Nella confusione del momento, in un silenzio quasi totale, avvengono cose importanti.
A Taranto per esempio pochi giorni fa, i pm del Tribunale hanno notificato la conclusione delle indagini nei confronti di alcuni dirigenti dello stabilimento siderurgico Ilva in relazione alla morte di Lorenzo, un bambino di appena 5 anni, deceduto nel 2014 per un tumore al cervello.
La famiglia del piccolo aveva richiesto l’analisi di alcuni campioni organici per approfondire l’origine della malattia: da tali accertamenti è risultata la presenza di sostanze estranee nel cervello di Lorenzo, in particolare materiale di natura metallica, tracce di ferro, acciaio, zinco, alluminio.
Per la procura, quindi, Lorenzo si è ammalato ancora quando era in fase fetale a causa delle emissioni nocive della ex Ilva: l’accusa per i nove dirigenti (si parla della gestione Riva) è di omicidio colposo.
Questo, secondo i consulenti di parte, a causa della esposizione della madre durante la gravidanza alle sostanze velenose a cui sono esposti gli abitanti del quartiere Tamburi di Taranto, adiacente il sito industriale, dove a quel tempo la donna viveva e lavorava.
Ecco perché secondo l’accusa, i dirigenti Ilva ne sarebbero responsabili: avrebbero consentito scrivono i pm “la dispersione di polveri e sostanze nocive provenienti dalle lavorazioni” in alcune aree dello stabilimento.
Da questo potrebbe scaturire un ulteriore importante riscontro tra emissioni nocive e malattie soprattutto oncologiche che interessano gran parte della popolazione, molti i bambini particolarmente fragili di fronte a livelli di inquinamento tanto elevati.
Infatti, come ci spiega Alessandro Marescotti presidente della Associazione Peacelink, nonostante la notevole diminuzione di produzione di acciaio (nel 2019 sono stati prodotti 4,7 milioni di tonnellate scese a 3,4 milioni nel 2020), i livelli di inquinamento e la presenza di sostanze nocive resta pressoché invariato come negli anni precedenti caratterizzati da una produzione di acciaio quasi doppia.
Marescotti spiega che è stata effettuata una VIIAS, valutazione di impatto ambientale integrata, effettuata da un team di tecnici ed esperti scelti anche fuori regione: in base a questi rilevamenti si parla di un’esposizione della popolazione ad un “rischio sanitario inaccettabile”.
Al quartiere Tamburi, adiacente al sito siderurgico e dove ricade il grosso delle emissioni, l’inquinamento non sarebbe diminuito al diminuire della produzione ma, al contrario, il livello di alcune sostanze nocive risulterebbe lievemente aumentato.
Aria contaminata e non solo a Taranto, perchè anche i terreni risultano ormai avvelenati.
Secondo Marescotti che in base al Decreto Ministeriale del 1 marzo 2019, relativo agli interventi di bonifica e messa in sicurezza delle aree agricole e destinate all’allevamento, il limite per bonificare è fissato a 6 nanogrammi per chilogrammo di terra.
Ma allo stato attuale, essendo il livello di contaminazione dei terreni di Taranto destinati al pascolo leggermente inferiore a quello fissato nel decreto, questi terreni non rientreranno nella bonifica, pur restando il divieto di pascolo per contaminazione del bestiame. Una vera e propria assurdità.
Una situazione tragica quella di Taranto che è da tempo sotto gli occhi di tutti; ma la politica non trova soluzioni, parla di economia verde e nuove produzioni, ma fondamentalmente non offre risposte.
E mentre il futuro della siderurgia è sempre più incerto, così come precaria è la posizione degli operai di Taranto, le istituzioni non prendono posizione, ma preferiscono tenere un basso profilo anche alla luce delle pesanti accuse dei pm in merito alle cause che avrebbero portato alla morte del piccolo Lorenzo.
I cittadini di Taranto, nonostante il silenzio delle Istituzioni a livello sia locale che nazionale, continuano a denunciare la drammatica situazione sanitaria e ambientale che vive la città.
Mentre settimanalmente continua l’invio di una lettera al Premier Conte (firmata da quasi 8000 cittadini e da 72 associazioni) e che può essere sottoscritta al link, l’Associazione Genitori Tarantini ha deciso di convocare, a partire da domani, domenica 24 gennaio, incontri pubblici nei luoghi aperti della città alla presenza di esperti, medici, tecnici e giornalisti, dove ognuno potrà raccontare la propria esperienza e ribadire ancora una volta il diritto alla salute che da troppo tempo a Taranto è assolutamente violato.
In questi giorni, dopo una fermata di quasi 10 mesi, la produzione riparte con un solo forno. Il 2020 si è chiuso con 3,4 milioni di tonnellate, un risultato molto lontano dagli 8 previsti in pieno regime.
Si torna quindi a produrre.
Si torna quindi ad avvelenare Taranto.
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2021-01-23 19:42:00
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