Oggi, WordNews incontra la scrittrice romana Daniela Alibrandi, premiata con numerosi riconoscimenti letterari per le sue pubblicazioni, di cui citiamo alcuni titoli:
“Viaggio a Vienna”( 2020- Morellini Editore) “Delitti sommersi” (2023- Morellini Editore) Una morte sola non basta ( 2016 – Del Vecchio Editore), Nessun segno sulla neve (2010 – Edizioni Universo), Quelle strane ragazze ( 2018 – Youcanprint), Un’ombra sul fiume Merrimack (2012 – Amazon – Kobo), Il bimbo di Rachele (2012 - Edizioni Universo). Daniela Alibrandi affascina il suo pubblico con un lungo elenco di opere interessanti; l’ultima, sugli scaffali in libreria, è I delitti del Mugnone (2024 - Morellini Editore).
Buongiorno Daniela, sei nata a Roma, ma possiamo considerarti una globetrotter, visto il tuo periodo negli Stati Uniti d’America e la tua occupazione di Relazioni Internazionali nell’ambito dell’Unione Europea e del Consiglio d’Europa, curando anche l’edizione italiana di alcuni testi ufficiali. Tutte queste esperienze ti hanno aiutata ad avere una visione più ampia, anche come scrittrice?
Certamente, vivere all’estero aiuta a scoprire le innumerevoli sfaccettature che ogni cultura trasmette e per un’autrice è senz’altro motivo di ispirazioni. E la vita sia personale che professionale mi ha portato spesso a vivere in luoghi lontani. Lo scorso settembre sono stata ospite di un convegno organizzato per me e per le mie edizioni inglesi negli Stati Uniti, proprio nell’Istituto dove avevo studiato a Manchester, ed è stata un’esperienza stupenda rivedere anche i miei ex compagni di scuola, che mi hanno raggiunto dai diversi Stati americani solo per abbracciami e complimentarsi con me. Un bacino di emozioni e ispirazioni incredibile.
Dopo quattro gialli ambientati a Roma, tra cui il mondo dei sotterranei, il tuo ultimo thriller è ambientato tra Firenze e Fiesole, in prossimità del fiume Mugnone. Perché questo salto di regione?
Come sai molti dei miei romanzi sono ambientati a Roma e nel suo mondo sotterraneo. Basta ricordare il recente “Delitti sommersi” (2023 – Morellini Editore), ambientato addirittura nei laghi sotterranei romani, che ho successivamente visitato in un emozionante evento con i miei lettori. Stavolta invece, con “I delitti del Mugnone”, uscito per Morellini Editore lo scorso mese di giugno, ci troviamo nell’atmosfera inquietante di un antico monastero tra Firenze e Fiesole e ti spiego perché. Adoro Firenze e il Mugello e lì mi sono recata, soggiornando proprio in un monastero per ritrovare me stessa, dopo aver perso mio marito. E come una magia quegli ambienti pesanti, intrisi di sacralità e mistero, insieme al vicino scorrere del fiume Mugnone, mi hanno ispirato una trama coinvolgente, facendomi tornare al mio mondo di scrittrice. Ho ritrovato la gioia di tessere una storia travolgente, di quelle che non lasciano scampo al lettore, fino all’ultima pagina. Ed è stato come rinascere insieme al romanzo che, appena uscito, è stato oggetto di una trasmissione di RAI Radio1.
Chi è il commissario Rosco e che ruolo ha nella tua vita?
Il commissario Rosco è uno di noi. Un uomo vicino alla quarantina, complessato per essere il classico “roscio”, con capelli color Tiziano, barba e baffi rossi, il corpo coperto di efelidi e gli occhi verdi, un aspetto che lo fa assomigliare a un gatto di strada. È un gran ghiotto, ma deve fare attenzione alla glicemia e alla pressione alta. Non bada molto all’igiene personale a meno che non abbia qualche incontro galante. Dalla vita privata disastrata e un carattere all’apparenza ruvido, è invece un uomo sensibile, empatico, vuole essere autorevole e, a volte, questo suo
comportamento lo porta a compiere degli errori.Ma è un segugio e quando fiuta la preda non dà scampo, a costo di agire fuori dalle regole. Non si può parlare di lui se non si descrive anche la sua squadra, soprattutto la vice ispettrice Gisella Porzi, napoletana, con la quale lui ingaggia spesso un feroce braccio di ferro. Ma anche l’agente scelto Malvani e l’allievo Loverso sono personaggi importanti, con i quali il commissario spesso usa un tono di sufficienza, sapendo che però tutti lo stimano e, nei limiti del possibile, lo proteggono.
Nella mia vita posso dirti che dal punto di vista estetico e per alcuni lati del suo carattere, come la sensibilità, l’empatia e anche il suo amore profondo per Roma, il commissario Rosco mi ricorda tanto mio marito.
Scrivere un giallo richiede una meticolosa strutturazione di intrighi, indagini e misteri, oltre ad una certa logica. Come si crea il libro e il delitto “perfetto”?
Scrivere è magia, io sento le prime frasi del romanzo ancor prima di iniziarne la stesura. E parto da lì, mentre riga dopo riga i personaggi escono da soli, mi prendono per mano conducendomi nel loro mondo. Ma poi sono io a decidere gli intrecci, i colpi di scena, sono io a entrare nella mente di chi uccide e, chi mi ha letto, sa che lo faccio senza filtri. Ci sono alcuni punti fissi ai quali non si può derogare, come la documentazione, la logica, la coerenza. Se il lettore non lo coinvolgi dalle prime pagine, puoi perderlo; ma se un romanzo, per quanto avvincente, non fornisce notizie esatte, diviene illogico e non rispetta il carattere dei personaggi che devono essere coerenti dalla prima all’ultima pagina, il lettore non ti seguirà mai più. Per questo riservo all’esatta documentazione un ruolo fondamentale, rivolgendomi se necessario anche a esperti del settore, che non dimentico mai nei ringraziamenti finali. La stessa cura la dedico alle descrizioni che rendono palpabili le ambientazioni che scelgo.
Si dice che Il delitto “perfetto” non esista, può restare tale per molto tempo, ma poi un indizio può farlo riemergere. Ed è lì che a volte nasce il libro “perfetto”.
Parliamo del processo creativo. Da dove arrivano le tue idee?
Da quella che io chiamo “la carezza nell’anima”. Quell’attimo che provo anche in situazioni normali, nel quale tutto si ferma, tranne il contatto sublime con l’ispirazione. Un profumo, un sorriso, la morte, il tramonto, tutto può far scattare quel formidabile intreccio di ricordi, emozioni, sogni e disperazioni che dà origine alla creatività.
Qual è il tuo rapporto con la scrittura e come è cambiato, se è cambiato, nel tempo?
Iniziai a scrivere dopo un infortunio. Ferma a letto con la sola mano sinistra, riuscii a liberare le mie ispirazioni, troppo spesso attanagliate dai ritmi concitati di una donna in carriera, sposata e con due figli. Nacque il primo romanzo “Nessun segno sulla neve”, il primo a vincere un premio letterario nazionale, ad essere tradotto nell’edizione inglese e ad aver acceso l’attenzione di numerosi blog letterari americani con la sua trama di potente thriller psicologico. La mia vita cambiò drasticamente e mi dedicai solo alla scrittura. Da allora non mi sono più fermata con
racconti, romanzi. Ovviamente nel tempo ho migliorato lo stile, che già dal primo mio lavoro era stato definito multidimensionale da critici e recensori italiani e statunitensi.Un percorso di impegno notevole, di grandi emozioni e soddisfazioni. In seguito questa multidimensionalità letteraria ha suscitato sempre più attenzione, fino ad essere ufficializzata e depositata come MultiDimensionCrime (Acronimo MDC o MDCrime) genere del quale sono pioniera. Soprattutto nei cinque romanzi dove si muove il commissario Rosco, due dei quali sono presenti in edizione italiana nella biblioteca di Harvard e nella Public Library di New York, si trovano fuse in
modo armonioso le caratteristiche dei tre filoni portanti del genere Giallo/Noir/Thriller. Nel giallo c’è un crimine e un’investigazione fino alla risoluzione del caso, il noir porta il lettore nella mente dell’assassino e nella disperazione delle vittime, il thriller offre suspense e colpi di scena. Una lettura che forgia l’immaginazione, appunto, in modo multidimensionale.Le trame, che sono state anche oggetto di trasmissioni televisive della RAI, non sono collegate tra loro. I romanzi hanno in comune solo la squadra e l’ambientazione negli anni Ottanta, quando l’indagine era affidata principalmente all’intuito degli investigatori, senza il supporto dei mezzi informatici di adesso. In una lettura coinvolgente ci si ritrova in una Roma fumosa e inusuale, nel suo mondo sconosciuto e sotterraneo, oppure come ne “I delitti del Mugnone” nell’apparente quiete del Mugello in contrasto con la vivacità di Firenze.
Sei una scrittrice molto stimata dai colleghi e amata dal pubblico. Come interagisci con i tuoi lettori?
In modo diretto, senza filtri. Il legame che si instaura tra l’autore e il lettore è indistruttibile, ed è il dono più grande per chi scrive. Ho vinto molti premi letterari, l’ultimo il Women Art Week 2022 alla carriera, ma quello più significativo lo può dare solo un lettore, che ti raggiunge anche da lontano, per conoscerti, abbracciarti e dirti “Il tuo libro mi ha emozionato, grazie per averlo scritto!”
È per questo che rispondo direttamente alle mail che mi arrivano, così come ai commenti e ai messaggi, un’attività a cui riservo spesso le ore notturne, nel silenzio e nell’intimità dei miei pensieri. E per chi ha il piacere di seguirmi ho un sito italiano e uno inglese, una pagina autore Facebook e sono presente nei più importanti social network.
Scrivi da molto tempo e i tuoi lavori sono tutti interessanti. A quale titolo sei più
affezionata e perché?
Ho pubblicato sedici romanzi e una gran quantità di racconti e tutti, indistintamente, hanno un significato particolare per me. Naturalmente nel cuore il primo romanzo “Nessun segno sulla neve” (Edizioni Universo) occupa un posto unico, come un primo figlio. Ma anche “Una morte sola non basta” (Del Vecchio Editore), in catalogo nelle biblioteche di Harvard e Yale e presentato alla biblioteca della Camera dei Deputati, con il tema scabroso che tratta mi ha sempre tanto emozionato.
E adesso “I delitti del Mugnone”, il romanzo della mia rinascita dopo essere rimasta sola, il primo che porta all’interno la definizione del mio genere letterario, è sicuramente il più significativo.
Cosa caratterizza secondo te un buon giallo, e cosa consiglieresti ai giovani scrittori
che vogliono dedicarsi a questo genere?
La prima cosa che consiglierei per scrivere un buon giallo è di non aver paura di osare. Quando si scrive un libro del genere si entra in un mondo di sentimenti malati, situazioni scabrose, a volte violente. Bisogna spogliarsi di quello che siamo per vestire dei panni difficili ed è necessario saper osare, raggiungere il limite.
Curare molto l’attacco iniziale, non illudere per non deludere il lettore, curare meticolosamente i dettagli, le descrizioni, le ambientazioni. Testare la coerenza dei personaggi, che devono restare “loro stessi” durante l’intero dipanarsi della trama. E dopo aver terminato la scrittura, lascar riposare il manoscritto per poi rileggerlo attentamente in un secondo momento.
Quale messaggio vorresti dare ai lettori di WordNews come saluto finale di questa
intervista?
Innanzitutto ringrazio WordNews per avermi concesso questo spazio e ringrazio di cuore i lettori che troveranno interessante il nostro dialogo. E il messaggio che mi sento di dare è quello di apprezzare la lettura per quello che è, la forma più alta di libertà.
Grazie Daniela per la tua disponibilità. Un grande in bocca al lupo per tutto!
L’ultima pubblicazione di Daniela Alibrandi, I delitti del Mugnone, è disponibile in
libreria o sul sito della casa editrice: https://www.morellinieditore.it/books/i-delitti-
del-mugnone/
Sito italiano: https://danielaalibrandi.com/
Sito inglese: https://danielaenglishwebsite.wordpress.com/
Pagina Autore Facebook: https://www.facebook.com/p/Daniela-Alibrandi-Autore-
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2024-07-30 14:13:57
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