“Le sue spiccate doti professionali e umane caratterizzano il giornalista, lo sceneggiatore e lo scrittore, il cui fine è di divulgare con passione e pervicacia la cultura dell’antimafia sociale, a partire dalle scuole e università fino alle istituzioni e agli organismi di respiro europeo.
La sua fattiva collaborazione con organi giornalistici di cronaca, informazione, cultura e politica contribuisce a tracciare i contorni del fenomeno mafia e a delineare, con puntuale chiarezza e trasparenza, il delicato e complesso profilo e ruolo dei testimoni di giustizia.
Uomo e professionista di indiscutibile valore, tra i suoi incontrovertibili meriti, si segnala la pubblicazione di una lunga e accurata ricerca sul caso di una delle più discusse e compiante vittime di mafia, la testimone di giustizia Lea Garofalo, risoluta ed eroica donna e mamma calabrese, che ha pagato con la vita il coraggio della denuncia”.
La motivazione addotta per il conferimento del Premio Nazionale Valarioti – Impastato a Paolo De Chiara, cerimonia svoltasi a Rosarno il 30 maggio 2022, contiene tutti gli elementi essenziali per avallare il carisma e lo spessore di un professionista appassionato e competente, di un uomo animato da una fervida passione civile e sociale, vocato alla difesa dei valori democratici e di una autentica cultura della Legalità.
Come affermò il Presidente della Repubblica Sandro Pertini nel messaggio di fine anno agli Italiani del 1978: “I giovani non hanno bisogno di sermoni, i giovani hanno bisogno di esempi di onestà, di coerenza e di altruismo”.
Io credo molto nell’importanza dell’esempio per i nostri ragazzi, nel valore formativo ed educativo degli incontri-testimonianza per la loro crescita. Pertanto, proprio perché reputo Paolo De Chiara uno straordinario esempio di onestà, coerenza e altruismo, ho scelto di percorrere “i cento passi” verso il 21 marzo assieme ai miei alunni, guidati proprio dalle letture edificanti tratte da due delle sue opere:
Una fimmina calabrese. Così Lea Garofalo sfidò la ‘ndrangheta e Una vita contro la camorra. La storia vera e scomoda di un testimone di giustizia.
Comprendere è il primo passo per decidere, con consapevolezza, la società e il mondo nel quale si vuole vivere. E comprendere le mafie, con i loro storici e attuali settori di interesse, in primo luogo economici e politici, aiuta a distinguere e a combattere un fenomeno criminale, che è vero vincolo e ipoteca per la democrazia e lo sviluppo sociale, culturale ed economico di qualunque territorio.
Alcune pagine significative ed eloquenti, sia da Una fimmina calabrese che da Una vita contro la camorra, si sono rivelate illuminanti in quest’opera di lettura, decodifica e comprensione del “sistema malavitoso” e del “crimine organizzato”.
Quest’anno è stata scelta Roma come città-cardine per la XXIX Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, ma Roma vuole essere figura, riflesso, speculum di ogni singola piccola grande realtà, dislocata su tutto il territorio nazionale e anche internazionale.
“Roma città libera” è uno slogan che evoca il capolavoro del Neorealismo “Roma città aperta”, diretto dal grande regista Roberto Rossellini: un’opera d’arte che parla di resistenza e della lotta per la libertà. A ottant’anni dalla liberazione dell’occupazione nazi-fascista, oggi Roma deve nuovamente aprirsi e liberarsi.
I “cento passi” verso e dopo il 21 marzo hanno lo scopo di raggiungere i centri e le periferie in cui la criminalità assume forme differenziate, per ribadire che Roma può e deve essere una città LIBERA, capitale di un’Italia che deve essere liberata da mafie e corruzione.
Come?
Già nel titolo – Giornata Nazionale della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie – due sono i focus: Memoria e Impegno. La memoria fine a se stessa diventa, infatti, sterile commemorazione, vacua ritualità se non si tramuta in impegno fattivo per un cambiamento radicale: un cambiamento innanzitutto culturale.
Per combattere le mafie, infatti, bisogna partire dal basso, dal microcosmo di ciascuno di noi, nel nostro essere e agire quotidiano. È necessario smantellare una ‘cultura mafiosa’, che fa del consenso di massa il punto di forza per alimentare il potere delle consorterie mafiose e della criminalità organizzata.
Per questo, diventa importante sensibilizzare la comunità civile, far conoscere, capire, leggere e interpretare correttamente la realtà, nei suoi meandri più reconditi, nelle sue pieghe più nascoste, per educare ad una cittadinanza attiva, consapevole e responsabile, partendo dai giovani.
Tale Giornata è giunta alla sua ventinovesima edizione: un periodo lungo, che ha reso protagonista una vasta rete di associazioni, scuole, realtà sociali, enti locali, in un percorso di continuo cambiamento dei nostri territori, nel segno del “noi”, nel segno di Libera. La Giornata è stata riconosciuta ufficialmente dallo Stato, attraverso la legge n. 20 dell’8 marzo 2017. Da allora molta strada è stata fatta.
Innumerevoli sono state le iniziative, i percorsi proposti e realizzati: beni confiscati, memoria, educazione alla corresponsabilità, campi di formazione e impegno, accompagnamento delle vittime e di coloro che hanno scelto di allontanarsi dal contesto mafioso, formazione scolastica e universitaria, per citare solo alcuni degli snodi più importanti dell’impegno collettivo di questo trentennio.
Il 21 marzo, primo giorno di primavera, deve essere Memoria “attiva”, con il risveglio delle nostre coscienze annebbiate, confuse, ottenebrate dai lustrini di padroni e padrini.
Le vittime innocenti delle mafie sono persone, rese vittime dalla violenza mafiosa, che rappresentano storie, scelte e impegno. Lo stesso impegno che viene portato avanti dalle centinaia di familiari che camminano con Libera e che ne costituiscono il nucleo più profondo ed essenziale, nella continua ricerca di verità e giustizia.
Spesso i familiari delle vittime innocenti delle mafie avvertono assenza e sottovalutazione. L’assenza di una politica concentrata su tatticismi di palazzo e incapace di generare politiche volte al bene comune, stando concretamente nelle strade e incontrando i bisogni delle persone. Sottovalutazione rispetto alla violenza di cui sono capaci le mafie, in modo eclatante e silente, che può diventare una colpevole superficialità, capace di generare la normalizzazione del fenomeno mafioso e criminale.
Per far sì che si passi dalla normalizzazione alla rigenerazione, dal becero e comodo conformismo alla palingesi, alla rinascita di animi sopiti e al rinnovamento delle coscienze, ricordare non basta: occorre trasformare la memoria in memoria viva, ossia in impegno a costruire una società diversa, formata da persone che si oppongono, non solo a parole, ma con le scelte e i comportamenti, alle ingiustizie, alle violenze, alla corruzione.
Come canta il poeta-filosofo recanatese, “il più bel fiore dell’anno e della vita” – la primavera/giovinezza – è l’età della bellezza, della speranza, dei sogni.
I giovani sono persone non indurite dagli egoismi, non corrotte o intossicate dalla sete di denaro e di potere, persone sensibili al sogno, all’utopia e a tutto ciò che trascende i confini di un Io sempre più facile preda dei demagoghi e degli spacciatori di illusioni.
Abbiamo bisogno di una memoria viva, che si traduca ogni giorno in responsabilità e impegno.
Dobbiamo trasformare la memoria del passato in un’etica del presente!
Dobbiamo fare della nostra Costituzione un’etica e una pratica di vita.
Il sentimento di amore deve diventare inseparabile dal sentimento di giustizia, dalla volontà di costruire una società con molti meno IO e molti più NOI.
L’infaticabile impegno civile di Paolo De Chiara, nella costruzione di una cultura democratica dell’antimafia, strettamente correlata ad un’etica della responsabilità, dimostra con grande forza ed efficacia come si possa concretizzare l’augurio rivolto da don Luigi Ciotti a ciascuno di noi ad “essere eretici”.
Il giornalista d’inchiesta, scrittore, sceneggiatore – diverse espressioni fenomenologiche del medesimo “Uomo impegnato” – ne è un illustre esempio:
“Vi auguro di essere eretici.
Eresia viene dal greco e vuol dire scelta.
Eretico è la persona che sceglie e,
in questo senso è colui che più della verità ama la ricerca della verità.
E allora io ve lo auguro di cuore
questo coraggio dell’eresia.
Vi auguro l’eresia dei fatti
prima che delle parole,
l’eresia della coerenza, del coraggio,
della gratuità, della responsabilità
e dell’impegno.
Oggi è eretico
chi mette la propria libertà
al servizio degli altri.
Chi impegna la propria libertà
per chi ancora libero non è.
Eretico è chi non si accontenta
dei saperi di seconda mano,
chi studia, chi approfondisce,
chi si mette in gioco in quello che fa.
Eretico è chi si ribella
al sonno delle coscienze,
chi non si rassegna alle ingiustizie.
Chi non pensa che la povertà sia una fatalità.
Eretico è chi non cede alla tentazione del cinismo e dell’indifferenza.
Eretico è chi ha il coraggio
di avere più coraggio.”
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Paolo De Chiara autore del libro
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2024-03-20 12:18:13
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