La riforma sull’autonomia differenziata è stata approvata pure alla Camera nella notte del 19 giugno, dopo un lungo iter fatto pure di scontri pressoché politici. È favorevole o contrario? Perchè?
Sono contrario perché si tratta di una norma ingiusta, perché crea discriminazioni ad esempio tra chi potrà curarsi e accedere ad una scuola di qualità e chi no, e antistorica, perché non abbiamo bisogno di dividere, ma, al contrario, di unire l’Italia con gli altri paesi europei. Inoltre ci rende meno competitivi: si pensi al tema dell’energia; non possiamo pensare a venti sistemi differenti.
Siamo di fronte ad una riforma frutto di uno scambio politico tra FDI e Lega: il premierato in cambio dell’autonomia differenziata. Un patto scellerato sulla pelle dei cittadini italiani.
Che valutazione generale dà al Ddl Calderoli?
Basta guardare le immagini del momento del voto alla Camera. Non è un caso che i partiti che hanno applaudito all’autonomia differenziata, sventolando alla Camera le bandiere dell’indipendentismo padano, alla faccia di tutti gli elettori che li hanno votati nel meridione del Paese, fossero gli stessi che spingono verso un sistema sanitario sempre più privatizzato in cui accede alle cure solo chi se lo può permettere.
Inoltre non si può immaginare una riforma di questo tipo senza le risorse necessarie: è una presa in giro nei confronti degli italiani.
C’è chi dice che per primi, questa legge, l’ha voluta il centro sinistra con il Titolo V della Costituzione nel 2001. È giusta questa analisi?
La riforma del titolo V rispondeva a una logica di maggiore decentramento e autonomia che potevano avere senso nel 2001. In questi anni il mondo è cambiato e dobbiamo unirci, ragionare su aree più ampie se vogliamo restare competitivi come Europa. Fatta questa premessa è corretto però ricordare che la Costituzione, così come riformata dal titolo V, prevede la definizione e il finanziamento dei LEP da parte dello Stato. Ma siamo ancora molto lontani da tutto questo. Senza garanzie di uguaglianza e solidarietà siamo lontani dallo spirito della costituzione.
Titolo V nel 2001 voluto dal centro sinistra e criticato dal centro destra e Ddl Calderoli oggi voluto dal centrodestra e criticato dal centro sinistra. Non si corre il rischio che il tutto si concluda solo come una mera opposizione politica mettendo da parte i veri bisogni dei cittadini?
Vorrei ricordare che nel 2014 l’allora deputata Giorgia Meloni proponeva un progetto di legge per abrogare l’articolo 116 della costituzione, ovvero quello che stabilisce il principio dell’autonomia differenziata. Le ragioni andavano dalla sovrapposizione di competenze alla moltiplicazione di funzioni fino al complesso controllo della spesa pubblica. Insomma, una sonora bocciatura al “regionalismo”. Oggi la Premier parla di un provvedimento “che rende la nazione più forte e più giusta su tutto il territorio nazionale”… i conti non tornano.
Nel centrosinistra non c’è mai stata una opposizione aprioristica, lo testimonia proprio la riforma del titolo V. Noi siamo contro questa proposta perché spacca l’Italia e la rende più ingiusta.
Diversi sindaci hanno fatto appelli o pressioni alle Regioni (vedi caso Calabria) per impugnare la legge sull’autonomia differenziata dinanzi alla Corte Costituzionale. Che cosa ne pensa?
I sindaci sono preoccupati dalle ricadute sull’erogazione dei servizi ai cittadini, ma condividono questo malessere con diversi presidenti di Regione e un’ampia fetta delle società civile. L’abbiamo visto nelle piazze in queste settimane, che chiedono, attraverso un referendum abrogativo, di fermare un provvedimento che rischia di cronicizzare il divario tra territori e mina alle fondamenta un modello solidaristico e cooperativo tra le Regioni sancito dalla Costituzione.
Andiamo ai Lep perché è qui che la maggior parte del panorama politico si spacca: c’è chi afferma che sarà più dannoso per le regioni del sud e c’è chi dice che sarà un aiuto concreto e che finalmente farà mettere tutte le Regioni d’Italia sullo stesso livello. Quale dei due casi è giusto secondo lei e perchè?
Che i Livelli essenziali delle prestazioni siano un nervo scoperto appare evidente anche dalle diverse sensibilità espresse all’interno della maggioranza di centrodestra. Non è nemmeno un caso che il Governo si sia dato 24 mesi per emanare i decreti attuativi che li definiranno perché la legge intende i LEP a meri indici tecnico-amministrativi mentre, invece, dovrebbero essere definiti per tutelare diritti civili e sociali. Questa struttura non può generare che sperequazione.
C’è chi afferma, però, che con l’autonomia differenziata di risorse ce ne saranno sempre di meno…
Per i più ricchi di più, per i più poveri di meno. E’ questa una delle questioni che rendono ingiusta e contraria ai principi di solidarietà presenti nella Costituzione. Il Governo avrà meno risorse per riequilibrare le distanze tra territori ma anche per intervenire stabilizzando crisi di carattere nazionale.
Ma secondo lei bastano questi Lep a garantire diritti di cittadinanza uguali per tutti?
I Lep ci metterebbero nella condizione di fare una discussione al riparo dal rischio di generare forti ingiustizie. Ma serve definirli e stanziare le risorse necessarie. Affrontare la discussione prima di tutto questo è da irresponsabili.
Andando al tema sanità, tema così tanto delicato nel nostro paese, che impatto avrà questa legge proprio sulla sanità?
Nonostante la definizione dei LEA, i monitoraggi e gli interventi dello Stato la Sanità resta l’emblema del divario tra nord e sud ma in generale tra i 21 sistemi sanitari, in termini di servizi, accesso, prestazioni. Una richiesta di maggiore autonomia da parte di quelle regioni che già presentano le migliori performance non farà altro che aumentare il divario strutturale in essere, le disuguaglianze e la capacità di attrazione di alcune aree rispetto ad altre.
La sanità, insieme alla scuola, rappresenta la maggiore criticità dell’autonomia differenziata. Pensiamo alla maggiore libertà di contrattazione delle Regioni che provocherà un afflusso di professionisti verso i territori che offriranno condizioni economiche più vantaggiose, o alla possibilità di definire autonomamente le tariffe che con il rischio di aumentare le disuguaglianze e l’avanzata del privato, o ancora l’autonomia nel definire il numero di borse di studio di specializzazione e i medici di medicina generale porterà a squilibri tra territori di specialisti e medici di famiglia.
Trova aspetti critici in questo Ddl? Se è si, quali e perché?
Ho provato a spiegarlo rispondendo alle domande precedenti. Il DDL non sta in piedi e per questo di abrogarlo.
A conti fatti qual è il vero scopo di questa manovra?
Torno a dire che siamo di fronte ad un provvedimento di bandiera, uno scambio premierato-autonomia tra Fdi e Lega, che porterà in entrambi i casi a conseguenze gravi per il Paese.
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