È stato firmato ieri l’accordo tra ArcelorMittal e Invitalia che consente all’agenzia controllata dal ministero dell'Economia di entrare al 50% nell’azionariato della società che si occupa della gestione impianti all’Ex Ilva di Taranto. Un accordo che prevede un aumento di capitale di 400 milioni di euro che darà a Invitalia il 50% dei diritti di voto della società e che comporterà tra due anni un ulteriore aumento di capitale per portare Invitalia a diventare azionista di maggioranza al 60%.
In una nota del ministero si parla di un piano di investimenti ambientali e industriali che porterebbero a un processo di decarbonizzazione dello stabilimento di Taranto con la messa in funzione di un forno elettrico. “Il più grande impianto di produzione green d’Europa”. Vedremo, nei prossimi giorni, i dettagli di un accordo molto temuto dai cittadini tarantini come accade, oramai da anni, per ciò che riguarda il futuro dello stabilimento siderurgico.
I cittadini di Taranto sono impegnati in prima linea con azioni rivolte a denunciare, dati alla mano, gli effetti disastrosi delle emissioni tossiche dovute alla produzione sugli abitanti costretti a convivere con un sito industriale posto dentro alla città, a ridosso delle abitazioni e che riversa da oltre mezzo secolo i propri veleni su una popolazione che paga caro il tanto sbandierato diritto al lavoro. Ma del diritto alla salute chi se ne occupa? È la domanda che da troppo resta senza risposta, mentre le associazioni del territorio cercano di fare pressione sulle istituzioni, sia locali che nazionali, provando a farsi ascoltare: ancora una volta le decisioni sono state prese senza ascoltare la cittadinanza e i tanti medici che denunciano lo stretto rapporto causa effetto tra le pesanti emissioni di diossine, piombo, metalli pesanti e gli allarmanti dati relativi alla mortalità e alle gravi patologie che interessano i cittadini tarantini.
Tante sono le iniziative poste in essere delle varie associazioni e dei cittadini che operano in difesa del diritto alla salute, un diritto fondamentale sancito e riconosciuto dalla Costituzione, ma che evidentemente per tanti siti italiani, tra i quali Taranto, non vale. I cittadini di tarantini chiedono la chiusura delle fonti inquinanti a partire dalla area a caldo dell’ex Ilva. Lo fanno da mesi anche con una lettera, settimanalmente, inviata al Premier Conte e sottoscritta, ad oggi, da 6617 cittadini italiani.
Taranto è uno dei 45 siti più inquinati del paese inseriti nello studio Sentieri, uno studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento è, oramai, fuori controllo. Situata in un perimetro che comprende una raffineria, un impianto industriale e l’area portuale, lo studio Sentieri dagli anni novanta evidenzia un eccesso di rischio sia per mortalità che per numero di malati di ogni genere ed età per varie tipologie di tumori, per patologie legate all'apparato respiratorio, circolatorio e digerente, comprese malattie direttamente associate ad una diretta esposizioni a fonti inquinanti del tipo industriale proprie del sito in questione (tumore al polmone, il mesotelioma pleurico e le varie malattie respiratorie).
Dati allarmanti riguardano la mortalità e le patologie in età pediatrica. In merito alla mortalità infantile i risultati dello studio Sentieri mostrano un eccesso di criticità tra 0 a 14 anni rispetto ai coetanei in altre zone della Puglia, così come si registra un aumento di ricoveri per linfomi sempre nella stessa fascia di età. Altro dato drammatico è l’eccesso di malformazioni congenite di bambini nati da madri residenti a Taranto: si tratta, dice lo studio, di anomalie del sistema nervoso e degli arti.
Dalle analisi si è rilevata la presenza di diossine nel latte materno delle donne tarantine e l’esposizione in gravidanza a tali sostanze è causa di molte malformazioni genetiche.
Abbiamo contattato la dott. ssa Annamaria Moschetti, pediatra e Presidente della Commissione Ambiente dell’ordine dei medici di Taranto. La dottoressa ci conferma i preoccupanti dati di Taranto per ciò che concerne la situazione sanitaria, in particolare relativamente a quei cittadini che vivono a ridosso dell’impianto siderurgico, interessati ad una maggiore incidenza di malattie cardiovascolari, di tumori, di malattie respiratorie e di mortalità, così come documento dallo STUDIO SENTIERI.
L’immissione nell’aria di piombo, diossine sostanze tossiche – continua la dottoressa – come anche verificato nel report del Consiglio Superiore di Sanità del 26 novembre 2019, contribuisce inevitabilmente alla incidenza di patologie sulla popolazione. In particolare è stato documentato tra i soggetti più fragili, i bambini, un eccesso di leucemie tra 0 e 19 anni. I bambini i che vivono nella zona di incidenza dell’impianto siderurgico, conferma il medico, secondo uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità ad una riduzione del quoziente intellettivo e altri danni al neurosviluppo. La scienza che parla di un rapporto diretto tra esposizione ad alcuni inquinanti neurotossici tra quelli immessi in ambiente a Taranto e gli effetti registrati, anche se allo stato attuale degli studi non è dimostrato un rapporto di causa ed effetto.
Sempre in merito al collegamento causa effetto, la Moschetti fa notare un dato interessante documentato in un report della Ministra Grillo del 2017 e che registra, pur all’interno di numeri sempre in eccesso dentro ad un quadro nazionale. una lieve riduzione dei numeri rispetto al passato in relazione ad una diminuzione della produzione industriale. E questo naturalmente perchè maggiore è la produzione in particolare quella con la lavorazione a caldo, maggiori sono le emissioni di inquinanti, maggiore è l’esposizione della popolazione ai veleni che causano malattie. Ci spiega ancora la pediatra: per alcune sostanze come il piombo, nel caso dei bambini non vi è un livello minimo “tollerabile” dal loro organismo, perchè essendo un cancerogeno e un neurotossico gravissimo crea danni importanti inoltre agisce sinergicamente sommandosi ad altre sostanze ad azione simile immesse in ambiente.
Per questo in una realtà come quella di Taranto non è possibile parlare di soglia “sotto il livello di legge” sicura per la salute umana. Un’altra osservazione fondamentale è quella relativa alla valutazione di impatto sanitario: ci spiega la Moschetti che alle condizioni attuali di produzione è pressoché impossibile evitare la dispersione nell’aria di sostanze inquinanti e che i vari report, che oramai si susseguono da circa cinquant’anni, nel momento in cui arrivano alla definizione dei dati sono già superati essendosi modificato il quadro che si va a valutare. Cioè i dati epidemiologici rispecchiano situazioni pregresse. Questo ci ha spiegato la dottoressa.
Come mai non viene effettuata una preventiva valutazione dell’impatto sanitario sulla popolazione che potrebbe in questo modo prevedere una modifica nell’impiantistica e nella modalità di produzione?
La Corte dei diritti umani di Strasburgo nel 2019 ha condannato l’Italia per non aver protetto i cittadini di Taranto dalle emissioni tossiche dell’Ilva; secondo i giudici la persistente esposizione alle emissioni inquinanti ha messo in pericolo la popolazione. Ma neanche questo ha modificato la situazione a Taranto.
Nonostante gli studi epidemiologici, le evidenze scientifiche, i numeri allarmanti di malati e decessi tra la popolazione che vive nelle zone a rischio, né le associazioni di cittadini, né ordine dei medici sono stati convocati.
Mentre il Sindaco e il presidente della provincia hanno tardivamente riconsegnato, per protesta la fascia tricolore, i cittadini di Taranto non restano fermi e hanno convocato – per domani mattina alle ore 11:00 – una conferenza stampa in strada, sotto il grande manifesto che hanno fatto affiggere su Viale Magna Grecia e realizzato grazie al contributo economico di liberi cittadini. L’immagine utilizzata è la vignetta creata dall’attore Massimo Wertmuller.
Il manifesto dice: «Anche questa volta il solito regalo. Buon Natale bambini di Taranto»
Un nuovo accordo industriale, denunciano i cittadini, senza una seria e preventiva valutazione di impatto ambientale su un’area già profondamente inquinata con drammatiche conseguenze ambientale non è una buona partenza. A Genova e Trieste gli impianti siderurgici sono stati spenti proprio perché vi è stato il riconoscimento degli effetti nocivi dei fumi e delle diossine sulla salute e il benessere della popolazione.
Perché tutto questo non accade per Taranto, dove il primo report sul tema è datato 1965?
Una lunga battaglia di civiltà e sopravvivenza che non finirà qui.
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2020-12-11 14:29:46
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