Federica Tourn – Crescono i casi di pedofilia in Bolivia
La Compagnia di Gesù in Bolivia ha negato la presunta responsabilità istituzionale nei casi di pedofilia commessi da alcuni sacerdoti e per i quali martedì alcune vittime hanno sporto denuncia contro il superiore dell’ordine del paese.
“I crimini che alcuni gesuiti potrebbero aver commesso sono interamente di loro responsabilità e la Compagnia di Gesù in Bolivia sarà la prima a prevedere le sanzioni che meritano (…) e non vede alcun senso nella causa presentata”, si legge nell’ordinanza.
Gli ex alunni del collegio Juan XXIII, della città di Cochabamba, hanno presentato una denuncia contro il superiore provinciale dei gesuiti, Bernardo Mercado, ritenendo che la congregazione cattolica avesse una responsabilità “istituzionale” nel caso dei nove gesuiti accusati di pedofilia.
Ci sono anche otto ex provinciali che, secondo i denuncianti, erano a conoscenza degli abusi commessi dai gesuiti e che devono rispondere come “complici”.
La denuncia si basa sul fatto che i membri dell’organizzazione religiosa hanno commesso “violazioni sistematiche” nei confronti di una popolazione specifica e sono considerati “contro l’umanità”, quindi non si prescrivono.
A questo proposito, la Compagnia di Gesù ha sottolineato che i delitti denunciati “sono di carattere personale” e che tali responsabilità individuali “devono essere punite, determinate e sanzionate dalla giustizia”.
I casi di pedofilia nella Compagnia di Gesù sono venuti alla luce lo scorso maggio quando il media spagnolo El País ha pubblicato in un’inchiesta il contenuto del diario del gesuita spagnolo Alfonso Pedrajas, in cui racconta i presunti abusi da lui commessi contro minori in Bolivia.
In quel testo, il religioso, morto nel 2009, fa riferimento ai presunti abusi da lui perpetrati su decine di bambini quando era responsabile della scuola Juan XXIII di Cochabamba, dal 1971.
Nel 2019, è emerso il caso del sacerdote Luis Roma, ora deceduto, attraverso la denuncia di un ex membro della Compagnia di Gesù, che ha chiesto l’anonimato, e che ha basato le accuse su trenta fotografie esplicite in cui affermava di riconoscere l’aggressore di numerosi minori tra i 6 ed i 12 anni.
In seguito a questi avvenimenti, la Procura boliviana ha avviato un’indagine in diversi dipartimenti del Paese per denunce di pedofilia che coinvolgono soprattutto preti cattolici.
Lo scorso maggio, il governo del presidente Luis Arce ha presentato un disegno di legge affinché i reati sessuali contro i minori non siano prescritti, progetto respinto dal Parlamento pochi giorni fa tra le proteste di diversi settori che difendono l’infanzia e l’adolescenza.
Fonte: EFE/La Vanguardia
Francesco Zanardi – Comunicato stampa dell’Ufficio di Presidenza in riferimento alle affermazioni diffuse dal blog “Silere non possum” il 3 ottobre scorso
Il 3 ottobre scorso, sulla pagina Facebook del blog “Silere non possum”, un post recitava testualmente quanto segue, in riferimento al report sulle omissioni al motu proprio della CEI elaborato da Rete L’Abuso, :
“La Conferenza Episcopale Italiana non ha recepito dossier da parte di associazionuncole idiote perché non hanno alcun fondamento scientifico e probatorio.
Questo per chiarezza.”
Non avendo alcun interesse a entrare nel merito dell’affermazione, Rete l’Abuso, associazione italiana che dal 2010 opera in rappresentanza e a sostegno delle vittime della pedofilia clericale, non può esimersi in questa sede da un commento politico sulla triste espressione utilizzata da “Silere non possum” che offende nella dignità una fascia debole, di entità non irrilevante nel nostro Paese e a oggi discriminata, in attesa di una giustizia che ovunque viene ottenuta, tranne che nella nostra penisola, dove il problema, che pure ha radici antiche e costituisce una grave realtà, pare invisibile, persino inesistente.
L’associazione intende rimarcare come le espressioni utilizzate dal blog (peraltro non nuovo all’uso di offendere pubblicamente anche giornalisti professionisti, per controbattere a posizioni differenti) esprimano, secondo lo schema più classico della rivittimizzazione in ambito clericale, l’intento di far tacere, screditandolo, chi è già vittima di un abuso.
L’Ufficio di Presidenza della Rete L’ABUSO
Ludovica Eugenio – “Abuso dell’autorità spirituale – Come affrontare l’abuso spirituale”
Un sussidio dedicato all’abuso spirituale è stato presentato il 26 settembre scorso dalla Conferenza episcopale tedesca. Il documento, intitolato “Abuso dell’autorità spirituale – Come affrontare l’abuso spirituale”, elaborato sotto la guida del vescovo di Dresda, del gruppo di lavoro su abusi e violenza, è stato discusso all’assemblea della scorsa primavera e ha l’intento di mettere a punto gestione e prevenzione del fenomeno. «siamo solo all’inizio dello studio», spiega nella prefazione il vescovo, che appartiene al Movimento dei Focolari, a sua volta non esente da problemi di abusi. Rispetto al versante degli abusi, qui non si risponde a una pressione esterna: «Purtroppo c’era e c’è ancora troppo poco interesse pubblico» per questo versante, spiega il vescovo. Con il sussidio di 47 pagine, ora i vescovi tedeschi intendono fare un ulteriore salto di qualità, definendo il fenomeno dell’abuso spirituale in modo più preciso nelle sue diverse dimensioni e nel suo essere spesso il primo anello di una catena che sfocia nella violenza sessuale, con conseguenze che possono essere psicologiche e fisiche. Le persone colpite, afferma il dossier, devono poter rivolgersi a consulenti indipendenti presso punti di contatto ad hoc per ottenere aiuto, e gli autori dei reati essere ritenuti responsabili.
Uno dei motivi infatti per il quale l’abuso spirituale è stato finora poco affrontato è che non è stato ancora definito come un crimine né dal diritto canonico né dal diritto penale. Ed è dunque difficile che si avviino procedimenti giudiziari se non si accompagna all’abuso sessuale. Non esiste inoltre alcun obbligo di denuncia ai sensi del diritto canonico; «Le vittime di abusi spirituali continuano ad avere difficoltà a far sentire la loro voce».
La novità, secondo la teologa Barbara Haslbeck, intervistata da katholisch.de, «è che finalmente ci sono norme chiare da parte della Conferenza episcopale. Il problema degli abusi spirituali è diventato una “massima priorità”. Ma l’argomento non è nuovo. Le persone denunciano da tempo come sono state manipolate, svalutate e rese dipendenti nelle relazioni pastorali e nelle comunità religiose».
Uno degli aspetti positivi del sussidio, afferma la teologa, è che si basa sulle esperienze delle persone colpite, che indicando i “segnali” degli abusi spirituali, hanno consentito di redigere una lista di domande che aiutano a identificare e classificare il problema. Ma il fatto che l’abuso spirituale non sia descritto né nel diritto canonico né nel diritto statale è problematico: «Laddove i vertici di una comunità o diocesi non classificano un evento come abusivo, non esistono strumenti per imporre sanzioni. I requisiti per la prevenzione e l’intervento sugli abusi spirituali menzionati nel sussidio sono molto pragmatici, ma diventa presto chiaro alle persone colpite e al loro sistema di supporto quanto poco possono ottenere perché non esistono norme giuridiche e i relativi diritti».
Alessio Di Florio – Commissione Orlandi-Gregori, un altro rinvio
Rinviato tutto alla settimana prossima, agonia infinita. Le prime parole affidate ai social da Pietro Orlandi riassumono quanto sta accadendo intorno all’istituzione della commissione d’inchiesta sulla “scomparsa” della sorella Emanuela e di Mirella Gregori. La discussione in aula al Senato era prevista per martedì 10. Rinviata ad altra data, da fissare, per l’informativa del ministro degli esteri Tajani e il voto sulle mozioni parlamentari sulla guerra tra Israele e Hamas.
I disegni di legge istitutivi delle Commissioni parlamentari di inchiesta sull’emergenza SARS-CoV-2 e sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, già previsti all’ordine del giorno della seduta odierna, sono rinviati ad altra data. Restano confermati gli altri argomenti previsti in calendario. È la comunicazione del rinvio pubblicata su facebook da Pietro Orlandi. Rinviate queste due discussioni, non c’era tempo. Che c’era invece per “gli altri argomenti”.
La discussione poteva durare anche solo un’ora, ha sottolineato Pietro Orlandi. Un’ora che “non si trova”. E si dovrà nuovamente riunire la conferenza dei capigruppo per stabilire una nuova calendarizzazione. A quando? Quando finirà questa sconcertante agonia, questo rinvio continuo? Per una commissione che fino alla primavera aveva a favore un’ampia maggioranza trasversale. Aveva, ora? Dopo le parole di Diddi, dopo l’intervento di Mattarella nei mesi scorsi, qualcuno ha cambiato posizione? Almeno lo dica esplicitamente, abbia il coraggio delle proprie posizioni, senza nascondersi dietro continui rinvii…
Federico Tulli – Non è un Paese per bambini
«Chi vede un bambino non vede nulla»; «Felice chi ha dei figli, ma non infelice chi non ne ha»; «Piccolo è il bambino, piccolo è il lutto»; «Non si deve dire un segreto a una donna, a un pazzo o a un bambino». Si tratta di una breve antologia di detti popolari coniati nell’attuale Europa tra il XV e il XVI secolo e raccolti dallo storico Jean Delumeau in uno dei suoi saggi più famosi, Il peccato e la paura (Il Mulino, 2006). «Quando ebbe inizio l’età moderna europea – spiega Delumeau – l’atteggiamento d’incomprensione nei riguardi dell’infanzia si rivela ancora largamente diffuso e riveste due aspetti tra loro complementari: la scarsa sensibilità per la freschezza e l’innocenza del fanciullino, la scarsa emozione per la sua fragilità; e la tendenza a vedere il fanciullo in età scolare (come diremmo noi oggi) come un insieme di difetti, un essere cattivo e maligno che occorreva necessariamente disciplinare affinché non diventasse adulto malvagio».
Questa antologia di proverbi, «per quanto contenuta, ci fa capire che il bambino non era riconosciuto come tale. Si tratta di una creatura che acquisterà valore solo quando sarà stata disciplinata, diventando uomo», osserva lo storico francese. La sua chiave di lettura del rapporto del mondo adulto con quello dell’infanzia nella cultura occidentale e cristiana al termine del Medioevo, può essere utile per osservare anche alcuni fatti di estrema attualità. L’annullamento dell’identità umana del bambino non è infatti una dinamica che appartiene solo al passato, né tanto meno – purtroppo – è stata definitivamente consegnata alla Storia della nostra civiltà. L’idea violentissima che scaturisce dalla “fusione fredda” tra il logos – il bambino non è un essere umano finché non entra nell’età della ragione (paideia) – e il pensiero religioso cattolico – il bambino è malvagio per natura (peccato originale) -, ne porta con sé un’altra altrettanto criminale: se non è essere umano, lo si può violentare e /o uccidere tranquillamente.
Va ricercata qui, in estrema sintesi, la radice “culturale” della pedofilia e della protezione riservata ai preti pedofili dai loro superiori. Non solo. Contro questo crimine orrendo tante parole vengono spese e tanti impegni sono propagandati anche nel mondo laico, ma poi, nei fatti, raramente si traducono in qualcosa di concreto. È questo il caso dell’Italia che come è tristemente noto, diversamente da tutti i più grandi Paesi a tradizione cattolica, non ha mai realizzato una indagine sulla pedofilia nella Chiesa. Ma non ha mai nemmeno risposto, per quanto riguarda il governo, alla diffida di Rete L’Abuso, in cui si contesta di non aver mai adottato le misure necessarie per contrastare le violenze su minori di matrice ecclesiastica sul territorio italiano. Violando così la Convenzione Onu per i diritti dell’infanzia e la Convenzione di Lanzarote.
Pierelisa Rizzo – Escort ricatta frate
“Riguardo la vicenda che ha coinvolto un religioso dell’Ordine dei Frati Minori, lo stesso Ordine, per mio tramite precisa che il confratello appare rivestire la qualifica di persona offesa e, comunque, verranno svolti tutti i necessari accertamenti e verifiche “. Così l’avvocato Luca Gentili prova a spiegare fatti che però sembrerebbero raccontare altro, suscitando almeno qualche dubbio . Siamo a Perugia , protagonisti di questa storia, un trentenne albanese, un escort che vive di incontri a luci rosse, e un religioso di Assisi . Il frate avrebbe incontrato l’escort e usufruito delle sue prestazioni sessuali prima che il giovane albanese mettesse tutto in chiaro. ”O mi dai altro denaro o diffondo questo video e lo vedranno tutti” avrebbe minacciato l’escort. Così il frate, ob torto collo, è andato dai carabinieri di Assisi a denunciare il tentativo di estorsione che stava subendo. Una scelta non facile per il religioso, l’escort è stato arrestato . Naturalmente sulla vicenda viene mantenuto il massimo riserbo da parte di inquirenti ed investigatori . Ma, secondo indiscrezioni, il rapporto sessuale tra il frate e l’escort si sarebbe consumato tra fine agosto e i primi di settembre di quest’anno. I due si contattano sul web e dopo il loro incontro il giovane escort albanese chiede centinaia di euro al frate, sostenendo di avere filmato il loro appuntamento con un telefono nascosto. Un tentativo di ricatto bello e buono, proprio per evitare che quelle immagini vengano diffuse. Così la denuncia del frate che, su indicazioni dei carabinieri, organizza un secondo incontro, sempre a Perugia. Ed è a questo punto che l’escort viene arrestato in flagranza . L’interrogatorio di garanzia si è svolto, nei giorni scorsi, al carcere di Capanne. L’arresto è stato convalidato ma il trentenne albanese è stato rimesso in libertà con obbligo di firma.
Fonti Seguo News Caltanissetta
Pierelisa Rizzo
Lo speciale di questa settimana
Giuseppe Miccoli, autore di “Sopravvissuto”, racconta l’ispirazione del suo brano