Le reazioni – come sempre intellettualmente disoneste e fondate solo su ragioni di pura propaganda – alla condanna di Marine Le Pen rendono evidenti due cose.
La prima, che nessuno (o quasi) discute della fondatezza o no della condanna, nel merito.
L’amministrazione della giustizia è la più trasparente delle amministrazioni, perché i processi sono pubblici e i relativi atti sono condivisi da tutte le parti del processo medesimo.
Sicché non è difficile farsi un’idea della fondatezza o meno della condanna.
Marine Le Pen è stata condannata (in primo grado) per avere frodato 2,9 milioni di euri all’Unione Europea, pagando dipendenti del suo partito con quei soldi.
A me pare che il primo problema da porsi dovrebbe essere se l’accusa appare o no fondata.
Perché, francamente, sostenere – come fanno i politicanti italiani e i loro sguatteri dei giornali – che una che ruba 2,9 milioni non debba essere punita e non le debba essere impedito di diventare Presidente di una Repubblica solo perché prende un sacco di voti mi sembra un vero abominio incivile.
E’ questa idea tutta italiana che i padroni debbano godere di una impunità perché hanno il consenso popolare.
Questa idea che un popolo di deliquenti possa pretendere che al potere ci stia un delinquente.
Il secondo tema, è che il pubblico ministero in Francia è separato dai giudici ed è organizzato in maniera gerarchica e posto sotto il controllo (seppure non spudoratissimo) del Governo.
Il sogno di tutti i potenti italiani da sempre.
Sicché, se la condanna della Le Pen fosse frutto più di una scelta politica che di una valutazione giuridica, bisognerebbe finalmente provare a capire perché nella Costituzione italiana la magistratura e il pubblico ministero sono voluti indipendenti.
Perché se saranno controllati, saranno controllati da chi è al potere.
E il potere sarà – ancor più di quanto attualmente già è – un potere dispotico e non democratico.
In questo momento è al Governo in Italia un gruppo di potere (formato da più partiti) che fonda da sempre le sue pretese di impunità per i delinquenti che ne fanno parte (e, si badi, in Italia e altrove tutte le parti politiche di tutti i colori sono piene di delinquenti) sull’assunto che i magistrati sarebbero “comunisti“.
Ma la verità è che fra i più di 8.000 magistrati italiani i “comunisti” sono una sparuta minoranza, essendoci dentro di tutto: dai fascisti ai comunisti, dai delinquenti comuni ai corrotti, dagli eroi ai miserabili, dai galantuomini ai farabutti, dai lavoratori indefessi ai lavativi, eccetera.
E questo perché è assolutamente inevitabile che sia così in un corpo di più di 8.000 persone.
Il gruppo di potere oggi al Governo ha sempre cercato di ottenere il controllo politico dei magistrati, presumendo di ottenerlo stando al potere.
Anche il gruppo di potere oggi alla c.d. “opposizione” (perché in realtà si tratta di una opposizione per lo più finta) ha sempre cercato di ottenere il controllo politico della magistratura, ma, per esigenze di propaganda elettorale, lo ha fatto in modo meno rozzo e brutale di quelli oggi al Governo.
Ma quello che è evidente è che, in un Paese civile, converrebbe a tutti fare in modo che chi ha il potere politico non possa controllare l’amministrazione della giustizia.
E tornando al tema di un post che ho scritto qualche mese fa (
https://tinyurl.com/5yjcykf3), gli attuali governanti italiani dovrebbero riflettere sul fatto che le loro riforme sono pessime e non produrranno niente di buono.
E, per di più, saranno utili per i loro delinquenti finché loro resteranno al potere, ma, quando loro se ne andranno, quelle stesse riforme gli si ritorceranno contro.
Magari potrebbero ripensarci non per nobili ragioni etiche, ma per tornaconto.
Se non fosse che i politici di questa generazione, i politici di tutti i colori, pensano solo al loro miserabile oggi, senza nessuna “visione” del domani e senza nessun amore per l’assetto costituzionale della democrazia.