La Corte di Assise di Taranto ha pronunciato oggi la tanto attesa sentenza sul processo Ambiente svenduto: 47 gli imputati, 44 persone fisiche e tre giuridiche. Tutti pesantemente condannati dopo cinque anni di procedimento e tredici giorni di camera di consiglio. Sono 900 le persone che si sono costituite parte civile. La richiesta di risarcimento sfiora i 30 miliardi di euro.
Una vera e propria “cupola” - secondo i magistrati – quella che, per anni, ha gestito lo stabilimento Ilva, i cui proprietari, nella persona dei fratelli Fabio e Nicola Riva, sono stati condannati rispettivamente a 22 e 20 anni di reclusione. Condanne pesanti anche per consulenti, dirigenti, soggetti preposti al controllo e politici.
Spicca su tutti il nome dell'ex presidente della regione Puglia Nichi Vendola al quale il Tribunale ha inflitto una condanna a tre anni e sei mesi, mentre di 21 anni e sei mesi è la condanna per Girolamo Archinà all’epoca responsabile dei rapporti istituzionali.
Le accuse vanno dal disastro ambientale alla associazione a delinquere, dall’avvelenamento di sostanze alimentari all'omissione dolosa di cautele sul luogo di lavoro. Una condanna quindi all’intera gestione dello stabilimento da parte del gruppo Riva.
Dopo anni di battaglie, ricorsi, manifestazioni, ma soprattutto dopo tanto dolore e numerosissime vittime innocenti, oggi i cittadini di Taranto possono finalmente vedere, scritto nero su bianco, quello che da troppo tempo denunciano ad istituzioni locali e nazionali: e cioè che è reale il disastro ambientale provocato dall’emissione di sostanze nocive sparse nel cielo di Taranto dal sito siderurgico che tanta sofferenza ha causato, e sta causando, agli abitanti.
Oggi finalmente tutto questo ha un nome e cognome: quello dei responsabili. La politica del profitto a tutti i costi, della produzione sempre e comunque, del diritto al lavoro visto come merce di scambio e arma di ricatto, non ha ragione d’essere. Un territorio devastato quello di Taranto, una popolazione che vede morire uno dopo l’altro i propri figli dopo anni di malattie e sofferenze, un inquinamento che trasforma il latte materno in veleno e che fa nascere neonati con tracce di materiale ferroso nel cervello, come hanno drammaticamente evidenziato gli esami sui bambini tarantini vittime di tale scempio: eppure tutto questo non ha fermato una produzione industriale oramai obsoleta e superata. Fino a questa mattina.
Oggi, finalmente, la magistratura, con un lavoro certosino e puntuale, ha dato ragione ai cittadini di Taranto che non hanno mai smesso di lottare. Oggi, finalmente, questa sentenza fa chiarezza e prova a dare un po’ di giustizia alle famiglie che piangono le tante creature strappate alla vita dal mostro siderurgico. Non esiste condanna per colmare la sofferenza delle vittime e dei loro famigliari, ma queste condanne sanciscono finalmente il diritto fondamentale alla salute e ad un ambiente salubre.
Un primo importantissimo tassello in un percorso ancora lungo e che sicuramente riaccenderà una discussione su Taranto mai sopita.
L’ex governatore della regione Nichi Vendola, condannato per concussione in quanto avrebbe (secondo l’accusa) esercitato pressioni sul direttore dell’Arpa di allora per far ammorbidire i risultati dei controlli sulle emissioni nocive del sito siderurgico, parla di “una giustizia che calpesta la verità” di “una mostruosità giuridica” e di una “giustizia gravemente malata” annunciando ricorso contro la sentenza.
Abbiamo raggiunto al telefono Massimo Castellana (nella foto in alto) dell'associazione Genitori Tarantini che da anni sta lottando per tutelare i bambini, vittime fragili e innocenti di una politica scellerata e delinquenziale.
«Siamo soddisfatti, i giudici hanno riconosciuto il grandissimo lavoro dei magistrati tarantini dando delle condanne esemplari per quello che è avvenuto a Taranto dal 1995 al 2012 sotto la gestione Riva. Siamo felicissimi. La condanna più alta è stata inflitta a Fabio Riva che in una intercettazione telefonica disse: "DUE TUMORI IN PIU’ AL MESE COSA VUOI CHE SIANO, UNA MINCHIATA". Ecco ora noi possiamo rispondere a Fabio Riva dicendo: 22 anni di reclusione cosa vuoi che siano, una minchiata!.
Quando la giustizia, che è sempre rimasta ai confini di questo territorio – continua il portavoce della associazione Genitori tarantini- rientra nel territorio, è sempre una buona notizia. Tutto questo è costato parecchie morti, parecchi bambini che non ci sono più. Ma oggi è una ritrovata giustizia anche per loro.»
La sentenza prevede tra l’altro la confisca dell’area a caldo dell’impianto per disastro ambientale, così come richiesto dal pubblico ministero.
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2021-05-31 17:17:39
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