«Sai contare? Sai camminare? Contare e camminare insieme lo sai fare?» chiede l’attore che interpreta Peppino Impastato nel film “I Cento Passi”. Siamo al 5 giugno, un giorno triste e vibrante, emozionante e commovente per migliaia (forse milioni) di persone in Italia e negli angoli più lontani ed emarginati d’Europa. Un 5 Giugno la vita ci donò Dino Frisullo, un 5 Giugno ce lo strappò dolorosamente. L’anno prossimo saranno vent’anni dalla scomparsa di Dino ma innumerevoli e sempre vivi restano «ricordi forti e belli», riprendendo una sua frase.
La domanda del film “I Cento Passi” per Dino aveva una duplice risposta: un si e un no. Perché Dino ha camminato tutta una vita, percorrendo i sentieri più polverosi e dilaniati, i più difficili e sofferenti. Ha camminato con le vittime, tutte le vittime, gli ultimi, gli emarginati, fino ad esserne parte integrante. Dino è stato (ed è e lo resterà per sempre) kurdo, migrante, senzatetto, pakistano, palestinese, ha camminato così tanto con le scarpe e sui passi che la sua vita è stata la vita delle vittime, degli anawin, di coloro che non avevano voce. Dino Frisullo c’era sempre e non se non c’era stava arrivando. E nel frattempo era nell’unico posto in cui poteva essere, nella lotta (quotidiana, instancabile) per la sopravvivenza e contro qualche – piccola o grande – ingiustizia che stava subendo un perseguitato, una vittima, un emarginato di questa società. Perché Dino, e quale veniamo alla seconda domanda del film, mentre camminava con contava. 100-1000-1.000.000 di passi? Quanti ne avrà percorsi? Quanti ne percorreva ogni giorno? Non lo sapremo mai così mai l’ha saputo lui. Perché c’era sempre un passo in più a cui lui non disse mai di no, c’era sempre un’altra persona, un’altra lotta, un’altra denuncia, un’altra indignazione che lo chiamava. E lui rispondeva sempre presente, si precipitava. In una staffetta folle e disperata, come fu definita i giorni della sua scomparsa terrena, in cui correva così tanto da esserci prima ancora di esser chiamato, prima ancora che si perpetrasse il marcio vigliacco, che l’ingiustizia arrivasse.
In questi giorni, forse più che in tanti altri del calendario, si sente la mancanza carnale di Dino e pensieri come «cosa avrebbe detto oggi? Cosa avrebbe fatto oggi?» irrompono copiosi. Cosa farebbe e direbbe oggi non possiamo saperlo ma sappiamo, scolpito nella memoria e nel cuore, cosa ha detto e fatto nei decenni in cui si è donato. Un patrimonio e una storia così immensi che in realtà non si sono interrotti quel maledetto 5 giugno 2003, che non sono confinati al passato. Ma debordano, strabordano, inondano ancora oggi. Dino Frisullo in questi oltre due anni ci ha accompagnato, è stato tante volte per noi bussola e stella polare, ci siamo lasciati guidare dai suoi scritti, dalle sue denunce, dalle sue riflessioni, dalle sue battaglie. Che non sono passato ma presente vivo.
Cercando di continuare a camminare con lo sguardo delle vittime, oggi e nei prossimi giorni vogliamo ricordarlo riproponendo alcuni articoli di questi oltre due anni. Su quanto sta accadendo in Libia, sul regime mafioso criminale che Italia ed Europa hanno creato e stanno alimentando, sul sistema di guerra permanente, sulle vittime sempre più vittime e schiacciate dall’ingiustizia, sul ras della «Guantanamo del Salento» sempre in auge, assiso alle più alte sfere clericali in Moldavia dopo che lo Stato Italiano lo ha sempre foraggiato, sostenuto e ne è stato complice. Lo Stato che, nonostante condanne definitive, mai ha estradato i colpevoli della strage di Natale 1996, della «holding degli schiavisti» che ha assassinato e sfruttato e sui cui crimini (anche su di loro, sull’omertà e la complicità d’alto livello) è stata forgiata la «Fortezza Europa». Sollevando indignazioni e mobilitazioni (sempre più deboli e sempre meno siamo rimasti) fino a non molti anni fa. Indignazioni e mobilitazioni che devono proseguire, senza mai acquietare la coscienza.
Albania-Italia e quel naufragio di 23 anni fa
Sono arrivati in Italia 30 medici albanesi per aiutare la lotta dei colleghi italiani contro il covid19, nelle stesse ore anche nel 1997 sull’informazione italiana irruppero collegamenti tra Albania e Italia ma all’epoca fu una delle più grandi tragedie dell’immigrazione: la strage del Venerdì Santo della Kader i Radesh.
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Dino Frisullo, guardare il mondo con gli occhi delle vittime
«Ecco il mio testamento, il testamento di un comunista. Avido di conoscenza e d'amore, vissuto e morto povero e curioso» «Lascio fiumi di parole dette e scritte spesso con rabbia, raramente con saggezza, in malafede mai, un mare di parole che già evapora al vento rovente del tempo. Lascio a chi vorrà raccoglierlo, il testimone del mio entusiasmo, nella folle staffetta mozzafiato -volgendomi indietro dopo vent'anni non so più se ho corso da solo».
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Gino Strada e la fortezza disumana e guerrafondaia del grande Gendarme
I riflettori mediatici e politici tornano sull’Afghanistan, dopo vent’anni di silenzi, omertà e vergognoso disinteresse. L’Afghanistan, l’interesse strumentale e parziale in maniera nauseante, di Europa e Stati Uniti dimostra quanto il “villaggio globale” sia unico: c’è quello dei ricchi e potenti e c’è quello sterminato delle vittime, delle guerre, dell’impoverimento, dello sfruttamento.
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Claudio Lolli, Dino Frisullo, il mondo vero degli ultimi e la falsa incoscienza della borghesia
Afghanistan, gestione emergenza sanitaria, mafie di Latina e Foggia e sodali politici. C’è un filo rosso di pre-potenti, vigliaccheria e squallide consorterie che li unisce insieme a tante altre situazioni del Paese sporco dalle pozze sempre più putrescenti.
Siamo in guerra mentre milioni sognano umanità
Un altro mondo forse è possibile, questo è sicuramente impossibile. Dominato da guerre, traffico di armi, violenze, abusi, stupri, lager. L’infinita guerra afghana torna a presentare il conto ma, ancora una volta, le squallide cancellerie del Potere pretendono lo paghino le vittime e non i carnefici, gli oppressi e non gli oppressori.
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La strage fantasma per troppi anni e senza giustizia per sempre
PRIMA PARTE. La notte tra il 25 e il 26 dicembre 1996 avvenne una delle prime grandi stragi dell’immigrazione, documentata e denunciata per anni da Dino Frisullo e pochi coraggiosi. Negata per troppi anni sull’altare delle politiche italiane ed europee, una strage che ancora oggi parla e grida alle coscienze. Per chi ce l’ha.
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«Vittime di giochi di potere»
SECONDA PARTE. Presa di posizione dell’Associazione Antimafie Rita Atria dopo la liberazione dei 18 pescatori di Mazara del Vallo, vittime della geopolitica, della guerra tra bande in Libia e degli interessi delle «potenze» contrapposte. E degli stessi meschini e vigliacchi interessi politici che ventiquattro anni cercarono di rendere invisibili le vittime della «strage di Natale».
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«Fino a quando l’Italia e l’Europa vogliono continuare a sostenere certi criminali?»
TERZA PARTE/Il pesante interrogativo posto dall’Associazione Antimafie Rita Atria dopo le testimonianze delle torture in Libia da parte dei 18 pescatori di Mazara del Vallo rapiti per oltre 100 giorni e liberati pochi giorni prima di Natale.
Libia. In Tripolitania «l’Europa sta costruendo un regime mafioso»
QUARTA PARTE. Le denunce di Nancy Porsia, Nello Scavo e pochi altri coraggiosi illuminano traffici e reti, che coinvolgono anche la Malta corrotta e mafiosa denunciata da Dafne Caruana Galizia.
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Ventiquattro anni di complicità con mafie e torturatori
QUINTA PARTE. I pescatori di Mazara del Vallo liberati hanno testimoniato la realtà criminale disumana dei centri di detenzione in Libia, centri gestiti da boss e milizie mafiosi e sostenuti da fondi e mezzi europei ed italiani. Europa e Italia che tacciono, esattamente come ventiquattro anni fa cercarono di rendere invisibile la strage di Natale. E il complesso affaristico-mafioso denunciato allora da Dino Frisullo.
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Guerra in Ucraina, nel paese senza memoria rispunta il [lo]deserto dei diritti dei migranti
Il [lo]deserto dei diritti dei migranti, i lager e la censura su Mare Nostrum
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Le condanne e le denunce del [lo]deserto dei diritti dei migranti
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2022-06-05 15:29:01
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