Sconvolge la mentalità bellicista che stanno cercando di inculcare nella popolazione. Sconvolge un Galimberti che parla della necessità della guerra per superare la mollezza delle attuali generazioni che non ne hanno vista una. La guerra viene intesa come una necessità antropologica nella formazione dei caratteri degli uomini.
Molti sono d’accordo su questo punto e filosofi o pensatori ne hanno evidenziato nei secoli la necessità. Quindi l’uomo è una bestia che deve formarsi nell’affrontare il sangue, i corpi straziati, la fame, la sete, la violenza di tutti i tipi. Ci si deve abituare a padri che devono seppellire i propri figli perché questo dovrebbe forgiare il carattere di una generazione.
In pratica ci dicono che troppo a lungo siamo stati senza una guerra e che è ora di rompere questo tabù.
Personalmente non sono d’accordo con questa visione che non riesce a concepire una possibile evoluzione della mente umana. Ci dicono che, nell’essenza del nostro essere, l’uomo del 2000 non è molto diverso dall’uomo delle caverne e millenni di storia e della cosiddetta civiltà non hanno portato ad alcuna evoluzione della capacità di comprendere la vita e dei rapporti tra gli uomini.
Ammettiamo pure che questa fissità antropologica non sia modificabile e dobbiamo accettare la guerra come qualcosa di naturale perché così è stato nei secoli.
Tuttavia, nessuno tiene conto di un dato del tutto nuovo rispetto al passato, l’arma atomica. Prima una guerra poteva fare centinaia di migliaia o milioni di morti, come è successo nelle due guerre mondiali, ma non si metteva a rischio di estinzione tutta l’umanità. Ora bastano 50 bombe atomiche di ultima generazione per farci scomparire tutti. Ce ne sono nel mondo 15.000.
É questo un dato che dovrebbe spingerci a modificare i paradigmi di pensiero rispetto al passato e trovare modi e luoghi di decantazione delle tensioni per evitare di arrivare all’inevitabile che una visione bellicista può determinare.
Andrebbe, probabilmente, modificata tutta una visione socioeconomica, superando il concetto di darwinismo sociale, per mettere al centro non una crescita aspecifica della ricchezza ma il mantenimento dell’equilibrio ecologico del sistema Terra con una diversa gamma valoriale di riferimento e non semplicemente l’accumulo di ricchezza e potere.
Questo mi aspetterei dagli intellettuali e non un’antica visione della guerra come pulizia dell’umanità o come momento per forgiare i caratteri.
Correlati