La criminalità organizzata italiana è in continua trasformazione adeguandosi alle mutevoli condizioni dei mercati per massimizzare i propri introiti illeciti.
Le incessanti e profonde trasformazioni delle organizzazioni criminali sono, inoltre, funzionali a limitare l’attenzione delle Strutture investigative sul loro operato, raccogliendo nel contempo il massimo possibile del consenso sociale nel presentarsi come organismi che dispensano servizi e opportunità di guadagni.
In una parola, benessere sociale o, almeno, la percezione di un benessere sociale visto però non come un diritto del cittadino, ma come elargizione da parte di un’entità sovrastante alla quale è necessario corrispondere se non obbedienza, certamente condiscendenza.
La DIA, in conformità con il Codice Antimafia (D.Lgs. n. 159/2011), svolge un costante monitoraggio delle imprese coinvolte nella realizzazione di opere, nella fornitura di beni e nella prestazione di servizi.
Influenzare le procedure di appalto è quindi un obiettivo perseguito con metodi particolarmente sofisticati, allo scopo di ottenere cospicui finanziamenti, spesso corrompendo i rappresentanti dell’ente appaltante e i professionisti coinvolti. In molti casi, l’impresa vincitrice dell’appalto elabora il progetto esecutivo con l’intenzione di apportarvi modifiche durante lo sviluppo dell’opera, al fine di aumentarne i costi e generare maggiori profitti.
L’infiltrazione mafiosa può verificarsi anche dopo l’assegnazione dell’appalto, con estorsioni dirette a danno delle imprese affidatarie, aventi l’obiettivo di costringerle a subappaltare servizi ad aziende affiliate (tramite subappalti e sub-affidamenti di ogni genere; in particolare, mediante contratti di “nolo a caldo” o “a freddo” e subcontratti per le forniture di materiali per l’edilizia, per il movimento terra, per le guardianie di cantiere per il trasferimento in discarica dei rifiuti.
Tali attività, tradizionalmente legate al territorio, rivestono un particolare interesse per il controllo diretto da parte delle organizzazioni criminali) .
In altri casi, per citare solo alcune delle molteplici vie percorse dalle organizzazioni criminali per infiltrarsi nelle gare pubbliche, i sodalizi stipulano accordi per garantire alle aziende collegate una sorta di turnazione nell’ottenere i contratti pubblici, manipolando le offerte e limitando la concorrenza, rivelando una peculiare capacità di adattamento del loro modus operandi alle circostanze e alle specificità delle situazioni.
Nel semestre di riferimento, la DIA ha svolto approfondimenti specifici sull’esecuzione diretta dei lavori pubblici e sulle diverse attività collegate.
Tra queste, un esempio significativo riguarda gli accessi ai cantieri disposti dall’Autorità prefettizia, che verificano direttamente sul posto la presenza di eventuali irregolarità per ciò che concerne l’impiego della forza lavoro e le procedure di esecuzione. In quest’ultimo ambito, nel semestre in esame sono stati conclusi 1.025 monitoraggi nei confronti di altrettante imprese, come esposto nella tabella seguente.
Andando ad analizzare la presenza mafiosa nelle regioni e nelle varie città notiamo che nelle province della Sicilia orientale, oltre alle articolazioni di cosa nostra, vi sono numerose organizzazioni criminali autonome di tipo mafioso che non sono strutturate all’interno di quest’ultima ma sono altrettanto pericolose e dai contorni più fluidi e flessibili.
L’area metropolitana di Catania è l’epicentro più densamente popolato della Sicilia orientale e rappresenta il fulcro economico e infrastrutturale del sud-est della Regione, oltre che il principale polo industriale, logistico e commerciale dell’isola.
Nella provincia di Catania l’analisi delle evoluzioni del fenomeno criminale nel periodo in riferimento evidenzia un quadro di situazione sostanzialmente immutato, confermando le caratteristiche strutturali e operative delle consorterie presenti nel territorio nonché la loro composizione organica. In questo quadrante della Sicilia, cosa nostra continua a essere rappresentata dalle storiche famiglie SANTAPAOLA ERCOLANO e MAZZEI a Catania, LA ROCCA a Caltagirone, nel comprensorio “Calatino – Sud Simeto”, mentre a Ramacca (CT) si riscontra l’operatività dell’omonima famiglia. A queste si aggiunge la presenza degli storici clan CAPPELLO BONACCORSI, LAUDANI, PILLERA-DI MAURO, SCIUTO (Tigna), CURSOTI, PIACENTI e NICOTRA che, sebbene declinati secondo il modello tipico mafioso, risultano ben distinti da cosa nostra.
Il bagaglio informativo che si ricava dai provvedimenti cautelari emessi negli ultimi anni evidenzia, inoltre, una forte relazione fatta di rapporti di equilibrio e di forza tra le famiglie e l’alleato clan NARDO attivo a Siracusa. La georeferenziazione delle presenze mafiose fa emergere dunque la principale peculiarità del fenomeno mafioso catanese: una mafia ad assetto variabile che vede la coesistenza di più sodalizi criminali, spesso nei medesimi spazi territoriali, funzionale alla realizzazione di affari illeciti con interazioni non necessariamente violente.
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