“Sappi che dal vero al sognato, non corre altra differenza, se non che questo può qualche volta essere più bello e più dolce, che quello non può mai”: il rapporto tra sogno e realtà è il primo tema affrontato nel “Dialogo di Torquato Tasso e del suo genio familiare”.
Ed è proprio una delle più celebri Operette morali, un omaggio di Leopardi al grande poeta della Gerusalemme Liberata, a fornirci lo spunto per riflettere sulla dialettica tra diletto sognato e diletto vero, tra mondo immaginato e mondo reale, tra realtà onirica e vita quotidiana.
Antinomie che hanno sostanziato una serata prodigiosa presso il Teatro Bibiena di Mantova venerdì 15 marzo.
Gli 88 tasti di uno strabiliante Steinway & Sons gran coda sono stati i protagonisti assoluti di un viaggio onirico, tramutatosi in realtà, grazie alla leggiadra maestria di uno degli artisti, musicisti e compositori più talentuosi nel panorama musicale nazionale e, per diversi aspetti, anche internazionale.
Sogno e realtà: due termini di un binomio, che ha costituito il Leitmotiv di una delle tappe del tour “Don’t forget to fly”.
Due termini che non si contrappongono; anzi, si armonizzano, si intersecano, si complementano in una sorta di endiadi: “la realtà del sogno”, proprio come recita una delle novelle di Luigi Pirandello.
Possiamo considerare la realtà del sogno il messaggio-guida della serata, almeno per due ragioni.
Da una parte, Anzovino ha realizzato, con grande emozione e somma gratificazione, un suo personale sogno: calcare il palcoscenico del teatro che, a circa un mese e mezzo dalla sua inaugurazione, avvenuta il 3 dicembre 1769, il 16 gennaio 1770 ospitò un concerto pianistico del giovane Mozart, non ancora quattordicenne, con arie da concerto interpretate dal tenore Vincenzo Uttini e due Sinfonie. L’edificio, infatti, suscitò l’entusiasmo di Leopold Mozart, padre di Wolfgang, il quale, dieci giorni dopo, scrisse da Mantova alla moglie, a Salisburgo: “Vorrei che tu avessi visto il posto dove ha avuto luogo l’accademia. In vita mia non ho visto nulla di più bello di questo tipo … Non è un teatro bensì una sala con palchi come vengono costruiti i teatri d’opera; dove starebbe la scena, c’è una pedana per gli esecutori e dietro gli esecutori una galleria per gli ascoltatori di nuovo costruita a palchi. Non posso descriverti a sufficienza la quantità di persone, le chiamate, gli applausi, gli strepiti, i Bravo su Bravo, in breve le acclamazioni generali e l’ammirazione che gli ascoltatori manifestavano così ”.
Poter suonare la sua Musica sullo stesso palco di colui che Remo Anzovino considera un vate, un maestro, un faro costante, il più universale dei compositori della musica occidentale, avendo toccato tutti i generi musicali e avendo trasferito ai suoi lavori lo spirito e le caratteristiche dei luoghi europei visitati, ha significato davvero per lui esaudire un desiderio nutrito da molti anni, realizzare un sogno coltivato da lungo tempo, facendo sì che il mondo sereno dei prodigi potesse dare una risposta concreta al suo cuore estasiato.
Dall’altra parte, la realtà del sogno è stata sperimentata attraverso tutta la prima parte del concerto, con la suite tratta dall’album eponimo del tour: “Don’t forget to fly”.
The second life of Icarus, Morning Moon, Air Swimmer, Sky Flowers, Dance of Birds, On a Tightrope, No Gravity, Celestial Trees, Embrace of the Sun, Don’t forget to fly hanno soavemente accompagnato animi, cuori e menti del pubblico, invitandolo a trasformare quella realtà onirica in essenza reale, prendendo coscienza della necessità di volare, ogni giorno, dando concretezza ai nostri sogni, ai nostri desideri più reconditi, colorando, con il nostro essere e il nostro fare, quel cielo grigio, carico di nubi, frutto di incertezze economiche, devianze sociali, disagi esistenziali; dissolvendo il nero del temporale con la luminosità dei nostri soli interiori.
Dobbiamo imparare a scolpire il cielo con lo scalpello delle nostre ambizioni, con la sabbia delle nostre fantasie, con la gradina delle nostre aspirazioni, tracciando linee nuove in quello spazio con le punte della nostra immaginazione: Sant’Ivo alla Sapienza, il tema del film-documentario Bernini e Borromini. Sfida alla perfezione, ci invita a fare tutto questo.
Così come Following light ci sprona a dipingere il grigiastro dei nembi con le sfumature dell’iride, riuscendo a cogliere tutta la bellezza delle ninfee di Monet nelle nostre personali vite.
E dovremmo farlo con Natural Mind, con naturalezza, spontaneità, immediatezza, autenticità, verità.
A volte, invece, talvolta troppo spesso, abiuriamo, proprio come fece il grande scienziato Galilei: rinneghiamo, rinunciamo, sconfessiamo, ripudiamo, abbandoniamo sogni, progetti, ideali, che restano modelli sulla carta, in nuce nel pensiero, embrioni nell’immaginazione. Ed, invece, con lo stesso sguardo perspicace, lucido, sottile, acuto di Galileo Galilei, dovremmo interrogarci sulla opportunità di quella nostra idea e trasformarla finalmente in atto.
Talora, camminando nella notte, ci capita di sollevare lo sguardo al cielo stellato e scrutare quegli abissi siderali, che tanto dicono alle nostre coscienze, tanto comunicano ai nostri occhi interiori, tanto descrivono del nostro essere più profondo. Proprio Cammino nella notte, sul palco del Bibiena, è diventato un commosso omaggio, da parte del maestro Anzovino, a uno dei più grandi giornalisti e critici musicali di tutti i tempi, recentemente scomparso: Ernesto Assante.
In una versione speciale di Cammino nella notte – alla fine del suo brano, infatti, Anzovino ha innestato la canzone di Bruno Martino Estate, ricordando quando la eseguì a Webnotte, il programma musicale di Repubblica condotto da Ernesto Assante e Gino Castaldo – con una magistrale esecuzione, il pianista e compositore pordenonese ha istituito così una “celeste corrispondenza d’amorosi sensi” con il suo mentore-amico-fratello Ernesto.
La vivacità e il dinamismo degli accordi incalzanti di No Smile, Istanbul, Igloo, con l’apoteosi di Metropolitan, hanno suggellato la vitale energia di una serata memorabile, dipanatasi tra emozioni e suggestioni ineffabili.
L’incanto del finale non poteva essere più congeniale all’aura dell’intero evento: Hallelujah, tratta dall’album Nocturne ha avallato “il prodigio” creato da Remo Anzovino su quella stessa skenè calcata 254 anni fa proprio dal “bambino prodigio”.
Il vero, allora, può concretamente arrivare ad essere parimenti bello e dolce del sognato.
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2024-03-18 16:03:22
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