Operaia alle ‘Baroncini’, dove si occupava di produrre candele di aerei, Luigia lascia il lavoro dopo l’armistizio dell’8 settembre ‘43 per unirsi alla Resistenza insieme al fratello Sandro: lui si sposta in Veneto con le prime formazioni combattenti, lei diventa staffetta a Bologna.
Sospettando di essere stata riconosciuta da un milite fascista, si fa trasferire a Parma. Qui continua la sua attività partigiana, ma, a seguito di una delazione, è arrestata e rinchiusa nel carcere cittadino di San Francesco.
È ripetutamente e lungamente torturata e minacciata di morte, per poi essere trasferita a Verona, dove viene processata e condannata a 30 anni di carcere da scontare ai lavori forzati, ovverosia in un lager nazista.
Luigia Badiali è dunque deportata a Bolzano e poi caricata sui vagoni piombati che la trasportano al campo femminile di Ravensbrück. Qui rimane dall’autunno ’44 al febbraio ’45, quando inizia la ‘marcia della morte’ verso Praga, dove le poche centinaia di superstite sono liberate dall’arrivo dell’Armata Rossa.
Per le sue condizioni di salute, Luigia necessita di essere ricoverata fino al luglio ’45, e solo allora può finalmente tornare a casa.
Per approfondire:
L. Bergonzini, La Resistenza a Bologna, vol. 5, Istituto per la Storia di Bologna, Bologna, 1980.
ciportanovia.it, banca dati della deportazione bolognese: http://www.ciportanovia.it/index.php?route=product/product&product_id=20000001
fonte: ANED – Associazione Nazionale ex Deportati nei Campi nazisti
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2022-05-11 16:25:20
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