«Ma io non mi sento così vecchio. Forse perché ho avuto la
fortuna di lavorare, senza sosta. Credo di aver superato i
centosettanta film: un bel record. Quindi l'ho ben riempita,
la mia vita. Mi posso contentare. Insisto: sono fortunato.»
Quella di Marcello Mastroianni è una carriera ben nota a tutti quanti abbiano una solida conoscenza cinematografica. Ma anche a chi non segue la cinematografia il nome richiama sicuramente al mito dell'italiano simpatico e affascinante che Mastroianni ha incarnato per anni, all'estero soprattutto, raffigurazione che gli ha portato la fama di latin lover. fama che ha sempre disprezzato e rigettato. E a giusta ragione. Senza, tuttavia, fare torto, a distanza di quasi trent'anni dalla morte (avvenuta nel 1996) e a cent'anni dalla nascita (nasce a Fontana Liri il 26 settembre 1924), si può affermare che Marcello Mastroianni è stato un uomo che ha vissuto con delicatezza il lavoro e la vita, con uno sguardo dolce e un sorriso sornione, anzi a tratti malinconico come in "Una giornata particolare" di Ettore Scola o addirittura piangente di verità come in Oci Ciornie, lo sguardo di un uomo buono e genuino.
Ma è stato anche , senza ombra di dubbio, uno dei più grandi attori del cinema italiano del Dopoguerra. Con le sue interpretazioni magistrali, sotto la guida dei più grandi registi, ha dipinto vari squarci della vita e della storia d’Italia, mantenendosi sempre fedele a sé stesso, al Marcello che recitando giocava, con quello sguardo che abbiamo descritto; dopotutto, recitare in inglese e in francese non è lo stesso verbo di "giocare"? E lui tenendo fede alla radice verbale ha recitato e giocato allo stesso tempo:
«Il mestiere dell'attore io lo vivo come un gioco meraviglioso. Recitare è quasi meglio che fare l'amore perché è inebriante assumere sembianze, atteggiamenti e psicologie di qualche altro. È quello che fanno i bambini. È il gioco più antico»
E chi meglio poteva iniziarlo al grande cinema, dopo una lunga esperienza teatrale nella compagnia di Luchino Visconti, se non Federico Fellini, il regista che amava giocare con i sogni, i vizi e i desideri umani nei suoi film che si divertiva a fare una sceneggiatura di soli disegni? Ecco, nessun incontro artistico poteva essere più proficuo di questo, in questo senso. Fellini adorava dare poche indicazioni a Mastroianni, perché ne amava la spontaneità e soprattutto, come ogni vero sodalizio, c'era una forte complicità di base. Da questo mix di talenti naturalmente espressi, come in un gioco d'inventiva, nascono capolavori come La dolce vita e Otto e mezzo, che renderanno entrambi famosi all'estero (Fellini vinse l'Oscar nel1964 per Otto e mezzo). D'altronde è sotto gli occhi di tutti che la scena di Anita Ekberg nella fontana di Trevi con il suo «Marcello come here!» sia diventato veicolo di italianità qui e in tutto il mondo.
Ma ridurre il talento di Marcello Mastroianni solamente ai film di Fellini è ingiusto, oltre che riduttivo. Sarebbe un elenco lungo, ma le altre migliori interpretazioni possono essere ricondotte alla grazia e humor di De Sica che scopre la favolosa coppia Loren-Mastroianni, l'ironia tagliente del maestro della commedia all'italiana Monicelli e Germi (I soliti ignoti e Divorzio all'italiana) sapiente regia e magistrale scrittura di Ettore Scola per Una giornata particolare (1977), il quale ribalta provocatoriamente il cliché di latin lover, nato tramite i film in cui Mastroianni appariva seduttore e dato il bell'aspetto, dandogli il ruolo di un omosessuale durante il Fascismo.
Ecco, forse la grandezza naturale di Mastroianni ha avuto epifania grazie agli incontri: Visconti, De Sica, Scola, Monicelli, De Filippo, ma anche Sophia Loren e Vittorio Gassman per citarne alcuni.
Quel che però preme far notare in occasione dei cento anni è il Marcello anziano, ossia quelle interpretazioni negli ultimi film che magari non sono diventate iconiche come Domenico Soriano in "Matrimonio all'italiana" . Un esempio, anche come consiglio cinematografico, può essere "Che ora è?" di Ettore Scola dove la semplicità genuina e dolcezza di Mastroianni si uniscono a quelle di Massimo Troisi in una coppia nuova e efficace, oppure "Sostiene Pereira" di Roberto Faenza, film a cui lo stesso attore ha tenuto molto avendo letto il libro ed essendosi riconosciuto nell'indolente Pereira.
Ecco, l'indolenza che alcuni hanno interpretato come pigrizia o come reticenza era in realtà una difesa dal mondo, da quello che non era la recitazione: un rifugio da tutto il contorno, dalla fama alla coscienza politica, non che non le avesse ma non era militante, né impegnato come Volonté, più remissivo e non collerico per natura. Scrive Vittorio Gassman in suo ricordo:
«M' affascinava il suo carattere socievole, tanto che non l' ho mai sentito parlare male di nessuno. Tranne una volta, e lì condivisi. Avevamo, e forse è facile intuirlo, due temperamenti assai diversi. Ma complementari. Lui era molto incline ad agire di rimessa, di contropiede, con quell'abbandono interpretato più volte come apparente pigrizia, ma in realtà era un lavoratore che non si risparmiava, un attore senza frenesie e avidità. Dotato d' eleganza, e anche di irriducibile senso dell'umorismo. Per me è sempre stato un uomo di prosa nel senso più alto della parola, e un eccellente animale cinematografico.» (La Repubblica 20 dicembre 1996)
Forse Gassman ha reso tutto ciò che resta del nostro, proseguendo:
«In certa sua recente malinconia d' attore affiorava un grande senso del dramma. Non posso dimenticare la scena finale di "Oci Ciornie" con quel suo pianto, lo stesso pianto che senza ritegno lui m' aveva mostrato in privato quella sera di tanto tempo fa. Ecco. Dietro la sua maschera amata da tutti c' era proprio questo mistero della commozione, un mistero che scompare con lui.»
Il pianto, a cui allude, è dal film di Nikita Michalkov del 1987, basato su racconti di Cechov, in cui Marcello interpreta un uomo di mezz'età che rievoca la sua vita. In questo film c'è tutto il senso del tragico Mastroianni, che eravamo abituati a vedere sempre scherzoso e sorridente nonché comico nella maggior parte dei film. La grandezza di quest'artista sta proprio nell'essere riuscito a restituire con disarmante naturalezza e semplicità l'umanità in tutte le sue sfumature, farla diventare quotidiana, personale, in cui avere la possibilità di rivedersi e, forse, di essere compresi. In ultimo, è da citare "Verso sera" di Francesca Archibugi, poco noto ma meritevole dove c'è un'altra prova d'attore: interpretare un nonno, professore di letteratura russa e deputato PCI in pieno scontro generazionale anni '70.
Insomma, per questi cento anni, oltre a ricordare la sua incredibile carriera, non ci resta che dire che la vita di Marcello è stata una vita irrequieta e dolce; una vita fatta di sensibilità e di genuinità messe al servizio del mestiere d’attore, che a lui sembrava tanto diverso dal mestiere di vivere…L’irrequietezza e la ricerca di una tranquillità dalla vita troppo chiassosa e mondana hanno dominato la sua vita, una vita di successi, che per lui forse era solo un sogno…Per tutto questo, anche per averci fatto semplicemente sentire meno soli nella ricerca di una nostra dimensione personale, grazie Marcello Mastroianni.
Giulia Zinedine Fuschino
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2024-10-03 16:15:23
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