«Gli ebrei deportati ad Auschwitz avevano la fortuna di essere uccisi. Noi (testimoni di giustizia, nda), invece, siamo uccisi giorno per giorno. Questa fortuna, purtroppo, non ce l'abbiamo».
On. Piera Aiello, Movimento 5 Stelle
Una non vita. Per i testimoni di giustizia in Italia. Cittadini che hanno denunciato reati ed illegalità di cui sono stati testimoni. Cittadini onesti che, a seguito delle denunce fatte, hanno dovuto stravolgere totalmente la propria vita e quella delle loro famiglie. Ma paragonare i testimoni di giustizia alle vittime dell'olocausto deportate ad Auschwitz non è accettabile.
Tutto nasce da una frase poco felice – un vero e proprio scivolone – della deputata dei 5 Stelle, Piera Aiello,anche lei testimone di giustizia: una donna che ha denunciato la mafia dopo la morte del marito, appartenente anche lui alle cosche, ed è fuggita dalla Sicilia per regalare a sua figlia una esistenza diversa.
«I testimoni e i collaboratori di giustizia vivono come se fossero in un campo di concentramento. Per questo motivo io sento molto vicina a me la giornata della memoria. Anche noi abbiamo il codice identificativo. Solo che gli ebrei deportati ad Auschwitz avevano la fortuna di morire. Noi invece moriamo ogni giorno». Parola di una deputata della Repubblica italiana.
Parole che non sono passate inosservate.
«Mi dissocio assolutamente dalle parole dell'On. Aiello», ci dice Gennaro Ciliberto. «Sono un testimone di giustizia dal 2014 dopo aver denunciato – sin dal 2011 – reati gravissimi collegati alla costruzione di ponti e cavalcavia in tutto il paese: anomalie, mancati controlli dei lavori, materiali scadenti, denunce. Tutte situazioni riscontrate dalla Autorità Giudiziaria ed entrate anche nelle inchieste relative al crollo del ponte Morandi di Genova».
«Ero un affermato manager – continua Ciliberto – , ma le mie denunce sono servite a salvare vite umane e per questo lo rifarei. La mia vita è difficile: ho definitivamente cambiato identità, vivo in una località protetta, la mia vita è un lungo lockdown. Evito di uscire, non faccio nuove amicizie, a casa mia e della mia famiglia non viene mai nessuno. Le sofferenze e le difficoltà non sono mai confrontabili, ma paragonare addirittura le nostre vite a quelle di vittime innocenti, uomini, donne, bambini deportati e trucidati dalla furia omicida dei nazisti solo perché ebrei, non è accettabile».
Questo è il testo della mail inviata al deputato Emanuele Fiano (Comunità ebraica):
Con la presente, da testimone di giustizia, prendo le distanze dalle frasi citate dalla Deputata Aiello ed esprimo la mia massima vicinanza alla comunità ebraica.
Cordialmente
Ciliberto Gennaro
Una presa di distanza non isolata. L'Onorevole Aiello, in serata, si è scusata. Ecco il post pubblicato su Facebook:
«Ci tengo moltissimo a chiarire la mia posizione in merito ad un intervento di questi giorni.
Evidentemente il mio dire è stato oggetto di polemica per aver paragonato i testimoni di giustizia agli ebrei deportati ad Auschwitz. Chiedo scusa ai familiari delle vittime dell'olocausto, non era assolutamente mia intenzione ferire la memoria di nessuno. Volevo Semplicemente manifestare la condizione che noi testimoni siamo costretti a vivere per via di uno Stato praticamente assente: ci sentiamo chiamati a morire tutti i giorni.
Rischiamo di subire da un momento all'altro un attacco mortale da parte di tutte quelle persone che ci vedono come “nemici”, mentre lo Stato rimane inerte a guardare tutto quello che ci capita senza prendere provvedimento alcuno.
Non sono mai stata antisemita o razzista, ho sempre lottato per una categoria – quella dei testimoni e quella dei collaboratori – che è debole e inascoltata!».
Ma l'Aiello ha dimenticato di essere una deputata della Repubblica Italiana? Quando partecipa a queste manifestazioni parla da testimone di giustizia o da parlamentare? «Lo Stato è praticamente assente», dice. Ma Lei non rappresenta le Istituzioni?
Serviranno le scuse? Inutili, a nostro avviso. Sarebbe opportuno lasciare definitivamente il suo incarico parlamentare? Un deputato della Repubblica può usare certe parole indegne?
Ecco il commento al post della deputata, scritto da Carla Di Veroli (nipote di Settimia Spizzichino, unica donna tornata dalla retata dell'ex Ghetto di Roma):
«Io non la scuso, prima deve andare a visitare Auschwitz: solo dopo potrà capire l’enormità e l’assurdità del suo paragone. Sono la nipote di Settimia Spizzichino, unica donna tornata dalla retata dell’ex Ghetto di Roma del 16 ottobre 1943. Non ebbe la “fortuna di essere uccisa” subito al suo arrivo al campo, come sua madre, sua sorella Ada e la piccola Rosanna di 18 mesi. Entrò nel campo, insieme alla sorella Giuditta, che non riuscì a sopravvivere alle torture, alla fame e al freddo. Subì esperimenti nel famigerato Blocco 10 ad opera del macellaio Mengele e della sua equipe. Sopravvisse alla marcia della morte che da Auschwitz arrivò a Bergen Belsen, dove fu liberata il 15 aprile 1945. Solo al ritorno scoprì che anche suo fratello Pacifico era stato deportato, arrestato su delazione. Lei nemmeno può lontanamente immaginare il dolore che ci ha procurato. Siamo la seconda generazione dopo la Shoah, non c’è nessuno di noi che non abbia mai, almeno una volta, sognato di essere deportata di nuovo. Ho vissuto con mia zia, dormivo nel suo letto, la sentivo urlare di notte in preda agli incubi, mi svegliavo talvolta perché la trovavo seduta nel letto a fumare guardando nel vuoto. Lei NON HA IDEA di cosa ha detto. Fuori del lager, ogni paragone è una bestemmia. In quel perimetro è accaduto di tutto, anche ciò che non avremmo mai immaginato: il giudizio lo abbiamo sospeso per i deportati, non per i carnefici».
La REPLICA dell'Onorevole
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2020-07-15 21:12:16
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