"Là dove si bruciano i libri si finisce per bruciare anche gli uomini"
Il nazionalsocialismo era salito al potere solo pochi mesi prima, nel gennaio ’33, ma la trasformazione della democratica Repubblica di Weimar alla dittatura nazista che si sarebbe poi sublimata nella proclamazione del Terzo Reich fu velocissima. Da un punto di vista culturale e propagandistico, enorme importanza ebbe la campagna condotta da un'organizzazione studentesca nazista e supportata dal ministro Goebbels contro “la corruzione giudaica della letteratura tedesca”, “per eliminare con le fiamme lo spirito maligno del passato".
In sostanza, si trattò dell’inizio ‘ufficiale’ e sistematico della censura di Stato nazista sulla produzione artistica e letteraria tedesca, che colpì teorici del marxismo, sostenitori della Repubblica di Weimar e critici del nazismo, pacifisti e antimilitaristi, ma anche opere che nulla avevano a che fare con questi temi e semplicemente non si confacevano all’ideale di purezza razziale e politica nazista, come gli scritti di Albert Einstein.
Le Bücherverbrennungen, questo il termine tedesco, ebbero luogo nella primavera e nell’estate del 1933 in varie città della Germania, ma il rogo di libri più famoso e partecipato fu quello messo in atto il 10 maggio a Berlino, in Opernplatz, durante il quale furono bruciati circa 25mila volumi di fronte a una folla di almeno 40 mila cittadini festanti.
La frase in apertura è attribuita al poeta tedesco Heinrich Heine. Anche se le sue opere furono vittime delle Bücherverbrennungen.
Oggi, in Opernplatz sorge un memoriale sotterraneo realizzato nel 1995 dall'artista israeliano Micha Ullman.
Per approfondire:
J. Rose (a cura di), Il libro nella Shoah, Milano, Sylvestre Bonnard, 2003.
fonte: ANED – Associazione Nazionale ex Deportati nei Campi nazisti
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2022-05-10 15:07:27
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