Augusto Di Meo non ha voltato la testa. Era lì, nella sacrestia della chiesa di San Nicola a Casal di Principe, il 19 marzo 1994. Ha visto tutto. Ha riconosciuto il killer. E ha parlato. Il suo gesto, semplice quanto rivoluzionario in un contesto dominato dall’omertà, ha fatto la differenza in un’indagine che si sarebbe tentato di sporcare e deviare.
Ospite della 9^ puntata del format “30 minuti con…”, Di Meo ripercorrerà quegli attimi drammatici e la storia di don Peppe Diana, il prete che la camorra ha deciso di uccidere perché la sua voce era troppo forte, troppo limpida, troppo scomoda.
Sacerdote, educatore, scout e parroco di frontiera, don Giuseppe Diana si era schierato con il suo popolo. Con la sua comunità. Con la verità. In un contesto soffocato dalla presenza pervasiva del clan dei Casalesi, il suo impegno per la legalità e la giustizia lo rese un bersaglio.
Il suo appello “Per amore del mio popolo”, letto nelle chiese campane nel 1991, resta uno dei più alti manifesti civili e spirituali contro la mafia mai scritti da un uomo di Chiesa. Un grido profetico che lo ha condotto al martirio.
L’omicidio e i processi
Alle 7:20 del mattino, mentre stava per celebrare la Messa, cinque colpi di pistola gli tolsero la vita. A premere il grilletto fu Giuseppe Quadrano, che successivamente collaborò con la giustizia. Il mandante, Nunzio De Falco, fu condannato all’ergastolo. Ma prima di arrivare a questo punto, si tentò di infangare la memoria del sacerdote con accuse infamanti, tentativi di depistaggio e fango mediatico.
Una puntata per ricordare, per denunciare, per resistere
Quella in programma il 26 maggio 2025 non è solo una puntata: è un atto di memoria civile. È la voce di chi ha scelto di non fuggire, di guardare in faccia la verità e di testimoniarla.
In studio, come sempre, il giornalista Paolo De Chiara, con l’intervento di Antonino Schilirò, collaboratore di WordNews, per un dialogo serrato, onesto, che affonda nelle pieghe più scomode della storia italiana.
Segui la diretta su TikTok
Rivedi tutte le puntate su www.wordnews.it
Perché ricordare don Peppe Diana non è un atto nostalgico: è resistenza quotidiana.