Sembra di rivivere un’antica stagione di 15 anni fa, ma oggi è perfino peggio. Mi sembra di rivivere un’antica stagione che credevo sepolta per sempre.
La ricordo con questa foto: era il 2010, il Governo Berlusconi attaccava frontalmente la magistratura, la sua autonomia e indipendenza sol perché “osava” mettere sotto inchiesta lui e i suoi uomini, ed io ero procuratore aggiunto a Palermo a coordinare l’indagine sulla trattativa Stato-mafia, già ben avviata a quel tempo. La magistratura, unita e compatta, e sostenuta dalla cittadinanza più attiva e più attenta, si oppose all’ennesima controriforma della Giustizia pensata dal Governo Berlusconi, Angelino Alfano era il Ministro dell'(in)Giustizia, la riforma del c.d. “processo breve” era la loro arma per accorciare ancora la prescrizione ed assicurare l’impunità a colletti bianchi e politici corrotti e collusi con la mafia.
Noi il giorno dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, il 30 gennaio 2010, imbracciammo solo e nient’altro che la Costituzione, ancora una volta vilipesa, per protestare contro il Governo, ed abbandonammo l’aula nel momento in cui il rappresentante del governo prese la parola. Esattamente come – giustamente – hanno fatto in massa sabato scorso, 15 anni dopo, i magistrati in tutte le aule giudiziarie d’Italia. La magistratura ingaggiò l’ennesimo braccio di ferro con la maggioranza politica del momento, ancora una volta di destra. All’inaugurazione dell’anno giudiziario in Cassazione Berlusconi mi attaccò frontalmente mentre si dichiarò addirittura “entusiasta” per le parole del Presidente e del Procuratore generale della Cassazione del tempo che avevano criticato “i processi in tv e il protagonismo di certi magistrati e la loro partecipazione ai talk show” evidentemente riferendosi a me (e del resto il Procuratore Generale del tempo ostacolò in più modi la nostra indagine sulla Trattativa stato-mafia). I quotidiani scrivevano:
“Indice puntato contro quei pm come Antonio Ingroia il quale ieri ha sostenuto che «l’Italia si trova in una vera e propria emergenza democratica. Con il passare del tempo, anziché attenuarsi continua ad aggravarsi»”.
In effetti, avevo reso una dichiarazione allora che ancora oggi ritengo appropriata:
“C’è un’emergenza democratica in Italia perché sono sotto attacco e sotto assedio alcuni punti cardine della nostra Carta Costituzionale: il principio dell’autonomia della magistratura, che una parte della classe dirigente vorrebbe sottoporre al controllo del potere politico; il diritto di cronaca, con continue minacce di sanzioni ai giornalisti e alle testate, soprattutto a quelle ritenute non amiche; il principio dell’uguaglianza tra i cittadini, come sta avvenendo con l’introduzione del processo breve, che sottrae all’autorità giudiziaria chi può permettersi di trascinare per anni i processi fino alla loro estinzione.
Quello che s’intende introdurre, perché serve a qualcuno e non alla società, non è il processo breve ma la morte veloce del processo. Anzi è l’eutanasia del processo. Siamo davanti a una vera e propria truffa delle etichette che con un nome tranquillizzante qual è la brevità del processo, finirà per negare ai cittadini il diritto di vedere concludere i procedimenti con una sentenza di merito, che sarà sostituita da una dichiarazione di morte del processo”.
Poi, a seguito della mobilitazione dei magistrati, vi fu una vera e propria sollevazione popolare che ebbe seguito dentro il Parlamento e portò al vero e proprio impantanarsi della riforma fra Camera e Senato, senza essere mai approvata fino alla caduta del Governo Berlusconi nel 2011.
Oggi è molto peggio. Siamo già dentro una deriva autoritaria che mi fa dire che siamo ben al di là dell’emergenza democratica e costituzionale di quindici anni fa, tanto che la maggioranza sta cercando di attuare quella controriforma della magistratura (non della giustizia) che nessuna aveva mai osato, neppure Berlusconi, cercando di introdurre la separazione delle carriere fra PM e giudici.
Anche qui e ora una truffa delle etichette che certamente non porrà rimedio alle disfunzioni della giustizia che pure ci sono ma che si vogliono far incancrenire, ma che invece porterà inevitabilmente, passo dopo passo, a trasformare il PM in un superpoliziotto, l’avvocato della polizia giudiziaria, e perciò inevitabilmente poi sottoposto al controllo del potere esecutivo. Il che significa, in barba ad ogni elementare principio della separazione dei poteri, mettere nelle mani del Governo l’iniziativa giudiziaria, e perciò equivale, in un Paese come il nostro, a garantire l’impunità a quel pezzo di classe dirigente criminale che in passato ha governato e così continuerà a governare impunemente il nostro Paese.
Il tema è: alla mobilitazione dei magistrati, seguirà la mobilitazione dei cittadini come ci fu nel 2010/2011? Io ritengo ci debba essere, e perciò lancio un appello alla parte migliore del Paese. E’ il momento di ribellarsi e di reagire contro questo disegno che tende a sovvertire l’equilibrio fra i poteri. Torniamo alla Costituzione e difendiamola dall’ennesimo attacco mortale, mortale per la democrazia!
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