Non so se il suo killer ora che ha smesso di usare le armi sta provando ribrezzo, dolore, rancore, so solo che i genitori di entrambi sono distrutti. Ha ucciso Santo Romano, diciannovenne, per una banalità, per una scarpa sporcata, qualcosa che in una società normale si risolverebbe con un sorriso o una scusa. Invece, nella mentalità malata di chi pensa di ottenere “rispetto” con la violenza, quella scarpa è diventata un pretesto per togliere la vita a un ragazzo che di vita felice aveva tanto, data la sua giovane età.
C’è chi cerca di imitare la camorra, chi si atteggia da criminale per apparire forte, senza capire che la mafia è solo una montagna di merda, come diceva Peppino Impastato: un insieme di ignoranza, vigliaccheria e distruzione.
«Non c’è niente di nobile né di potente in questi atti e la rabbia cresce sapendo che certi giovani vedono nella criminalità un modello, che trovano ispirazione in figure finte e malate di “boss”.»
Continua: «Anche serie come Gomorra di Roberto Saviano, nate per denunciare, hanno purtroppo creato dei mostri. Non è colpa di Saviano, forse, ma dell’interpretazione sbagliata di chi guarda senza capire, trasformando questi criminali in idoli da imitare. Questa è gente più pericolosa dell’intelligenza artificiale che tanto preoccupa oggi: sono creature vuote, capaci di distruggere vite per una scarpa sporcata, una banalità che se vista in un contesto di malvagità diventa banalità del male, fatta di individui banalmente comuni a poter compiere crimini.»
OGNI VITA SPEZZATA È UN COLPO A CHI CREDE IN UN FUTURO DIVERSO.
Santo era un ragazzo come me, un giovane che aveva davanti un futuro e dei sogni. Invece la sua vita è stata spezzata da chi non sa nemmeno cosa significa vivere, da chi pensa che spargere sangue sia sinonimo di “rispetto.”
Ma non c’è niente di rispettabile in questa follia, solo un abisso di ignoranza che rende la nostra società più vuota e più triste, fatta di gente con presunta esperienza che, ad ogni passo falso di un giovane, incolperà l’intera generazione di fallimento, compreso chi, di quella generazione, vuole creare fiori e non spine. Siamo continuamente giudicati come “senza valori,” come “una generazione allo sbando,” quando invece, accanto a questi atti orribili, ci sono giovani che cercano di costruire, di fare del bene, di dare un senso nuovo alla propria vita e alla società.
Ogni tragedia come quella di Santo diventa un’occasione per generalizzare, per puntare il dito contro tutti noi, per dire che “questa gioventù non ha speranza.” È più facile dare la colpa a un’intera generazione piuttosto che guardare in faccia i problemi veri, quelli che si annidano nelle famiglie, nella mancanza di educazione, nella mancanza di lavoro e di prospettive. È più semplice ignorare le radici del male, la disperazione di alcuni quartieri, e colpevolizzare tutti, anche chi lotta ogni giorno per fare la differenza.
I GIOVANI DI OGGI TANTO CRITICATI
No, non siamo tutti così. Tra i “giovani di oggi” tanto criticati dalle televisioni e media c’è chi lotta per migliorarsi, per essere diverso da questi ragazzi che scelgono la violenza. Ci sono giovani che, come fiori che spuntano tra il cemento, cercano di costruire un futuro diverso, più giusto, di dare un significato alla propria esistenza. Siamo stanchi di vedere il nostro nome infangato da chi invece, per un vuoto di valori e di consapevolezza, sceglie la strada della prepotenza e della distruzione.
Santo Romano avrebbe potuto essere uno di questi fiori. Avrebbe potuto avere una vita piena di possibilità, avrebbe potuto scegliere di crescere, di amare, di costruire qualcosa di bello, come stava già facendo con la sua famiglia, la sua fidanzata e i suoi amici. Ma la sua vita è stata stroncata da chi non sa nemmeno cosa significhi costruire.
Salvo Di Noto, 21 anni, studente, alla ricerca del bene e della verità.