Somma Vesuviana, il bene confiscato alla camorra è ancora chiuso.
L’indifferenza istituzionale che offende la legalità
Il tempo passa, ma il silenzio resta. E pesa. A Somma Vesuviana, nel cuore della provincia napoletana, un bene confiscato alla camorra, un immobile appartenuto all’ex boss Fiore D’Avino, resta inutilizzato da anni. Chiuso. Degradato. Costoso per le casse comunali. E completamente dimenticato dalle istituzioni.
Un alloggio che avrebbe dovuto diventare simbolo di riscatto, luogo di rinascita civile, presidio di legalità. E invece è diventato l’ennesimo monumento all’ipocrisia: ristrutturato con fondi pubblici, pagato in condominio dai cittadini, ma mai restituito realmente alla collettività.
Un vero e proprio schiaffo agli onesti.
Il Sindaco Salvatore Di Sarno, al secondo mandato, non ha mai fornito risposte. Nessun confronto, nessuna presa di posizione. Come se il problema non esistesse. L’Assessore alla Legalità, De Falco Crescenzo, insediato da poco, non ha ancora rotto il silenzio su una vicenda che grida vendetta. Eppure, avere la delega alla legalità significa agire, non restare a guardare.
Come si può continuare a parlare di “cultura della legalità”, di “educazione antimafia”, se poi un bene strappato alla camorra resta chiuso, devastato, ignorato?
Il rischio è concreto: la camorra vince non con le pistole, ma con l’indifferenza. Quando lo Stato arretra, quando i simboli di legalità vengono abbandonati, allora si fa spazio la rassegnazione. E chi ha combattuto per quei beni, chi ha testimoniato, chi ha resistito, viene tradito.
A rendere la vicenda ancora più inquietante è il fatto che nessuno nel consiglio comunale sembri voler affrontare apertamente il problema. Nessuna interrogazione pubblica. Nessuna mozione. Nessuna volontà politica. Possibile che un immobile confiscato a un clan mafioso non venga destinato a fini sociali, educativi o civili dopo anni e anni di promesse?
Le ultime relazioni della DIA non lasciano dubbi: il clan D’Avino è ancora radicato sul territorio, con una presenza “invisibile” ma capillare. Eppure, nessuno si fa carico di dare un segnale concreto.
Come mai?
Forse, per capire davvero cosa si nasconde dietro quel silenzio, bisogna rileggere le dichiarazioni dell’ex boss D’Avino, riportate anche in questo articolo:
https://www.laprovinciaonline.info/lex-boss-fiore-davino-oggi-si-parla-di-lotta-alla-camorra-ma-a-somma-esisteva-un-comitato-daffari/
Diversi articoli giornalistici hanno già denunciato questa situazione, ma nulla è cambiato:
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Somma Vesuviana, a che punto siamo con il bene confiscato a D’Avino? (WordNews, 2020)
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Il bene confiscato ai giovani, dopo 2 anni ancora chiuso (La Provincia Online)
In queste inchieste emerge con chiarezza la grave disattenzione istituzionale, l’incapacità amministrativa e il disinteresse politico. E la domanda torna insistente: che cosa si nasconde dietro quell’alloggio? Perché tanta ostinata immobilità?
Non si può più tacere. Questo articolo è una denuncia pubblica, un appello affinché il Comune rompa il silenzio. Il Sindaco, l’Assessore alla Legalità, il Consiglio Comunale: ora tocca a voi. Dimostrate che la camorra non detta più legge a Somma Vesuviana. Che i beni confiscati non sono fantasmi immobiliari, ma strumenti di libertà.
Restituire quel bene alla comunità non è solo un atto amministrativo. È una scelta di campo.
È tempo di scegliere.
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