Abbiamo intervistato Marco Cappato, tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni, impegnato da anni nella campagna per l'eutanasia legale. Assolto perché il fatto non sussiste dall’accusa di aver aiutato nel suicidio un malato di sclerosi multipla (che nel 2017 aveva fatto ricorso al suicidio assistito in Svizzera), sarà nuovamente processato.
Benvenuti nel BelPaese.
Marco Cappato, è di pochi giorni fa la notizia che lei e Mina Welby verrete nuovamente processati (dopo l'assoluzione) per aver accompagnato alla morte Davide Trentini: può spiegarci il motivo? Se lo aspettava?
«Le motivazioni dell'assoluzione erano molto chiare e a mio avviso condivisibili: le condizioni di Davide Trentini rientravano nei criteri previsti dalla Corte costituzionale per poter ottenere l'aiuto alla morte volontaria, tra le quali vi era l'essere tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitali, oltre alla malattia irreversibile e alla sofferenza insopportabile. Fummo dunque assolti perché il "fatto non costituisce reato". La Procura ha invece deciso di insistere sulla colpevolezza.»
Avete presentato oramai da sette anni una legge di iniziativa popolare per l'eutanasia legale e in Parlamento è iniziato un dibattito che però, ancora oggi, non ha portato a nulla. La politica non intende affrontare seriamente questo argomento?
«I partiti hanno paura di qualsiasi discussione che esca dalla logica degli schieramenti e delle fazioni, e nella quale i parlamentari siano obbligati a pensare con la propria testa. E' qualcosa che spaventa.»
Il Vaticano definisce un crimine l'eutanasia e l'aiuto alla morte volontaria e chiama "complici" coloro i quali si battono per legalizzare il suicidio assistito. È questo in Italia il principale ostacolo alla approvazione di una normativa in materia, la presenza della Chiesa?
«Il Vaticano è certo molto potente, ma è anche un alibi per forze politiche che rappresentano sempre meno la società italiana e, quindi ,preferiscono non aprire scontri frontali con poteri organizzati.»
I giudici della Corte Costituzionale hanno stabilito che, anche in Italia, può essere legale l'aiuto al suicidio se ricorrono determinate condizioni: una malattia irreversibile, sofferenze insopportabili per la persona e il mantenimento in vita della stessa attraverso trattamenti di sostegno vitale. Può essere questo un importante punto di partenza?
«La decisione della Corte Costituzionale è un passaggio fondamentale che segue la giurisprudenza sull'interruzione delle terapie e la legge sulle disposizioni anticipate di trattamento. E' un percorso in direzione del riconoscimento del diritto all'autodeterminazione. La prossima tappa deve essere la piena legalizzazione dell'eutanasia anche per quei malati che non sono dipendenti da terapie, ma che – come nel caso dei malati di cancro – possono comunque trovarsi in condizioni di sofferenza insopportabile e malattia irreversibile.»
Secondo lei, i cittadini sono pronti e favorevoli a portare avanti questa battaglia di civiltà e di libera determinazione o vi è ancora una resistenza in tema di eutanasia?
«Tutti i sondaggi dicono che in Italia la grande maggioranza dei cittadini è favorevole alla legalizzazione dell'eutanasia e, in ogni caso, i contrari non sarebbero mai obbligati da nessuno a fare ciò che non vogliono. La resistenza non è nei cittadini, ma nella classe politica.»
I politici non prendono posizione perché non sono in maggioranza favorevoli o per non perdere consenso tra l'elettorato cattolico?
«Appena ai parlamentari sarà consentita una discussione libera, saranno possibili anche scelte coraggiose. Per ora sono i capi dei partiti, inclusi quelli che si considerano progressisti, a tenere tutto fermo.»
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2020-10-06 19:28:31
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