La cronaca ci racconta di come a Napoli si muore colpiti da proiettili esplosi da armi clandestine. A sparare sono giovanissimi minorenni, in possesso di pistole che provengono dai tanti arsenali della camorra. In Campania le armi della camorra sono ovunque, nascoste in vani delle ascensori della case popolari, a volte, murate o sotterrare in terreni. Ma anche custodite in cimiteri o in garage che appartengono a degli insospettabili.
Per decenni le istituzioni non hanno minimamente contrasto il fenomeno delle armi clandestine. E nel frattempo la camorra si è armata.
Adesso a sparare sono i minorenni, ma è sensore stato così. I camorristi diventano boss a 15 anni con l’omicidio di un rivale del clan avversario o di un innocente. I baby boss uccidono.
La cultura della legalità è scomparsa e anche chi contrasta la malavita è costretto a scappare da Napoli. Sono spietati criminali, cresciuti con le armi a tavola e con l’emulazione del boss in galera che comanda e muove soldi, nonostante sia in detenzione. Abiti firmati, rolex, auto di lusso e cantanti neomelodici sono i riferimenti di chi fa parte della camorra e di quel mondo sporco dove, da decenni, i clan si dividono i territori distruggendo il futuro di intere generazioni.
Le armi servono per vincere le faide e per intimidire chi non paga il pizzo. Più spari e più i cittadini hanno paura. E’ la logica del terrore che la camorra diffonde.
La camorra, quella SPA, ha la sua articolazione militare in quella fascia di età che va dai 15 ai 18 anni. Giovani che sono consapevoli che la legge mai li punirà con condanne certe e severe, perché c’è un vuoto legislativo che se non viene colmato aiuterà i tanti aspiranti boss a commettere omicidi. Per il solo obbiettivo di diventare i nuovi capozona.