Il lungo lockdown al quale tutti siamo stati costretti dalla pandemia, se da un lato ha bloccato tutte le attività commerciali ed extracommerciali, dall’altro ha offerto la possibilità a nuove idee di sbocciare e prendere forma, trasformandosi in nuove opportunità. È il caso delle mascherine solidali, realizzate artigianalmente dalle ospiti del Centro di Accoglienza per donne rifugiate “Casa di Giorgia” di Roma. L’idea è venuta a una delle ospiti, J. (ragazza nigeriana), che prima del lockdown frequentava un laboratorio di sartoria: aveva infatti intrapreso il suo percorso di integrazione e inclusione che prevedeva la frequenza di un laboratorio per l’avvio all’attività lavorativa. J. ha sempre dimostrato molto entusiasmo per questa sua attività, dedicandovisi pienamente ma Llarrivo della pandemia e del conseguente lockdown ha interrotto ogni progetto di integrazione portato avanti dai Centri di Accoglienza: la scuola di italiano, gli apprendistati, i lavori a progetto. Tutto bloccato e rinviato a data da destinarsi.
Nel già fragile equilibrio psicologico di chi, come i rifugiati, arriva in Italia dopo un viaggio disperato e spesso si sente rifiutato in un Paese che sembra aver dimenticato la sua vocazione solidaristica e di accoglienza, una situazione come quella creata dalla chiusura da pandemia rischia di provocare effetti devastanti. Il senso di precarietà e di inutilità si amplifica, il sentirsi persi ancora una volta senza un percorso da seguire e un obiettivo da raggiungere diventano rischi concreti ai quali gli operatori e le operatrici dei Centri di Accoglienza devono poter dare delle risposte altrettanto concrete.
Sorprendente e incoraggiante è il caso in cui la risposta arriva dalla stessa persona rifugiata, come nel caso di J. che dopo un iniziale spaesamento ha proposto al Centro di attivare al suo interno un laboratorio sartoriale dove realizzare mascherine, utilizzando le stoffe provenienti dai Paesi di origine delle ospiti. È iniziata così la febbrile attività che ha portato alla installazione di due macchine da cucire in una delle sale del Centro, alla raccolta delle coloratissime stoffe, per lo più africane, e alla realizzazione di allegre mascherine. E l’idea di J. ha presto coinvolto altre ospiti del Centro, che ora si dedicano a questa attività praticamente a tempo pieno. Il progetto è andato avanti, tant'è che oltre alle mascherine è in programma anche la realizzazione di elastici per capelli e di borse. Una attività che non si configura come commerciale, ma che è primariamente la ripresa di un cammino di inclusione e integrazione che la pandemia aveva bruscamente interrotto.
L’attività di sartoria delle ospiti di “Casa di Giorgia” ha dato poi l’input alla campagna #traccesolidali del Centro Astalli per la Giornata Mondiale del Rifugiato, celebrata lo scorso 21 giugno. Quello delle ospiti di “Casa di Giorgia” è un esempio di come una crisi può diventare una opportunità, di come trasformare un momento di difficoltà, anche emotiva, in un progetto di vita. In maniera semplice ma creativa, queste donne ci insegnano che nella vita non ci si deve mai perdere d’animo, che una strada possiamo sempre trovarla e che anche in mezzo alla tempesta la buona volontà, così come lo spirito di intraprendenza possono aiutarci a restare a galla, a superare le onde.
E una mascherina colorata, densa delle atmosfere africane, aiuterà un po’ tutti ad affrontare con maggiore serenità questa transizione verso la normalità che non appare né facile né breve.
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2020-07-03 08:59:24
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