«Stiamo assistendo su Caivano all'ennesima guerra tra coloro che hanno deciso da tempo di scendere in campo contro la criminalità organizzata. Prima di combattere la criminalità, da anni, alcuni soggetti si combattono tra di loro». Comincia così la nostra intervista con il testimone di giustizia Gennaro Ciliberto. Tra poche ore, come accade da sempre nel Paese senza memoria, si spegneranno i riflettori su un pezzo di territorio in cui lo Stato ha deciso di non essere presente da anni. Il copione è sempre lo stesso. Per settimane (poche) si parla in continuazione di una tematica e poi, quasi per incanto, il clamore rientra. Gli slogan, le passerelle e i proclami nel Paese, che non ha nessuna intenzione di combattere le mafie con gli strumenti adeguati, si sprecano. "Panta rei", tutto scorre placidamente. In queste ore molti (classe dirigente e sistema dell’informazione) hanno dimostrato la loro “preparazione” sui problemi di Caivano. Tutti "filosofi" e "professori", a parole. Tutti espserti, del nulla. Abbiamo dovuto attendere un nuovo dramma (lo stupro) per accorgerci dello stato di degrado esistente in quella località. Ma non solo in quella!
Ne abbiamo parlato con il testimone Ciliberto che da anni denuncia la presenza asfissiante della camorra (e, quindi, l’assenza dello Stato) nel famoso “Parco Verde”.
«Non credo faccia bene il confronto acceso tra lo scrittore Saviano e il parroco don Patriciello, una discussione molto delicata. In questo momento non servono le polemiche, quello che serve per la popolazione di Caivano è analizzare seriamente le problematiche».
Quali sono?
«La più grossa è proprio quella che per decenni, a Caivano, nessuno mai se n'è fregato di dare dignità, di dare decoro e di portare la cultura della legalità nel “Parco Verde”. Voglio dire al presidente De Luca, che si è recato a Caivano per prendersi un caffè, che la guerra è tra camorristi, per la gestione della piazza di spaccio e, sicuramente, mai nessun delinquente oserebbe attaccare un presidente di Regione. Anche la stesa, fatta qualche giorno fa, dove Don Patriciello ha dato questo grido d'aiuto – che noi avevamo già documentato e scritto (sulle nostre colonne di WordNews.it, nda) – non è una minaccia diretta al parroco, ma è una guerra per conquistare le piazze di spaccio. Il “Parco Verde” di Caivano, forse la seconda piazza di spaccio più grande d’Europa, è un business che non si può fermare. Tutto ciò che ha portato al clamore Caivano è partito dalla violenza subita da quelle ragazze e ha dato molto fastidio alla camorra, proprio perché quell'attenzione mediatica ha portato ad una reazione. Ma la domanda sorge spontanea».
Prego.
«Com'è possibile che in più blitz, dove vengono impegnati centinaia di uomini, ingenti carichi di droga non vengono sequestrati? Ma la droga viene depositata al “Parco Verde” o in questo momento, in qualche città confinante, si è aperta un’altra piazza di spaccio, dove i camorristi stanno facendo affari, nel silenzio più totale?».
Basta la sola repressione per cambiare culturalmente un territorio?
«Sicuramente la repressione è uno dei tanti elementi che possono portare al cambiamento ma non esiste soltanto Caivano. Non dobbiamo dimenticare che, per anni e anni, le “Vele” di Secondigliano, quando c’era il clan Di Lauro, erano il luogo dove si registravano sanguinosi attentati, uccisioni di persone innocenti, piazze di spaccio a cielo aperto, persone che si drogavano e morivano per strada. A Secondigliano non è bastata solo la repressione, anche se oggi la mentalità criminale ha avuto un'evoluzione».
In che senso?
«Nel senso che l'età delinquenziale si è abbassata talmente tanto che, purtroppo, quando la scuola viene a mancare come Istituzione e di presidio sul territorio ci ritroviamo, come abbiamo più volte detto, più giovani soldati della camorra. Non ci dimentichiamo che la stesa, sparare come atto imitatorio, è un gesto di prepotenza, di sfida nei confronti di un altro clan. La minaccia, l’intimidazione, invece, viene fatta direttamente alla persona che si vuole minacciare. Quella stesa a Caivano è la prova che qualche clan di qualche altro paese stia conquistando le piazze di spaccio. I veri boss di camorra sono scappati, perché in questo momento l'attenzione mediatica su Caivano è alta».
In passato diversi suoi riferimenti sono stati fatti sulle abitazioni abusive a Caivano. Don Patriciello ha dischiarato (Ansa Campania): “Attenzione, è vero che ci sono queste abitazioni occupate in maniera abusiva però la metà di questi abusivi sono anche persone perbene, che hanno bisogno di un'abitazione”.
«Non è così, non è così. Il racket delle case abusive viene gestito direttamente dalla camorra. Buttare la porta a terra, minacciare un legittimo assegnatario non è da brave persone, ma don Patriciello cosa sta dicendo? Cosa sta dicendo? Noi parliamo di case occupate…».
Ha parlato di “necessaria distinzione”.
«Ma non possiamo fare nessuna distinzione. Non stiamo parlando di una persona che si è costruita la casa abusiva sul suo pezzo di terreno e ha fatto una casa per necessità. Stiamo invece parlando di una persona che è consapevole che in quell'alloggio ci sia un legittimo assegnatario: sfonda la porta, si mette all'interno e se il legittimo assegnatario prova a vantare il suo diritto a questa assegnazione viene pure minacciato. Cosa dice don Patriciello? Ma perché don Patriciello riesce a fare un censimento di chi sta in quelle case? La camorra, quando mette le persone in queste case abusive, gode di un senso di riconoscenza, oltre al racket. Una persona perbene non si sognerebbe mai di buttare a terra una porta per mettersi all'interno, nonostante tutte le necessità. Queste sono intere zone franche. Come Caivano ci sta Somma Vesuviana, come Somma Vesuviana ci sta Afragola. Sono zone dove ci sono allacci abusivi di energia elettrica, non pagano tasse, vivono in totale illegalità, c’è prostituzione».
E lo Stato?
«Lo Stato ha permesso di realizzare zone franche e adesso si svegliano tutti e dicono: “cambiamo, puliamo. Ma da dove possiamo iniziare?”. Se don Patriciello conosce la formula magica ce la dica. In questo momento va fatto un censimento totale di quante persone realmente vivono, di chi vive in quelle case. Abbiamo avuto esperienza e contezza, negli anni, che le armi e la droga si devono trovare anche nelle case degli insospettabili. Allora cosa dobbiamo dire a don Patriciello che la gente non è più omertosa ma è complice di un sistema criminale? Non potendo avere più sussidi dallo Stato è autorizzata a delinquere? Questo no. C'è anche una dignità nella fame, c'è anche una dignità che preclude dal delinquere. È una scelta di vita. Sicuramente nel “Parco Verde” ci saranno delle brave persone ma è un numero così esiguo che realmente si possono contare sulle dita di una mano».
Per Saviano è stata sceneggiata, un blitz che non è servito a nulla.
«Non posso non essere d'accordo con Saviano. Per l'impiego degli uomini fatto in quella zona è come se avessero fermato una macchina trovando droga e proiettili. È impossibile. Allora o Caivano non c'è più droga e non ci sono più armi o tengono tutto ben nascosto. E non voglio minimamente pensare che le forze dell'ordine non siano capaci di scovare i nascondigli di questi camorristi. Questo lo voglio escludere. O tutte le partite di droga e tutte le armi sono state spostate, in tempo, da Caivano, perché si aspettavano questi blitz. C’è stata tanta di quella passerella che si aspettavano una reazione da parte dello Stato».
La Meloni ha affermato: “alla camorra risponderemo colpo su colpo”.
«Se è la stessa promessa fatta sulle accise della benzina penso che il premier tra qualche mese si sarà dimenticata. Mandare 25, 30 poliziotti a un commissariato come aggregati, quindi non come struttura stabile, significa che fra qualche mese, quando si sarà abbassata l'onda mediatica, perché adesso vanno girando come le "madonne pellegrine" da Porta a Porta alle altre televisioni, fanno quasi a gara per andare in televisione, ritornerà di nuovo la solita volante sporadica, con i turni che non si riescono a coprire, con le macchine che sono messe in mal modo, con la carta delle fotocopiatrici che mancherà. Il discorso è sempre lo stesso: ci sono un sacco di strutture abbandonate, ci sono un sacco di strutture confiscate inutilizzate e ci sono progetti per costruire nuove carceri. Però il ministro Nordio (alla Giustizia, nda) dice che non è possibile costruire nuove carceri. Questa politica ballerina lascia il tempo che trova. Oggi parlano i fatti. Ben venga un'azione di controllo sul territorio di Caivano, il tempo ci dirà quanto durerà e cosa porterà. Si deve intervenire sulla cultura. Gli assistenti sociali, a Caivano, possono diffondere un report, possono darci dei dati per capire quante persone in età scolastica non vanno a scuola, di quanti interventi hanno fatto, di quanti giovani hanno i genitori in detenzione e vivono allo sbando. Gli assistenti sociali, a Caivano, ci sono o non ci sono?».
Cosa dovrebbe fare lo Stato su quel territorio? Quale dovrebbe essere l'impegno reale di uno Stato presente?
«Il buon esempio. Noi abbiamo avuto, per anni, una politica che, grazie a determinati magistrati, è stata scoperta collusa con i clan della camorra. Un giro di voti che venivano dati in cambio di situazioni di vantaggi, tra cui anche le case popolari. Non ci dimentichiamo che molti insediamenti popolari sono frutto dei danni del post terremoto e voluti in determinate zone. In determinati paesi insediamenti di case popolari non ce ne sono perché il politico dell'epoca non le ha volute. La classe politica ha generato questo malessere».
In che modo?
«Ha incrementato questo cancro e, oggi, le dimensioni sono molto grandi. Continuiamo a puntare i riflettori su questa camorra stracciona, su questa camorra di morti di fame. Ma c'è un livello più alto. C'è un livello molto più sottile ed è quello che muove milioni di euro. Per comprare la droga servono soldi e spesso ci sono dei finanziatori occulti, che investono proprio in questo traffico. Il legislatore deve inasprire le pene, deve dare la percezione al popolo che chi sbaglia paga. Oggi in Italia questa percezione non c'è. Esiste una percezione massima di insicurezza. I 400 poliziotti, finanzieri e carabinieri che sono stati mandati a Caivano sono stati tolti da altre zone. Perché le assunzioni non ci sono. Questo è il gioco delle tre carte. Oggi è il momento di Caivano, domani sarà il momento di Afragola, dopodomani il momento di Catania o il momento di Palermo. Lo Stato, in questo momento, sta perdendo una grossa battaglia. È colpevole di aver gettato la spugna già tanti anni fa».
Come si può condurre questa battaglia se da una parte si annunciano e si coordinano dei blitz e dall'altra si propone ad, ad esempio, di eliminare il concorso esterno in associazione mafiosa?
«Questo è il controsenso. Abbiamo un ministro indagato che non si dimette, un sottosegretario indagato che non si dimette. Che esempi vogliamo dare? Sappiamo che le mafie, prima di delinquere, riescono anche a manovrare e a indirizzare determinati percorsi processuali. Tanti processi finiti nel nulla. Ancora cerchiamo la verità dopo quarant'anni. Lo Stato non può avere una doppia faccia, ci deve essere una politica capace di essere equa, giusta e affidabile. Se la politica oggi non è affidabile, e non lo è, allora è inutile fare slogan e promesse. Lasciano il tempo che trovano. Oggi è tempo di non Patriciello, come fu il tempo di Roberto Saviano. Aspettiamoci domani un altro Saviano e un altro don Patriciano».
Gratteri è stato nominato dal CSM nuovo procuratore della Repubblica di Napoli.
«Sicuramente i fascicoli calabresi che il dottor Gratteri conosce hanno una grande componente di camorra napoletana. Il dottor Gratteri, persona attenta e super esperta, sicuramente continuerà un percorso. Bisogna vedere se anche sulla Campania e sulla lotta alla camorra verranno tirati fuori tutti quei fascicoli dormienti che, per tanti anni, alla Direzione distrettuale antimafia sono rimasti nei cassetti. Lo vedremo nell'immediatezza, lo vedremo nelle cosiddette ordinanze di custodia cardinale a firma Gratteri, parliamo di ordinanze da 120 arresti. Vedremo se anche in Campania riuscirà a portare questa ventata di azione giudiziaria nei confronti di una criminalità che, purtroppo, in Calabria come in Campania, si è ben amalgamata e ben introdotta anche in apparati pubblici. Purtroppo a Napoli, molte volte, ci sono state fughe di notizie, molte volte ci sono stati arresti anche tra gli appartenenti alle forze dell'ordine. Speriamo che questa volta venga fatta pulizia anche in determinati uffici, dove troppo spesso i fascicoli sono rimasti nei cassetti, dando quel senso di sfiducia in chi ha denunciato e che, per anni, è stato solo bersaglio di vendetta, senza vedere mai Giustizia».
In questi fascicoli ci sono anche le sue denunce?
«Il clan D'Alessandro è uno tra i clan più potenti, ancora in attività, ben introdotto nelle collusioni con le amministrazioni pubbliche. E ci sono pagine e pagine ancora ferme per il settore antimafia. Spero che il coordinamento del dottor Gratteri possa dare vita e nuova energia affinché queste carte, che sono di un'attualità impressionante, possano essere utilizzate. I D'Alessandro sono tutti quanti, nella maggior parte, in galera. Ma fuori ci sono i figli, i nipoti che stanno continuando queste attività criminali diversificate. Nella mia indagine hanno colpito la mano criminale ma i colletti bianchi e le collusioni sono rimaste ancora ferme ad attendere. Spero che il dottor Gratteri possa dare un nuovo impulso affinché si possa scoprire anche perché per tanti anni questi fascicoli sono stati fermi».
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2023-09-16 11:44:09
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