Sono arrivate le prime ore dell’anno successivo all’irrompere della pandemia, l’anno in cui tutto il mondo è stato unito dal lutto, dal dolore, dalla sofferenza, dalle lacrime. L’attesa era spasmodica e le speranze, i buoni auspici, le parole più auliche sono piovute come neanche in India nella stagione dei monsoni. Le prime ore del 2021, l’accoglienza che ha avuto il suo arrivo in tante parti d’Italia già spazzano via un bel po’ di amenità, menate e «belle parole». Ormai da molti anni, sull’onda dei lutti montante e di una crescente sensibilità civile, molti comuni in queste settimane proibiscono i fuochi d’artificio, la notte appena trascorsa è stata (o almeno doveva essere) una notte di coprifuoco, viviamo ancora mesi di emergenza, pandemia, lutti (in queste settimane molti i giorni in cui sono morte centinaia e centinaia di persone), dolore, sofferenza.
Ed è ormai acclarata la vera essenza del protrarsi della «tradizione» dei botti: inquinamento crescente, feriti e morti anche di persone totalmente innocenti, migliaia se non milioni di cani, gatti ed altri animali che subiscono anche fino alla morte le conseguenze della ottusità degli auto-proclamati «umani». Dolore e sofferenza calpestati dal menefreghismo, sfregiati dall’arroganza e dalla prepotenza di chi pretende di imporre al mondo il proprio sfrenato sollazzo. E così ogni anno la contabilità è da bollettino di guerra, le ordinanze troppo spesso rimangono sulla carta e dolori e sofferenze vengono vergognosamente ignorati.
Si poteva sperare in qualcosa di diverso quest’anno? Certamente è lecito ma, mai come in queste ore, si conferma il proverbio popolare che «chi di speranza vive disperato muore». Scrivo da un territorio dove un sindaco è rimasto totalmente sordo agli appelli giunti perché emettesse ordinanze anti-botti, impegnato probabilmente tra troppe mennate e coccole di voti PIROtecnici, un altro ha ritirato l’ordinanza appena sono arrivate proteste dai produttori di fuochi d’artificio. Una solerzia e una repentina retromarcia mai vista in questi anni da parte di nessun rappresentante istituzionale dopo proteste, ricorsi al tar, dossier, denunce ed esposti contro le più immonde porcate contro l’ambiente, il territorio e la legalità. Scrivo da un comune dove poco più di una settimana fa gli esplosivi hanno causato tre morti, hanno ucciso tre lavoratori.
Nei giorni scorsi si sono letti e sentiti fiumi di parole di strazio, pianto, comunità scioccata, tragedia inspiegabile (perché in questo Stato tutto è sempre inspiegabile e piove dal cielo in maniera inaspettata …) e tanto altro. Cosa è rimasto di tutto questo? Nulla, già dal pomeriggio di ieri in alcuni momenti sembrava di essere in una città in guerra, bombe da far tremare l’asfalto, strade diventate santabarbara. Tra i più attivi è facile indovinare chi c’era, loro, sempre loro, le famiglie di cui tante volte abbiamo scritto, quelle che hanno brindato, gozzovigliato e chissà cos’altro con Salvo Riina, che da anni se ne fregano di ogni regola, impongono con la violenza, la prepotenza e l’arroganza sfrecciando in auto pericolosamente, minacciando ed intimidendo chiunque capita loro a tiro, picchiando, egemonizzando lo spaccio di droga, prestando denaro ad usura e altri reati. I fuochi d’artificio sono terreno privilegiato di sfida alla comunità, di imposizione della presenza sul territorio, di segnali ben precisi. I botti, è inutile nasconderlo o far finta di nulla, sono uno dei terreni di caccia privilegiati di illegalità e abusi. E i sistemi criminali, l’abbiamo raccontato tante volte già in questi mesi, nelle crepe s’inseriscono e dilagano. Le scorse ore (e giorni) lo confermano in tutta la loro violenza e squallore.
Pescara
Il 2020 era iniziato con l’omicidio nel «Ferro di Cavallo», legato a questioni di droga. Un anno contrassegnato dai fuochi d’artificio e dal continuo violare di ogni regola da parte dei contesti criminali locali, dai gravissimi fatti di maggio legati al funerale di Campobasso, da annunci e proclami come ha sottolineato nelle scorse ore il Comitato di Quartiere «Per una nuova Rancitelli» ricordando la fiaccolata del 12 gennaio, dalla fontana presa a martellata dal sindaco «contro il degrado», da una nuova vita spezzata dalla droga, da risse, pestaggi e violenze varie, dagli attentati intimidatori contro un attivista del Comitato di Quartiere «Per una nuova Rancitelli» e l’elenco potrebbe continuare. Il sindaco Masci (Fratelli d’Italia e sostenuto anche da Lega e Forza Italia) ha emanato nelle scorse settimane un’ordinanza anti-botti. La foto di quest’articolo (scattata in pieno centro non distante dai palazzi del Comune e della Provincia), i post facebook e le altre foto che pubblichiamo documentano cosa è accaduto questa notte, cosa è stato dell’ordinanza e degli annunci. Come una persona ha commentato su facebook «sembra di stare a Gaza però senza la dignità di Gaza».
La prepotenza e l’arroganza immonde di chi non deve vedere riconosciuta neanche una minima dignità l’ha fatta da padrona. Abbiamo già documentato e denunciato per tutto il 2020 il contesto asociale e anche illegale e criminale. Al commento facebook non aggiungiamo altro se non le domande, rimaste inevase, dell’estate scorsa dell’Associazione Antimafie Rita Atria, di PeaceLink Abruzzo e di Azione Civile Abruzzo. Fino a quando continuerà questo scempio e questo sfregio? Fino a quando si vuol continuare a far finta di non vedere e girare la testa dall’altro lato?
Bari e Foggia
I sistemi criminali abruzzesi, dalla «mafia dei pascoli» sulla Marsica all’hub del narcotraffico pescarese fino alla costa vastese – le cui famiglie sono imparentate e collegate con Casamonica, Spada e altri clan romani – sono collegate e attive sulla direttrice del narcotraffico, dello sfruttamento della prostituzione, del riciclaggio di denaro, dei reati predatori e altri con la società criminale pugliese. Bari, città dove il contesto criminale nel quale i clan si consolidano e violentano il territorio arrivando anche ad intimidire, minacciare e compiere attentati (lo abbiamo raccontato nelle scorse settimane ricordando gli atti criminali contro un consigliere comunale e i nostri compagni di viaggio di «Progetto Di Vita»), il sindaco Decaro ha emanato un’ordinanza anti botti entrata in vigore il 23 dicembre.
La risposta dell’illegalità era già arrivata il primo giorno dell’ordinanza: caos in tutta la città in tanti quartieri, fuochi sparati direttamente dalle strade (pubblichiamo a corredo di quest’articolo una foto che documenta come è stata ridotto un luogo della città) e in maniera anche più massiccia del passato. Sembrava di essere a Damasco o Baghdad ha protestato sui social un cittadino. Una batteria di fuochi d’artificio è stata fatta esplodere in piazza Moro, nel cuore della città, in pieno giorno. Chiara sfida all’ordinanza di Decaro e alla collettività. «Le batterie camorristiche di Bari hanno messo a fuoco la città con botti e pistolettate che non si sentivano da due decenni. Evidentemente festeggiano i proventi di quella che è diventata la più importante città del narcotraffico del sud est italiano», le parole indignate di Leonardo Palmisano. «Ieri quello che si è visto a mezzanotte a Bari dimostra la pochezza di molti baresi che, con suoni gutturali, tra l'orango e il tacchino comunicavano tra loro per sparare botti – il commento su facebook del noto inviato televisivo Pinuccio – Mai visto tanti botti così. ma confermano, se mai ci volesse una conferma, l'impossibile rinascita di questa città, divisa tra salotti ovattati borghesi che non sentono rumori, tacchini impettiti per le strade che vivono fregandosene di tutto e politici influencer che fanno finta di non cogliere il vero problema di questa città che con la scusa del folclore vive in una perenne illegalità condita da orecchiette anche quelle dal sapore poco chiaro e con poche fatture».
Non c’è altro da aggiungere se non che parole simili si potrebbero usare per altre latitudini italiane, comprese le dormienti, conniventi, vigliacche realtà d’Abruzzo citate in quest’articolo per esempio. In questo contesto non c’era da aspettarsi nulla di diverso da quanto accaduto stanotte: sui social tantissime immagini testimoniano come dal quartiere Libertà al Murattiano, da San Pasquale alla periferia i fuochi d’artificio sono impazzati per tutta la notte, illegalità e soprusi l’hanno fatta da padroni.
Foggia
La città di Decimabis, Decima Azione e di altre imponenti operazioni contro la «Società foggiana» non è stata da meno dei comuni abruzzesi citati e di Bari. Ore e ore di esplosioni hanno scandito il passaggio al nuovo anno mentre il racket ha colpito con una bomba una pizzeria. 204 i feriti in città stanotte. Nella vicina San Severo a maggio centinaia di persone scesero in piazza per i fuochi d’artificio abusivi in onore di un boss ucciso due anni fa, si videro scene da guerriglia urbana e successivamente arrivarono anche minacce e tentativi di intimidazione per chi espresse indignazione. In quale contesto criminale mafioso avviene tutto questo, cosa può significare quanto accaduto in una realtà dove i clan stanno consolidando salti di qualità e la spinta eversiva criminale è montante è fin troppo scontata conclusione. La società civile, alcune associazioni e movimenti lo denunciano e sono attive da anni nel cercare di costruire percorsi civili, sociali e di alternativa. Mobilitazione che segnerà anche questo nuovo anno. Al contesto criminale abbiamo dedicato un focus specifico in queste settimane pubblicando le notizie di inchieste, le denunce e analisi di Leonardo Palmisano e altro, disponibile ai link che riportiamo in fondo a quest’articolo.
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