Si racconta che un pesce rosso ha memoria da un lato all’altro della boccia in cui nuota, nel momento in cui tocca una delle sponde la sua memoria è così labile che dimentica tutto e ricomincia la traversata. L’Italia è perennemente ingabbiata e appare drammaticamente e vergognosamente simile a quella bocca. In cui i pesci rossi abbondano. Pesci rossi che portano avanti le colonne che permettono alla boccia del Paese orrendamente sporco di prosperare. L’Italia è il Paese in cui tutto e il contrario di tutto si sostiene avvenga per fato, destino, per colpe di entità lontane e sideralmente altre.
Alimentando un fatalismo, un’arrendevolezza, una normalizzazione che – parafrasando Pavese – è complicità e rende già colpevoli. La sanità pubblica è stata distrutta e devastata, causando sofferenze ed ingiustizie immani a milioni di persone e di fatto portando alla morte di migliaia (se non milioni), lo si fa passare come un destino ineluttabile.
Le mafie prosperano, corrompono, divorano il Paese? È sempre stato così e nulla può mai cambiare. L’ambiente viene avvelenato, la corruzione dilaga trasformando la res punblica in una res privata di un’èlite di colletti bianchi, affaristi e squallide consorterie? È il destino, son cose che succedono, nulla potrà mai cambiare. L’elenco di queste complicità è sterminato, forse infinito.
Questo è il Paese che colpevolizza le vittime, che le perseguita, che cerca sempre di sgravare i colpevoli, di cancellare ogni responsabilità. Una donna viene violentata, picchiata, uccisa? Qualcosa avrà fatto, avrà mandato segnali, avrà fatto qualcosa che non doveva fare. Si viene uccisi dalle mafie? Ma poteva evitare, ma se l’hanno gonfiato di botte o ucciso qualcosa avrà fatto. Vieni ucciso o sei gravemente colpito da una malattia? Ma era debole, era vecchio, chissà se si curava, chissà se si è rivolto in tempo ai medici, le assoluzioni possono essere infinite. Poi fiorisce la retorica, l’eroizzazione, le parate e le parole commosse e commoventi.
La pandemia (ma chi la ricorda più? Nella narrazione sociale qualcuno la ricorda più?) non sfugge a questi meccanismi anzi ne è la perfetta, plastica rappresentazione. Quante lacrime, quanta retorica, quanti discorsi, quanto hanno sparso in lungo e in largo. Il pesce rosso non lo ricorda ma due anni e mezzo fa trionfavano bandiere sui balconi, canti, stringiamoci a coorte, slogan come non ci fosse un domani. E tutti siamo stati intruppati in una guerra, con tanto di generali di corpo d’armata e istruzioni militari belliche. E guai a chi disertava, guai a chi non si sentiva colpevole se non eri fedele in tutto e per tutto, se ti ponevi qualche dubbio o ti lasciavi sopraffare anche da esigenze primarie umane e vitali come gli affetti. I nipoti considerati potenziali killer delle nonne, il cane che ti trascinava col guinzaglio un metro oltre uno stragista peggio delle Br o di Al Qaeda.
Chiariamo subito una possibile obiezione: nessuno sta negando nulla, nessuno si vuol ergere ad esperto sanitario e negare cautela, regole e buon senso. Però c’è una verità incontrovertibile che emerge sempre più: chi colpevolizza gli altri aveva responsabilità ben precise e molto ma molto più grandi. Ma nel Paese della boccia del pesce rosso questo non si può dire, è stato cancellato prima ancora che il gessetto finisse di scrivere sulla lavagna.
Il Paese senza memoria, in cui abbondano padrini, zone grigie e zone sporche, in cui tutto sparisce in un attimo. L’emozione del momento, le grancasse mediatiche a libri paga di qualcuno, l’arroganza di coloro che più son colpevoli e più gridano istericamente contro le vittime. Non sono ectoplasmi o fati ad aver determinato tutto quel che è accaduto, e tanti guidati dalle chiacchiere della propaganda fanno finta di “dimenticare”, ma gli stessi che ci inondarono di finto patriottismo due anni e mezzo fa, da chi scaricò sui cittadini colpe non proprie, da chi imponeva di cantare e rimanere in silenzio mentre si tutelavano le interessi delle lobby e dei grandi padrini.
Tanto bravi a ordinare, fare paternali, scaricare ogni responsabilità sui cittadini e iniziarono ad abbandonare anziani, malati, fragili negli ospedali e nelle RSA, a tacere e seminare omertà su quanto accaduto (o meglio non accaduto) a Nembro, Alzano e in tutta la bergamasca. In quelle settimane di fine febbraio-inizio marzo 2020, quelle della mancata zona rossa e poi dell’Italia in lockdown, quelle della tragedia e dell’angoscia, della Milano/Roma/altre città non si ferma e abbottatevi di aperitivi (per poi guai a voi se portavate il cane a pisciare a 500 metri e un millimetro) si scoprì che l’Italia aveva un piano pandemico non aggiornato.
Albert Einstein disse che una cosa appare impossibile finché non arriva qualcuno che non lo sa e lo realizza. La favola ci racconta che non era la cecità a dominare, che non era impossibile vedere che il Re era nudo. Ma vigeva la regola dell’omertà ed era considerato pericoloso e sconveniente dirlo. Il bambino non lo sapeva e squarciò il velo che copriva le complicità col sovrano. Ma c’è chi continua a prendere il gessetto e a trasformarlo in una penna indelebile, chi il coraggio sottolineato da Einstein e nella favola lo conosce e lo vive, chi non si arrende a finte lacrime complici ma si com-muove veramente, ha un cuore, una schiena dritta. E non si arrende. Sull’emergenza sanitaria, su quanto accaduto negli ultimi due anni e mezzo, sulla sofferenza, il dolore e la morte seminati dalla pandemia (tra cui affetti e persone care) l’animo e il cuore, una memoria vera, una commozione autentica la possiede e la condivide. È la storia, l’anima, l’intelligenza, il cuore, la generosa passione del comitato dei familiari delle vittime del Covid19 di Bergamo, l’Associazione #Sereniesempreuniti. Che continua con coraggio e perseveranza a chiedere giustizia e verità per quei mesi, a non arrendersi di fronte intimidazioni e veline, tentativi di delegittimazione e attacchi. Come accaduto in questi mesi con insinuazioni e allusioni sconcertanti e vergognose, cercando di piegare i fatti a narrazioni interessate.
O ad attacchi come quelli subiti da Conte, Presidente del Consiglio dei Ministri in quei mesi drammatici e che quindi dovrebbe essere tra coloro che la commissione dovrebbe ascoltare, interrogare, a cui dovrebbe chiedere spiegazioni. Ed invece siede tra i suoi banchi, ne è componente e dall’alto dello scranno attacca e punta il dito sui familiari delle vittime, sull’associazione che più di tutte ha studiato e raccontato, documentato e denunciato. Cosa sarebbe accaduto in un altro Paese di fronte tutto ciò, come non sarebbe stato possibile fuori d’Italia, come in altri Stati sono state create commissioni d’inchiesta e quali lavori hanno prodotto è fin troppo chiaro, in maniera lapalissiana e sconcertante.
L’ultimo risultato dell’impegno e della tenacia dell’avvocato Consuelo Locati, del team legale e di tutta l’associazione, è giunto in questi giorni.
«Grande risultato per i familiari di circa 50 famiglie che hanno perso i loro familiari nel corso delle prime ondate della pandemia da Covid-19 e per i loro legali, dopo che venerdì la Corte europea dei diritti dell’uomo ha deciso di comunicare al governo italiano il ricorso da loro presentato nell’ottobre del 2023 – riporta il comunicato dell’associazione Sereniesempreuniti – solo il 10% dei procedimenti infatti giunge a questo storico traguardo».
«Ora il Governo italiano, dovrà rispondere ai quesiti della Corte, riguardanti sia le carenze sostanziali nell’affrontare la pandemia, senza uno piano pandemico aggiornato come prescritto dall’OMS, sia per il fatto di non aver permesso ai familiari delle vittime di partecipare in qualità di parti civili ai processi dinanzi al Tribunale dei ministri per le presunte responsabilità dei componenti del governo di allora, ma anche della Regione Lombardia e del Comitato tecnico scientifico appositamente costituito, tutti conclusisi con archiviazioni – sottolinea l’associazione dei familiari delle vittime del covid19 – Al centro del ricorso la violazione di alcune norme della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (articoli 2 e 13 CEDU), in relazione in particolare ai procedimenti dei tribunali dei ministri di Brescia e Roma che avevano avuto ad oggetto la gestione della pandemia nei primi mesi 2020».
«Questa comunicazione che ci è pervenuta è importantissima – ha evidenziato l’avv. Consuelo Locati – Il tribunale ha ritenuto che l’oggetto del giudizio sia tale da meritare un’analisi approfondita da parte della Corte di Strasburgo, che ha comunicato il nostro ricorso al Governo italiano e che ha dato termine alle parti per rispondere ai quesiti posti dalla stessa Corte. Questo provvedimento e la serietà con la quale i giudici europei hanno analizzato la vicenda dovrebbero essere presi ad esempio da quella parte dell’autorità giudiziaria che in Italia fa fatica a riconoscere il meritato approfondimento giuridico alla questione sottoposta al suo esame, sia in ambito penale che civile e che ha avuto ad oggetto la morte delle persone per violazione degli obblighi imposti dalla nostra Costituzione, ma anche dalla normativa europea e internazionale».
«Abbiamo la prova che le nostre richieste erano fondate ma soprattutto questa decisione ci conferma come siano stati ritenuti sussistenti i presupposti giuridici dell’indagine della Procura di Bergamo che aveva individuato 21 indagati» la conclusione della legale.
«Questo provvedimento ridà dignità alle nostre vittime – ha sottolineato Cassandra Locati, presidente di #Sereniesempreuniti – e riporta l’attenzione sul rispetto per noi familiari, quel rispetto che da oltre 4 anni le istituzioni italiane non ci hanno dimostrato».
Nel video la nostra intervista all’avv. Consuelo Locati del settembre dell’anno scorso.