Può un tatuaggio decidere se una persona è un brava poliziotta oppure no? Viene da chiederselo quando ascolti la storia, non isolata, di Arianna Virgolino, agente della Polizia di Stato. Una giovane donna che indossa la divisa sull'anima e che con un tono deciso e non poca rabbia per l'ingiustizia subita, mi dice "io sono una poliziotta!".
Nel 2017 esce il bando di concorso per civili e Arianna partecipa; è giovane e motivata, ha un lavoro a tempo indeterminato ma è decisa a rimettere in gioco tutta la sua vita per amore della divisa. Un percorso complicato, non privo di sacrifici, tanto studio, prove fisiche e attitudinali che Arianna supera in maniera eccellente.
Arianna sa che c'è un unico ostacolo nel percorso intrapreso per entrare in Polizia: un tatuaggio sul polso che, in base alla normativa, non può esserci se resta visibile e non coperto indossando la divisa. Inizia quindi l'iter per la rimozione del piccolo tatuaggio fatto all'età di 18 anni, che comporta dolorose e costose sedute di laser.
Tuttavia essendo il tatuaggio ancora visibile durante la fase di preselezione (sono necessari più trattamenti per la totale eliminazione), l'amministrazione decide che la presenza pur parziale del tatuaggio sia motivo di inidoneità: quindi per Arianna c'è l’impossibilità a proseguire.
Ma lei, aspirante agente della Polizia di Stato, non molla e fa ricorso al TAR: con una sentenza favorevole il tribunale amministrativo riconosce il percorso di rimozione del tatuaggio e dà ragione ad Arianna Virgo che l'8 luglio del 2019 inizia la sua nuova vita.
Arianna entra in Polizia e viene assegnata alla sottosezione di Guardamiglio della Polstrada di Lodi, dopo aver giurato fedeltà alla Repubblica Italiana.
Ma il sogno dura poco: solo 4 mesi di servizio, perché nel frattempo l'amministrazione della Polizia di stato ha fatto ricorso al Consiglio di Stato che sospende definitivamente la poliziotta per quel tatuaggio che non esiste più essendo stato completamente cancellato.
In quei pochi mesi di servizio, Arianna Virgolino ha dimostrato di essere una brava agente conquistandosi il rispetto e la stima di colleghi e superiori che le restano accanto anche in questi momenti difficili.
Una coincidenza assurda rende tutto ancora più inaccettabile: quel giorno di novembre, (7 novembre 2019) esattamente, quando la sentenza del Consiglio di stato le " toglieva" la divisa di dosso, Arianna riceveva un premio dal Questore per aver sedato con coraggio e professionalità una rissa mentre trascorreva con alcuni colleghi una serata in un locale, fuori dall'orario di servizio.
Arianna ha tentato una azione di revoca della sentenza che la sospende dal servizio, ma senza successo ed è stata condannata anche al pagamento delle spese processuali.
Nonostante tutto Arianna nutre ancora la speranza di tornare ad indossare la divisa: è forte la passione per il suo lavoro e parla di un errore che potrebbe essere sanato.
Arianna ha reso pubblica la sua vicenda anche sui social: sono molte le attestazioni di stima da parte di chi pensa che la presenza di un tatuaggio (fra l'altro rimosso) non dovrebbe prevalere sulla valutazione del merito e delle qualità morali di un appartenente alle forze dell’ordine e stanno venendo alla luce molte altre storie simili alla sua.
Vogliamo sperare che la vicenda di Arianna possa aprire una discussione su una norma che appare obsoleta e punitiva rischiando di lasciare a casa, per un tatuaggio, uomini e donne di valore che potrebbero servire con onestà e rispetto il nostro Paese.
E sappiamo bene quanto bisogno abbiamo di persone virtuose e perbene soprattutto all'interno di istituzioni e forze dell'ordine.
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2020-08-29 16:47:14
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