«Siamo felici che l'interrogazione parlamentare con le nostre segnalazioni abbia avuto seguito per rendere concreta la pulsione di legalità vera e unica alternativa alla criminalità organizzata. Siamo fortunati e contenti per quello che abbiamo fatto in questi anni e siamo consapevoli che c’è da fare tanto. Noi continueremo ad andare avanti senza mai arretrare e senza paura perché la legge fa sempre il suo corso». Queste le parole utilizzate da Adriana Colacicco e Gerardo Gatti sulla interrogazione parlamentare presentata dal Movimento 5 stelle sul contrasto alla diffusione di giochi e videogiochi che inneggiano alla criminalità organizzata di tipo mafioso. Un intervento relativo anche alla rimozione dei contenuti sui social network.
Ecco l'interrogazione presentata dai deputati Ascari, Mariani, Martinciglio, Nappi e Barbuto (M5s), rivolta al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell’interno, al Ministro dello sviluppo economico e al Ministro della giustizia.
Premesso che: da tempo sono in circolazione sul mercato, nei negozi ludici e store online, giochi da tavola e videogiochi che inneggiano alla criminalità organizzata di tipo mafioso;
tra questi, a titolo esemplificativo si citano i prodotti «Mafia city», «Mafia empire», «Mafioso: giochi di gangster», «Gioco della mafia», «City mafia gods», «Mafia families» e «Narcos: cartel wars»; in questi giochi, dai contenuti espliciti e violenti, i giocatori vestono il ruolo di sanguinari personaggi criminali che si sviluppano, a seconda del gioco, in scenari spesso sanguinari di supremazia mafiosa;
questi giochi, dunque, sembrerebbero restituire ai giocatori, spesso giovani e giovanissimi, visioni distorte della mafia e del suo ruolo all’interno della società, con potenziali ripercussioni ancora del tutto da verificare nella vita reale;
è evidente, dunque, il carattere diseducativo di questo tipo di prodotti che, banalizzando la gravità della criminalità organizzata e trasformando in oggetto ludico il metodo mafioso, rischiano di alimentare l’inconsapevolezza su questo fenomeno e incoraggiare eventuali comportamenti violenti e diffusi;
collegato al diffondersi di questi giochi che potrebbero alimentare il concetto di mafia come positività e favorire il rischio di emulazione, potrebbe essere il diffondersi di pagine del social network Facebook in cui si inneggia a padrini mafiosi defunti, come denunciato da Adriana Colacicco e Gerardo Gatti, del Progetto di Vita, che ha documentato l’esistenza di pagine inneggianti a Matteo Messina Denaro e alla Sacra Corona Unita –:
se il Governo sia a conoscenza dei gravi fatti sopra esposti e quali iniziative di competenza, anche normative, ritenga opportuno adottare affinché sia evitata la diffusione e la vendita sul libero mercato dei giochi e videogiochi di cui in premessa, disponendone anche l’immediato ritiro, in quanto gli stessi rischiano di incitare all’odio e alla violenza mafiosa e di alimentare comportamenti mafiosi e di sostegno alla criminalità organizzata; quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere al fine di garantire che, anche nell’ambito dei social network, come ad esempio Facebook e non solo, sia attivata, d’intesa con le società che li gestiscono, un’attenta attività di controllo delle pagine social, al fine di rimuovere prontamente tutti i tipi di contenuti che inneggiano alla criminalità organizzata di tipo mafioso.»
La risposta del ottosegretario all’Interno, Carlo Sibilia:
«In merito alla tematica della vendita di videogiochi evidenziata dalla deputata interrogante, è stata presentata una proposta di legge, l’atto Camera n. 1866, recante “Introduzione dell’obbligo di classificazione dei videogiochi e disposizioni concernenti la loro diffusione e vendita, per la tutela dell’integrità psico-fisica e morale dei minori”. Posto che attualmente non c’è una specifica normativa che disciplini la materia, lo scopo della predetta proposta di legge è quello di introdurre nel nostro ordinamento una regolamentazione della diffusione e della vendita di videogiochi destinati ad un pubblico adulto, al fine di tutelare i minori nell’utilizzazione degli stessi, anche attraverso il recepimento del sistema di classificazione PEGI, Pan European Game Information, nato su impulso della Commissione europea e adottato da molti Stati membri.
Quanto al controllo dei social network, ai gestori dei siti Internet e delle piattaforme, nonché alla rimozione dei loro contenuti, segnalo che il decreto legislativo del 9 aprile 2003, n. 70, emanato in attuazione della direttiva europea sul commercio elettronico, la n. 2000/31/CE, non prevede per i provider né l’obbligo generale di sorveglianza ex ante, né l’obbligo di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite. La stessa normativa, tuttavia, impone ai provider di informare prontamente le autorità competenti degli illeciti rilevati e di condividere con esse ogni informazione utile a identificare l’autore della violazione; in caso di mancata collaborazione, gli stessi provider sono civilmente responsabili dei danni provocati.
Sul piano dell’azione di contrasto alle tematiche a cui si riferisce la deputata interrogante, esse sono da tempo all’attenzione del Ministero dell’Interno, impegnato anche sul fronte della prevenzione delle forme di violenza esercitate in rete, nella piena consapevolezza della necessità che i minori, ma anche tutti coloro che sono chiamati a concorrere alla loro educazione, siano resi più pienamente consapevoli delle insidie che possono scaturire da un uso poco accorto della rete. Mi preme sottolineare come, in tale contesto, il Ministero dell’Interno sia costantemente impegnato con l’attività svolta dal servizio di Polizia postale e delle comunicazioni, cui sono attribuiti la prevenzione ed il contrasto di ogni forma di pericolo e di violenza ai danni dei minori, perpetrati sulla rete. Prevenzione e contrasto si realizzano attraverso un attento e continuo monitoraggio, 24 ore su 24, della rete, realizzato dagli operatori del predetto servizio, che promuove anche l’uso legale e sicuro delle nuove tecnologie.
A seguito della riscontrata presenza sulla rete di contenuti penalmente rilevanti, gli uffici della predetta specialità interessano l’autorità giudiziaria territorialmente competente, ai fini della loro rimozione, che, tuttavia, è condizionata all’accoglimento di una richiesta inviata alle società che gestiscono i social network, che spesso hanno la propria sede o i propri server in Stati esteri, con una normativa di riferimento meno stringente rispetto a quella italiana. Attraverso il costante monitoraggio della rete e l’approfondimento mirato delle segnalazioni ricevute, la Polizia postale e delle comunicazioni prevede anche la tempestiva creazione di specifici alert pubblicati sul sito del commissariato di pubblica sicurezza online, mediante il quale vengono fornite le informazioni sui rischi di tali pratiche e delle conseguenze, anche gravissime, che possono avere sulla salute dei ragazzi.
Oltre al monitoraggio continuo della rete, la Polizia di Stato è da tempo impegnata anche nell’ideazione e nella realizzazione di specifiche campagne di sensibilizzazione orientate ai più giovani, alle famiglie e al mondo della scuola. In particolare, segnalo un’innovativa campagna di sensibilizzazione contro il disagio giovanile, denominata Progetto “Blue Box”, con l’obiettivo di sensibilizzare familiari e insegnanti a riconoscere gli eventuali segnali di malessere giovanile e di fornire indicazioni utili per un corretto utilizzo del web e dei social network. Il progetto prende il nome dalle cassette blu, come il colore istituzionale della Polizia di Stato, che sono state collocate nei luoghi frequentati dagli studenti per raccogliere segnalazioni, anche anonime, suggerimenti o richieste di aiuto da parte dei ragazzi. In tale ambito, le questure hanno organizzato una serie di eventi presso i luoghi di incontro e aggregazione giovanile o presso le scuole, allo scopo di stabilire un contatto di fiducia con i minori proprio per mettere in luce i pericoli del web e fornire consigli utili.»
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2021-06-21 16:07:32
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