L’agroalimentare è uno dei settori che non è stato fermato dai vari decreti per arginare la diffusione del virus: i supermercati sono aperti e l’approvvigionamento alimentare continua senza interruzioni. Frutta e verdura ogni mattina arrivano freschi sui banchi dei negozi e sulle tavole degli italiani. Ma cosa accadrebbe se le limitazioni ai movimenti di cittadini e lavoratori dovessero essere prolungate ancora per molto tempo?
Mercoledì 1 aprile il Ministro della salute, Roberto Speranza, ha prorogato tutte le misure prese inerenti le limitazioni e le restrizioni sulla libertà di movimento di cittadini e di lavoratori sino al prossimo 13 aprile. In tanti, tuttavia, non escludono che la proroga possa essere attuata di 15 giorni in 15 giorni. Con l’obiettivo di limitare la diffusione del contagio ma con il rischio che il sistema produttivo agroalimentare possa implodere. Come? Perché?
Nelle filiere agricole italiane lavorano 370 mila braccianti regolari che arrivano dall’estero, soprattutto dai paesi dell’Est Europa. Queste perone non potranno raggiungere il nostro paese per la raccolta di frutta e verdura e la semina delle varie colture perché bloccate, nei loro paesi d’origine, per via della diffusione del coronavirus e dei conseguenti decreti che hanno bloccato il movimento dei cittadini.
La chiusura dei confini e le limitazioni ai movimenti decise dall’Italia e dagli altri paesi, potrebbe ostacolare la raccolta delle primizie primaverili, come fragole e asparagi, che quest’anno è partita in anticipo a causa delle elevate temperature registrate durante l’inverno. Per la Coldiretti occorrerebbe: «intervenire al più presto per sopperire alla mancanza di manodopera stagionale e non pregiudicare le fornitura di generi alimentari a negozi e supermercati». Se la situazione dovesse prolungarsi, ci saranno problemi per la raccolta della frutta estiva. Le misure di contenimento della pandemia starebbero già «provocando le disdette degli impegni di lavoro da parte di decine di migliaia di lavoratori stranieri che in Italia trovano regolarmente occupazione stagionale in agricoltura, fornendo il 27% del totale delle giornate di lavoro necessarie al settore».
Per sopperire alla mancanza di braccianti, bloccati dal coronavirus, le associazioni di categoria suggeriscono alcune contromisure. Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, propone di semplificare i cosiddetti voucher agricoli per «consentire da parte di studenti e pensionati italiani lo svolgimento dei lavori nelle campagne dove mancano i braccianti stranieri».
Il primo cittadino di Bergamo, la città italiana simbolo del contagio da Covid19, Giorgio Gori in un tweet afferma: «Chi raccoglierà gli ortaggi e la frutta? Servono almeno 200 mila lavoratori extracomunitari. Serve subito un decreto flussi». Con le sue parole le preoccupazioni di Confagricoltura. Secondo il presidente della confederazione agricola Massimiliano Giansanti: «con il blocco della circolazione, le quarantene e le persone con problemi di salute e quelle che se ne sono andate non è facile reperire forza lavoro» dichiara all’Agi.
Servirebbero almeno 250 mila persone, ragion per cui: «abbiamo scritto ai ministri delle Politiche agricole Teresa Bellanova e del Lavoro Nunzia Catalfo per sollecitare strumenti governativi che facilitino il ricorso a manodopera italiana, come i voucher, o che diano la possibilità di impiegare persone che hanno perso il lavoro, cassintegrati o fruitori del reddito di cittadinanza. Sempre nel rispetto delle condizioni sanitarie ottimali», continua Giansanti. Il presidente di Confagricoltura, poi, rilancia l’idea di un nuovo decreto flussi che permetta ad operai stagionali di raggiungere le aziende agricole e mettersi a disposizione. «Abbiamo richiesto all'Unione europea di creare una sorta di 'corridoi' per permettere la mobilità all'interno della Ue di questi lavoratori. Anche perché il problema non riguarda solo l'Italia, ma tutti i Paesi agricoli europei. Si stima che in tutto servano almeno 700 mila persone. Infine, bisogna avviare in tempi rapidi l'iter per la definizione di un nuovo decreto flussi che consenta al settore agricolo di impiegare lavoratori non comunitari».
Raffaele Falcone, segretario regionale della Fla-Cgil Foggia, invece pone l’accento su una altra questione. Il sindacalista, portando come esempio la provincia dauna e la capitanata più in generale, pone il seguente quesito: «com’è possibile che in provincia di Foggia non si trovino lavoratori agricoli? La Provincia d’Italia con il più preoccupante fenomeno di segregazione abitativa, i cosiddetti ghetti dove vivono oltre 5000 persone straniere in cerca di lavoro e con i suoi oltre 50 mila operai agricoli braccianti (per due terzi comunitari e per la parte restante africani) ha davvero bisogno di nuovi operai agricoli?».
Secondo il Crea-Pp su dati Inps, i lavoratori neocomunitari tra dimoranti e stagionali, all’interno del territorio della Capitanata sono 12.831 con un numero complessivo di 627.688 giornate dichiarate, ossia con una media di 49 giorni di lavoro all’anno. Gli extracomunitari sono invece 8.284 con 467.816 giornate dichiarate, dunque circa 56 giornate all’anno. In questo ultimo caso, il saldo è leggermente superiore perché negli extracomunitari risultano anche albanesi e marocchini oramai residenti da molti anni e con professionalità più avanzate. Se si considerano anche i lavoratori del Centro Africa, dei 5.701 regolari presenti negli elenchi anagrafici Inps della provincia foggiana, solo 1.462 riesce a raggiungere la quota delle 51 giornate lavorate durante tutto l’anno. Oltre la metà dei lavoratori non supera le 10 giornate dichiarate. «Sicuramente in questo dato si nasconde tanto lavoro nero/grigio ma se è vero che molti lavorano più di quanto dichiarato dai datori di lavori vi sono migliaia di persone che vivono nei ghetti e non riescono a trovare un’occupazione. – spiega Falcone – Ebbene come può un sistema con un numero così ampio di persone disponibili a lavorare ad avere problemi di occupazione?».
Il tutto, secondo Falcone, è riconducibile all’incontro tra domande ed offerta e, dunque, al caporalato. «L’impiego dei lavoratori neocomunitari ed extracomunitari comporta un assetto organizzativo che le aziende in questi anni non hanno mai voluto predisporre, preferendo l’esternalizzazione di esso a caporali della stessa nazionalità. Il reclutamento, il trasporto e la direzione sul campo vengono affidati a caporali della stessa nazionalità dei lavoratori, che occupano il vuoto istituzionale ricorrendo al cottimo ed ampliando il sottosalario».
Con lo scoppio del Covid e susseguenti decreti sulla libertà di circolazione, i controlli della forze dell’ordine sui trasporti sono aumentati e, indirettamente, hanno fatto venire meno la possibilità dei caporali di trasportare lavoratori. «Il sistema criminale, più volte denunciato in questi anni dalla Flai Cgil, è entrato in crisi profonda non riuscendo più a garantire alle aziende manodopera a basso costo. – continua Falcone – I caporali non potendo viaggiare con i furgoni, con i quali in media trasportano ogni giorno circa 20/30 lavoratori, non riescono a garantire quell’anello fondamentale per far si che il sistema continui imperterrito a funzionare nonostante le norme di contrasto». Va tenuto a mente che, nonostante l’art. 603-bis c.p. e poi la legge n. 199/2016 abbiano previsto e disciplinato il reato di caporalato (e di sfruttamento lavorativo), “questo era e resta il metodo principale con il quale tante aziende si avvalgono dei lavoratori”.
Infine Falcone confida nelle istituzioni affinché raccolgano l’appello lanciato dalla Flai-Cgil e da alcune associazioni del terzo settore, «con cui si chiede una tempestiva regolarizzazione di tutti i migranti costretti a vivere negli insediamenti informali e nei ghetti, al fine di tutelarne la salute e di ampliare il bacino di lavoratori disponibili. Ma soprattutto ci auguriamo che le aziende abbiano capito che vi devono essere delle alternative al sistema di reclutamento e trasporto dei caporali. La Rete agricola di qualità serve a questo e noi continueremo a batterci per dare dignità a tutti i lavoratori e alle lavoratrici del comparto».
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2020-04-07 15:51:13
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