Bruno Caccia era nato e cresciuto a Torino, dove lavorava come impiegato e studiava alla facoltà di ingegneria. Aveva solo 18 anni alla data dell’8 settembre ’43, che sancì il passaggio dell’Italia al campo Alleato e, di conseguenza, la nascita delle prime formazioni partigiane che si opponevano all’occupazione nazista e allo Stato fantoccio di Salò, ma, nonostante la giovane età, Bruno non ebbe dubbi: chiamato alle armi dalla Repubblica Sociale, non si presenta e prende la via dei monti, unendosi alle formazioni di orientamento cattolico nella zona del Gran Dubbione, nella provincia del capoluogo piemontese.
Col nome di battaglia di ‘Brunin’, Caccia diventa comandante di distaccamento, ma cade vittima di un rastrellamento tedesco.
Rinchiuso nel lager di Bolzano, è poi deportato a Dachau e assegnato al sottocampo di Mühldorf. Qui, il 14 marzo 1945, Bruno Caccia è arso vivo nel forno crematorio. Aveva solo 19 anni.
Oggi una lapide, posta dalla Democrazia Cristiana, lo ricorda in via Vinziglio, 12, dove risiedeva.
Per approfondire:
F. Caccia, Parlo di mio fratello, in Liberazione. Documentario della lotta clandestina e partigiana, settembre 1943 – maggio 1945, Torino, Quaderni del “Popolo Nuovo”, 1945.
fonte: ANED – Associazione Nazionale ex Deportati nei Campi nazisti
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2022-05-16 22:22:57
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