Gennaro Ciliberto, Testimone di giustizia e Presidente onorario dell’associazione Dioghenes APS. C’è ancora molta confusione nel distinguere la figura del Testimone di Giustizia e del Collaboratore di Giustizia. Che differenze sostanziali ci sono?
Una figura così importante, come quella del testimone di giustizia, come la spiegheresti nelle scuole?
Da anni cerco di porre l’attenzione sull’importanza della denuncia di come ogni singolo cittadino debba fare la propria parte senza mai voltarsi dall’altra parte. I giovani oggi sono le basi per poter cambiare rotta su una mentalità che spesso privilegia l’essere omertosi e il testimone di giustizia è una figura che in uno Stato civile non deve esistere poiché la denuncia non deve essere un atto raro ma la normalità. L’essere cittadini attivi, difendere il bene comune è un dovere di ogni singolo cittadino perché solo in questo modo le mafie saranno indebolite e come pure i corrotti non avranno certamente vita facile.
Pure nella vita di Lea Garofalo ci sono ancora molte inesattezze. Sarebbe una Testimone di Giustizia ma ancora figura come Collaboratrice. Secondo te perché?
Lea ha avuto non solo il coraggio di denunciare ma si è ribellata ad un sistema mafioso ed è per questo che ha pagato il prezzo più alto, la sua vita. Il sistema protezione certamente non ha protetto Lea e pure la parte politica e la parte della magistratura che compongono la commissione centrale, ex art. 10, non hanno dato il giusto status a Lea Garofalo ma gli interessi in ballo sono alti e troppo spesso ogni denunciate viene usato per poi essere abbandonato al proprio destino di bersaglio delle mafie e dei poteri forti. La domanda è una sola: senza le denunce di Lea la magistratura e gli organi inquirenti sarebbero riusciti a scoprire gli affari sporchi della ndrangheta? Sarebbe riusciti a condannare appartenenti al famiglia ‘ndranghetista dei Cosco?
E quindi se Lea non ha fatto parte del clan e non ha mai commesso reati di mafia perché oggi Lea non è riconosciuta quale testimone di giustizia?
Da Presidente Onorario dell’Associazione e all’arrivo della terza edizione del Premio, come valuta l’operato dell’Associazione stessa e l’impegno profuso dagli alunni?
Il Premio Nazionale Lea Garofalo non solo è il giusto riconoscimento alla memoria di una donna che ha dato un grande supporto alla giustizia ma è un esempio e un monito per tutti coloro che restano ostaggio delle mafie. Essere tra i fondatori dell’Associazione Dioghenes è per me fonte di lustro ed orgoglio e porterò sempre in me quei valori e principi che hanno dato il via a questa nostra associazione. Sul territorio nazionale siamo attenti sentinelle del bene e divulghiamo non solo l’informazione ma anche monitoriamo i territori ponendo attenzione su ogni dinamica che possa essere campanello di allarme di infiltrazioni da parte della criminalità ma anche la denuncia è parte del nostro operato.
Voglio inoltre ringraziare ogni componente del direttivo e i soci dell’associazione Dioghenes per il fattivo impegno profuso affinché ogni edizione abbia la giusta organizzazione e anche quest’anno sarà un appuntamento importante pieno di emozioni.
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