La riforma sull’autonomia differenziata è stata approvata pure alla Camera nella notte del 19 giugno, dopo un lungo iter fatto pure di scontri pressoché politici. È favorevole o contrario? Perchè?
Sono fortemente contrario perché questa riforma amplia ancora di più le differenze tra le regioni del Nord e le regioni del Sud, rischiando di distruggere il Paese e il futuro di milioni di cittadini. È inaccettabile che un governo miri a regionalizzare servizi e materie di importanza vitale per la popolazione: rischiamo di ritrovarci con 20 sistemi sanitari diversi, 20 sistemi scolastici diversi, 20 sistemi economici diversi.
La riforma del Titolo V della Costituzione non ci ha insegnato niente. Dovremmo lavorare per garantire a tutti gli italiani gli stessi diritti, e invece con l’autonomia differenziata andiamo esattamente nella direzione opposta.
Che valutazione generale dà al Ddl Calderoli?
È il sogno della lega padana che si realizza e che il governo Meloni sta usando come merce di scambio per tenere in piedi questa maggioranza di centrodestra che fa acqua da tutte le parti.
C’è chi dice che per primi, questa legge, l’ha voluta il centro sinistra con il Titolo V della Costituzione nel 2001. È giusta questa analisi?
Certo, quella riforma è stata pensata e voluta dal centrosinistra con l’intento di dare maggiore autonomia alle regioni e a distanza di oltre 20 anni possiamo dirci serenamente che è stato un errore.
Il Titolo V riformato nel 2001 afferma il principio di sussidiarietà verticale, non solo tra Stato e Regioni, ma tra Regioni, Città Metropolitane, Province e Comuni. Tale sussidiarietà, in linea di principio, oltre a venire incontro alle specificità dei territori, dovrebbe avvicinare i servizi ai cittadini, dando loro un maggior controllo su come vengono spesi i soldi delle tasse da essi pagate. Ritiene che tale principio sia valido, ben espresso dall’attuale Titolo V e, infine, ben rispettato dal ddl di attuazione? Se no, perché?
In questi anni abbiamo avuto la dimostrazione di quanto una legge possa essere applicata in maniera poco efficace per la vita dei cittadini.
I principi possono essere più o meno validi, possono essere espressione di una certa visione politica, ma quando questi vengono trasformati in legge, la loro bontà viene determinata dall’effetto che questa ha sulla vita delle persone. In questo caso, ci troviamo a vivere in un paese frammentato, con disuguaglianze in termini di servizi e diritti, che non può certamente farci apprezzare gli effetti della legge in questione.
Titolo V nel 2001 voluto dal centro sinistra e criticato dal centro destra e Ddl Calderoli oggi voluto dal centrodestra e criticato dal centro sinistra. Non si corre il rischio che il tutto si concluda solo come una mera opposizione politica mettendo da parte i veri bisogni dei cittadini?
La dialettica politica è parte integrante dei sistemi democratici, ma è chiaro che è necessario mettere al centro le esigenze della cittadinanza e i diritti della comunità che compone il nostro Paese.
Il punto è proprio questo: considerare chi vive in Italia una comunità, con gli stessi diritti e le stesse opportunità. Che sia lo Stato a rendere legge una diseguaglianza storica tra Nord e Sud è gravissimo.
Diversi sindaci hanno fatto appelli o pressioni alle Regioni (vedi caso Calabria) per impugnare la legge sull’autonomia differenziata dinanzi alla Corte Costituzionale. Che cosa ne pensa?
Credo che così come formulata l’autonomia differenziata violi i dettami costituzionali che garantiscono i diritti inviolabili delle persone, l’indivisibilità della Repubblica e il buon andamento della pubblica amministrazione.
Andiamo ai Lep perché è qui che la maggior parte del panorama politico si spacca: c’è chi afferma che sarà più dannoso per le regioni del sud e c’è chi dice che sarà un aiuto concreto e che finalmente farà mettere tutte le Regioni d’Italia sullo stesso livello. Quale dei due casi è giusto secondo lei e perchè?
Sarà dannoso innanzitutto perché la definizione dei Lep viene affidata a decreti governativi senza un vero coinvolgimento del Parlamento e in secondo luogo perché non esistono indicazioni relative alle risorse economiche necessarie per garantire che i diritti civili e sociali siano uguali per tutti sull’intero territorio nazionale.
C’è chi afferma, però, che con l’autonomia differenziata di risorse ce ne saranno sempre di meno…
Sicuramente il progetto autonomista contrasta con gli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
I 209 miliardi portati in dote all’Italia da Giuseppe Conte nel 2020 servono a colmare le distanze tra Nord e Sud.
Ma secondo lei bastano questi Lep a garantire diritti di cittadinanza uguali per tutti?
Io credo che garantire a tutti gli stessi diritti dovrebbe essere lo scopo principe del lavoro di ogni amministratore pubblico e il motore della politica di ogni partito o movimento.
È chiaro che non è semplice e non bastano i Lep: esistono condizioni storiche, strutturali, territoriali, economiche e sociali che creano disuguaglianze tra le persone minando l’idea della parità dei diritti. Ma proprio per questo qualunque governo dovrebbe lavorare per superare queste condizioni, come ha fatto appunto il governo Conte ottenendo 209 miliardi di fondi europei.
Andando al tema sanità, tema così tanto delicato nel nostro paese, che impatto avrà questa legge proprio sulla sanità?
Porterà al collasso del sistema sanitario nazionale, indebolendo definitivamente la sanità pubblica già in crisi di sostenibilità, creando non solo un ulteriore indebolimento dei servizi sanitari al Sud ma problemi anche alle regioni del Nord che non riusciranno a rispondere in maniera adeguata alle esigenze dei propri residenti e di tutti i cittadini che si sposteranno dal Mezzogiorno.
Trova aspetti critici in questo Ddl? Se è si, quali e perché?
Non prevede le risorse necessarie a finanziare servizi omogenei su tutto il territorio nazionale, mette fuori gioco il Parlamento, contrasta con gli obiettivi del Pnrr e rischia di dare di più a chi ha di più e di meno a chi ha già di meno.
A conti fatti qual è il vero scopo di questa manovra?
Come detto, si tratta di uno scambio tra partiti di maggioranza per tenere in piedi il governo
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