La vicenda della 26enne che non è riuscita ad accedere all’interruzione volontaria di gravidanza, la dichiarazione della Asl e del primario di ginecologia dell’Ospedale “San Pio” di Vasto che l’interruzione volontaria di gravidanza è «temporaneamente sospesa per mancanza di medici non obiettori» (citazione testuale del comunicato da noi ricevuto il 15 marzo alle ore 18.30), dopo che la responsabile dell’ufficio stampa della Asl è stata contattata dal vicedirettore di questo giornale e da un collaboratore de Il Messaggero Abruzzo (casualità vuole che sono la stessa persona) ha suscitato un ampio dibattito e una ancor più ampia mobilitazione diventando notizia di rilievo nazionale. Tra poche ore ci sarà anche un sit in a Piazza Barbacani a Vasto.
Questa vicenda fa riflettere, impone (o almeno imporrebbe) di riflettere e mobilitarsi, di smuovere le coscienze ed impegnarsi sulla frontiera dei diritti garantiti sulla carta ma negati nella realtà reale. Spesso per lentezza, mancanze, carenze nella sanità (fu) pubblica.
In questo Paese ci sono diritti negati, calpestati, non garantiti, colpendo sempre i più fragili della società, quelli che non hanno grandi risorse e protezioni particolari. Sono tanti, tantissimi, gridano cercando coscienze e mobilitazioni che spesso non trovano. La risonanza di questa vicenda ha mobilitato, a Vasto e non solo, troppo spesso invece c’è solo silenzio ed indifferenza. Il giornalismo «pretende il funzionamento dei servizi sociali» e si porta il carico, quando non svolge il suo dovere, «ammalati che non sarebbero periti se la pubblica verità avesse reso più tempestivo il loro ricovero» scrisse Pippo Fava nell’editoriale «Lo spirito di un giornale» pubblicato da «Il Giornale del Sud» l’11 ottobre 1981. Il giorno dopo Pippo Fava fu estromesso dalla direzione del giornale.
Quarantaquattro anni dopo, noi che non abbiamo editori potenti (anzi non ne abbiamo), che non abbiamo consorterie da difendere e a cui rispondere, spesso boicottati e allontanati, “filtrati” da chi dice di essere progressista e democratico in nome della “Festa della Liberazione” (ogni riferimento NON è puramente casuale), ignorati da tanti soloni (ogni riferimento NON è puramente casuale), senza mezzi e senza cordate, politici, potenti e prepotenti a cui essere incatenati e a cui baciare pantofole, con la schiena dritta non certo nelle chiacchiere di una spiaggia (ogni riferimento NON è puramente casuale), in questi cinque anni di queste storie tante le abbiamo raccontate.
Oggi ci permettiamo di ricordarne alcune. A partire dall’odissea dei malati e delle loro famiglie con le liste d’attesa, con esami e referti rimandati di mesi e mesi, di farmaci non disponibili (nel nostro archivio ampio è il numero di articoli in cui denunciamo, dal Creon per i malati pancreatici ad un farmaco indispensabile per malati di sclerosi), vicende gravi che hanno portato una cittadina – Marie Helene Benedetti – a dover manifestare sotto la sede della Regione Abruzzo (e di folle mobilitate al suo fianco, di riflettori e riflettori pubblici non ne abbiamo visti, siamo stati anzi solo noi all’inizio a raccogliere il suo grido e a contattare la Asl e pubblicare quanto stava accadendo).
Rimanendo soltanto a Vasto ci permettiamo di ricordare una vicenda di ormai tre anni fa. Ne scrisse Francesco Lo Piccolo, direttore di Voci di Dentro, e all’epoca raccogliemmo la sua denuncia. Mi permisi di rilanciare anche su altre testate, l’abbiamo ricordata altre volte dopo altre terribili tragedie. Ma in 35 mesi abbiamo trovato solo silenzio, totale silenzio, indifferenza, menefreghismo (nossignori oggi il «me ne frego» non è fascista, non è degli altri, è di coloro che si ergono – leggasi il “Guastafeste” di ieri e gli articoli sui “democratici carbonari” della settimana scorsa – a paladini del 25 aprile). Eros Priore fu rimandato a casa, fatto uscire dalla Casa Lavoro di Vasto, nonostante anche la direttrice aveva dichiarato che le sue condizioni non era compatibili con la carcerazione, solo pochi giorni prima della sua morte.
«Ischemia intestinale e tumore ai polmoni in fase terminale con metastasi diffuse in tutto il corpo. Per l’ischemia intestinale gli avevano asportato metà dell’intestino e praticato una deviazione con un sacchetto esterno. Che doveva tenere solo due mesi ma Lo Piccolo ha raccontato che gli è stato riferito che non è mai stato tolto per mancanza di anestesisti. Eros Priore è morto in carcere a Vasto ci racconta Lo Piccolo. Finisce in carcere anni fa dopo un trattamento sanitario obbligatorio. Nessun grosso reato commesso ma solo piccole liti. Dopo aver peregrinato tra varie comunità e diversi carceri viene spedito a Vasto, internato in una casa lavoro in cui il lavoro in realtà non c’era. Eros Priore è disabile ed invalido, in questo istituto si ammala e ci resta all’incirca un anno e mezzo. In questo periodo gli viene tolto mezzo intestino e gli impiantano addirittura un sacchetto per le feci». Queste le sue condizioni così come le riportammo in un nostro articolo del 27 maggio 2022.
Sono anni che, anche in Abruzzo con una mobilitazione che toccò anche Vasto, si parla di eutanasia, “suicidio medicalmente assistito” e simili. Dibattiti su dibattiti coinvolgono, soprattutto nell’epoca dei social, anche “militanti” ed “attivisti” vastesi. Assistiamo a diluvi di commenti su quel che accade nel mondo, in occasioni di fatti e vicende che fanno indinnare gli indinnati in servizio permanente, o quando ci sono mobilitazioni nazionali prêt-à-porter. In Abruzzo sulla carta sarebbe possibile accedere al “suicidio medicalmente assistito”, dal 2020 una sola persona ha chiesto di accedervi. Ma è morto in attesa dei tempi della commissione regionale. Ancora una volta lentezza, ancora una volta è accaduto a Vasto. Ma dopo che la vicenda è stata resa nota da Riccardo Varveri (coordinatore regionale della campagna “Liberi Subito” dell’associazione Luca Coscioni e segretario regionale di Radicali Abruzzo) in un’audizione regionale, resa nota l’8 marzo da Il Messaggero Abruzzo in un articolo di Alessia Centi Pizzutilli e ripresa dal sottoscritto il 9 marzo e tre giorni fa il silenzio è stato totale, indifferenza assoluta.
AGGIORNAMENTO
Nel pomeriggio di ieri, dopo che quest’articolo era già stato chiuso, è arrivata la notizia che dal mese prossimo sarà nuovamente possibile effettuare l’interruzione volontaria di gravidanza presso l’Ospedale “San Pio” di Vasto. Pubblichiamo il comunicato stampa della Asl e il commento alla notizia di Benedetta La Penna, Collettivo Zona Fucsia.
Impegno mantenuto all’Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale di Vasto.
Il direttore Gabriele D’Egidio aveva chiesto tempo per poter riprendere il servizio di interruzione di gravidanza, visto che l’Unità operativa non disponeva di ginecologhe da poter impiegare, sia per l’obiezione di coscienza legittimamente esercitata da alcuni che per mancanza di formazione specifica da parte di altre specialiste. Nell’ambito della dotazione organica, dunque, si sono rese disponibili ad acquisire la necessaria competenza due ginecologhe, che non hanno posto veti e sono state adeguatamente formate per le IVG. Il Servizio, pertanto, sarà ripristinato a partire dal 2 maggio.
Le pazienti dovranno prenotare la prima visita ambulatoriale chiamando, tutti i giorni, dal lunedì al venerdì’ il numero 0873-308265 dalle ore 9 alle ore 12. Il colloquio telefonico sarà effettuato dalla coordinatrice Filomena Carlucci che si occuperà di annotare nome -cognome, data di nascita, telefono, data dell’ultima mestruazione su un’agenda predisposta. Inoltre verrà sottolineata la necessità di essere in possesso del certificato di richiesta IVG per accedere al servizio.
Al momento della prenotazione la paziente riceverà appuntamento per il primo accesso ambulatoriale (ogni lunedì mattina) dove dovrà presentarsi munita di certificato di richiesta IVG.
E’ stato predisposto un protocollo di cui la donna verrà messa a conoscenza dal primo contatto, finalizzato a una esecuzione della procedura corretta e in sicurezza
Le prenotazioni effettuabili saranno massimo 3 per ogni lunedì mattina.
“Al fine di garantire alle donne la giusta riservatezza e un comfort adeguato – sottolinea il direttore dell’Ostetricia e Ginecologia D’Egidio – abbiamo creato uno spazio dedicato, nella piastra ambulatoriale, dotato di accesso secondario lontano dall’ingresso del reparto. E’ una forma di riguardo e protezione verso le utenti, finalizzata ad aggiungere qualcosa in più alla tutela della privacy esercitata di prassi. Riprendiamo il servizio, com’era stato anticipato nelle scorse settimane, dopo che la nostra Unità Operativa era stata costretta a sospenderlo per mancanza di medici. In ambito aziendale, però, le interruzioni sono state sempre garantite a Lanciano, a dimostrazione del fatto che non c’è mai stata alcuna volontà, di questo ospedale come della Asl, di ostacolare l’esercizio di un diritto o interferire con la libertà di scelta delle donne”.
La responsabilità del servizio è affidata alle dottoresse Roberta Morelli e Martina Mercaldi.
(Ufficio Stampa Asl Lanciano Vasto Chieti)