 dal Corpo Forestale provinciale di Pescara, allora diretto dal compianto Guido Conti. Molti però non ricordano che Conti, già oltre dieci anni prima, aveva scoperto e denunciato un’altra immensa discarica abusiva a Scurcola Marsicana. Il 1 aprile 1994 il Nucleo operativo ecologico sequestrò una megadiscarica da 90 mila tonnellate di rifiuti definita «il primo caso di smaltimento illegale di rifiuti tossici e pericolosi fatti passare come attività lecita e produttiva».
Il terreno era di proprietà di una ditta che aveva avuto dalla Regione Abruzzo tutte le autorizzazioni necessarie per la produzione di compost dai liquami derivanti dallo svuotamento delle fosse civili, il Corpo forestale dello Stato accertò che nell’area avveniva tutt’altro: i rifiuti rinvenuti provenivano da aziende chimiche, farmaceutiche, tessili e conciarie del Trentino e della Campania, dalla provincia di Trento alla provincia di Salerno. In quel periodo, addirittura, i casellanti autostradali scioperarono per protestare contro il cattivo odore nella zona dei rifiuti tossici, e per il continuo passaggio dei camion diretti alla discarica, una ricerca scientifica concluse che il terreno ha «ricevuto forti mutamenti dai materiali tossici che sono stati stoccati. Ma anche la vegetazione è stata influenzata dalla composizione chimico-fisiche del materiale presente nei cumuli di rifiuti».
Una vicenda che in parte è simile a quanto stava avvenendo a Tollo, in provincia di Chieti, dove nell’area dell’ex fornace Gagliardi nei pressi delle sponde del torrente Venna sono stati seppelliti almeno 30 mila tonnellate di rifiuti di ogni tipo in due capannoni tra cui scarti farmaceutici e chimici, scorie sanitarie provenienti dalla Francia e rifiuti industriali provenienti dal Nord Italia.
L’allora procuratore generale di Chieti, Nicola Trifuoggi, in un’audizione parlamentare, affermò che in quell’area erano giunti anche molti Tir «carichi di rifiuti radioattivi provenienti dalla Francia».
I Noe sequestrarono la discarica di Tollo il 2 febbraio 1996. A cui seguirono altri sequestri di terreni a Chieti, quasi sul greto del fiume Pescara, e in contrada Aurora a Cepagatti, dove l’attività di sversamento stava proseguendo. L’attività illegale avvenne ininterrottamente dal 16 maggio 1995 fino al sequestro.
«I rifiuti uscivano dalle fabbriche e poi si procedeva con il solito sistema della triangolazione. Si fermavano una notte a Marghera e il mattino successivo lo stesso camion partiva con una bolla diversa con la dicitura residui riutilizzabili. Un camion è stato seguito dalla partenza fino a Ripa Teatina» raccontò Nicola Trifuoggi che, il 22 maggio 1996, inviò alla Commissione parlamentare competente anche una consulenza tecnica dalla quale emerse che «in considerazione dello stato dello stabilimento e dei rifiuti in esso accumulati, dai quali si sviluppa ammoniaca ed acetilene, con conseguente sviluppo di gas tossici e la cui movimentazione è causa di elevatissima polverosità, la situazione può costituire un pericolo per la salute degli operatori, per gli insediamenti circostanti e per l’ambiente, considerato che non sono presenti sistemi di convogliamento e abbattimento di tali gas».
Un medico di Miglianico, comune nei pressi di Tollo, ha pubblicamente riportato che dopo il 1995 sono esplosi i casi di «cancri dell’encefalo, cancri della vescica, cancri prostatici e tiroidei, sarcomi in pazienti giovanissimi» mentre un abitante di Tollo raccontò in maniera anonima alla stampa che «i camion di rifiuti avevano le targhe di Venezia, Verona, Padova, Brescia. Scavarono due fosse profonde da una parte e l’altra del Venna. Dalla terra usciva un fumo bianco come una nebbia acida e non respiravamo. La nostra protesta scoppiò nel 1996 dopo 3 aborti forzati. Capitò anche a mia moglie incinta al sesto mese». Negli anni successivi alla scoperta della discarica i rifiuti furono accantonati in enormi sacconi definiti «big bags» dove rimasero, sotto tutte le intemperie e nessuna sicurezza, per un lunghissimo periodo a cui è seguito l’inizio della bonifica dell’area e la loro rimozione.
Alcuni territori in questi lustri, come abbiamo riportato per Tollo, nel precedente articolo, sono stati teatro di bonifiche più o meno parziali. Quasi mai è arrivata giustizia. E in altri casi non si è mai potuta avere la verità tutta intera.
Il sistema criminale ha pervaso tutta la regione, ha toccato i gangli della sfera pubblica, avvelenato molti territori. Nel 1995 un’inchiesta giornalistica (di cui non si ha più traccia negli archivi e memoria collettiva) documentò come almeno 15 comuni nella Marsica avevano appaltato la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti ad una società riconducibile a Gaetano Vassallo, oggi pentito di camorra, uno dei primi bracci economici dei Casalesi, insieme a Cipriano Chianese.
Solo il fiume Trigno divide l’Abruzzo dal Molise, un confine su cui si trova la città di San Salvo. Nella cittadina della provincia di Chieti ci sono testimonianze di persone che nei primi anni duemila, mentre scattavano foto di notte ad alcune cave sul fiume, affermano di essersi imbattuti in camion che hanno sversato fusti e altri rifiuti. In quegli anni c’erano voci che giravano intorno a questi camion.
Ma nulla di ufficiale è mai emerso e alcuni nostri contatti istituzionali hanno categoricamente smentito di aver mai avuto prove o indizi di tale attività illecite. Attività che potrebbero aver sparso veleni nei campi? Ci sono ancora sotto alcuni campi rifiuti di chissà quale natura? Sono finiti nell’alveo del fiume e trasportati al mare per avvelenare chissà dove?
2/fine
Per approfondimenti:
Abruzzo, i rifiuti sono una sporca storia da oltre vent'anni
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2020-03-21 19:06:49
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