È stato un lungo iter quello che ha percorso la riforma costituzionale: dalla presentazione della “Proposta di legge costituzionale” all’approvazione in Consiglio dei Ministri; il passaggio nelle commissioni, sia Affari Costituzionali che Giustizia. Successivamente il testo è passato alla Camera per la discussione e la votazione: dal 9 dicembre 2024 al 16 gennaio 2025 dove è stato votato con 174 voti favorevoli, 92 contrari e 5 astenuti.
È stato subito trasmesso alla Presidenza del Senato dove è iniziata la discussione in Aula.
Il procedimento di revisione della Costituzione è disciplinato dall’art. 138 della Costituzione e prevede due deliberazioni da parte di ciascuna Camera, ad intervallo non minore di tre mesi. Quello di adesso, quindi, è l’inizio di un percorso articolato e complesso. Se la legge è approvata con la maggioranza di due terzi da ciascuna Camera nella seconda votazione non si procederà con il referendum confermativo; al contrario, se la legge è approvata solo con la maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, sempre nella seconda votazione, è soggetta a referendum ed è promulgata in presenza della maggioranza dei voti validi degli elettori, e dunque non è necessario un quorum per la validità del referendum, come avviene per i referendum abrogativi. Si andrà a referendum solo se ne fanno richiesta un quinto dei membri di una Camera, o cinquecentomila elettori, o cinque consigli regionali.
Ma cosa prevede questa riforma così dibattuta e che ha creato molti attacchi tra politica e magistratura, per ultimo la vicenda Almasri e la protesta dell’inaugurazione dell’anno giudiziario?
Per capirla, visti i molti tecnicismi, bisogna partire da un presupposto; la magistratura, per costituzione, un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere e quindi “è composta dai magistrati della carriera giudicante e della carriera requirente” e che “i magistrati si distinguono tra loro soltanto per la diversità delle funzioni”. Su questo la riforma interviene introducendo il principio delle “distinte carriere dei magistrati giudicanti e requirenti”, quindi la famosa separazione delle carriere che adesso, secondo le statistiche, avviene per lo 0,52% da pm a giudice e lo 0,21% per il contrario e, inoltre, per cambiare carriera si deve cambiare regione.
Esiste, poi, un organo di autogoverno della magistratura: il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM). Con la riforma si vuole intervenire creando un secondo CSM e un’Alta Corte disciplinare, quindi tre organi al posto di uno. I due CSM saranno presieduti entrambi dal Presidente della Repubblica e servirà uno per i magistrati giudicanti (giudici) e uno per i magistrati requirenti (pm).
Sempre per il CSM, i componenti verranno scelti con un sorteggio: di un elenco per i laici e secco per i togati.
La nuova Alta Corte disciplinare assorbirà le funzioni svolte oggi dal CSM e Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili. Infatti:
“la giurisdizione disciplinare nei riguardi dei magistrati ordinari, giudicanti e requirenti, è attribuita all’Alta Corte disciplinare”.
Giustizia
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