Che cos’è un dribbling?
Nel linguaggio calcistico, il dribbling è una manovra individuale in cui l’atleta attraverso leggeri tocchi del piede dati al pallone, si sposta da una parte all’altra, ingannando il marcatore avversario.
L’idea per cui il calcio una volta era tutto dribbling è legata indissolubilmente a un’altra idea, forse ancora più diffusa e potente: quella per cui il gioco moderno ha deciso di fare a meno di quest’arte antica. Cristiano Ronaldo ad esempio, veniva definito “un ammaliatore di tifosi con i suoi trucchi palla al piede” definizione molto meno usata adesso perché i giocatori che si stanno evolvendo oggi puntano più sulla condizione fisica e atletica, tralasciando questa nobile arte. Tra le cause di questo decadimento, anche il ruolo dell'allenatore incide parecchio. Non incoraggiano più i giocatori talentuosi di rischiare la giocata, il dribbling, di puntare sempre l’avversario.
Per certi giocatori, e per chi li guardava, il superamento dell’avversario rappresentava sia un piacere fisico che un piacere intellettuale: come quando in un racconto, il bene trionfa sul male.
Il dribbling era un’arma così semplice, dallo smisurato potere offensivo per colpire gli avversari. Questo non vuol dire che i vari talenti del passato come Garrincha, Bruno Conti, Jairzinho e Franco Causio, non avessero grandi qualità tecniche e tattiche, e la stessa cosa ovviamente si può dire di Pelé, George Best, Omar Sivori, Zico, Alfredo Di Stéfano, che saltavano i diretti marcatori come birilli.
Il punto è che tutti questi fenomeni hanno illuminato un gioco concettualmente semplice, in cui la ricerca della superiorità numerica era un compito individuale più che collettivo, e allora il dribbling non era solo una scelta estetica, piuttosto una strategia perfetta per arrivare all’obiettivo.
È così, grazie ai numerosi tentativi, che sono nate le giocate più famose: il doppio passo, che si esegue roteando le gambe intorno alla palla prima del tocco e dello scatto decisivi; la finta alla Matthews, simulando un movimento col corpo in una direzione per poi scattare nell'altra; l'arresto alla Garrincha, che consiste nel fermarsi e poi ripartire all’improvviso piegando il corpo dalla parte in cui si vuol scappar via. Queste sono solo le più conosciute.
immagine presa da Football Arena
Ma allora è proprio vero che un tempo si dribblava di più?
Sì, e lo dicono anche i numeri. Partendo da un confronto tra Maradona e Messi, che possiamo considerare come i più grandi fuoriclasse del dribbling delle rispettive epoche: secondo i dati della sfida Argentina-Inghilterra dei Mondiali 1986, Maradona ha tentato 14 volte il dribbling in poco più di 90 minuti di gioco. Di questi, gliene sono riusciti 12. Nella sua stagione con più dribbling tentati, Messi ha toccato la quota di 6,3 per partita: meno della metà rispetto a Maradona. Nella Serie A attuale, giusto per fare un confronto con i comuni mortali, il giocatore con più dribbling tentati è Matias Soulè: la sua quota è di 4,2 ogni 90 minuti.
Alla luce di queste cifre, è abbastanza evidente che rispetto alle epoche precedenti si cerca di dribblare molto meno. E infatti da circa vent’anni, ormai, i migliori dribblatori giocano in posizione più arretrata, o comunque non solo in attacco; quelli che resistono, ovvero quelli che puntano costantemente gli avversari giocano sulle fasce o in avanti.
Al primo gruppo sono appartenuti e appartengono ancora oggi Pirlo, Iniesta, Frenkie de Jong, Xavi, Modric, Riquelme, e anche Zidane, Messi e Maradona che hanno divulgato a tutto campo l’arte di superare l’avversario con il primo controllo. Nel secondo gruppo ci sono invece i vari Denílson, Neymar, il Cristiano Ronaldo degli esordi, Ronaldinho, Robinho, ovviamente Ronaldo il fenomeno, che ha rivoluzionato il calcio proprio perché ha saputo coniugare giocate incredibili e dribbling supersonici con una straordinaria efficacia realizzativa.
Oggi il dribbling è una giocata molto variegata: può essere ovviamente offensiva, ma è anche uno strumento di controllo, persino difensivo in alcuni casi. Questo processo ne ha cambiato il senso, ne ha invertito la cultura: oggi dribblare un avversario è un atto che sembra ancor più ribelle e quindi politico rispetto al passato, e invece dietro ogni isolamento di Vinícius Junior sulla sinistra, dietro ogni giravolta di Neymar, dietro ogni finta di corpo di Verratti, dietro ogni cambio di direzione di Salah c’è uno studio strategico, c’è una volontà di rendere più efficace quella situazione. In questo periodo calcistico, i dribbling e i giocatori che provano a farli ai massimi livelli esistono in numero minore rispetto al passato, eppure sono più privilegiati, perché le responsabilità creative non passano soltanto da loro, ma anche da altri fattori rispetto al passato come il talento e le idee.
Le due cose che ancora oggi fanno progredire il gioco del calcio, e anche il mondo.
immagine di copertina presa da "l'Ultimo uomo"
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2023-11-11 09:05:21
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